Nella sua campagna elettorale Donald Trump aveva promesso che avrebbe posto fine alle due guerre in corso. Ma mentre nella prima indossa le vesti dell’immobiliarista, pensa di affrontare la seconda in quelle di commerciante: si predispone all’accordo con la Russia trattando sullo sfruttamento delle terre ucraine. Già all’inizio della guerra, inascoltati, segnalammo [1] che tra le cause del conflitto occorreva iscrivere il contenzioso tra gli oligarchi ucraini e quelli russi per la commercializzazione delle proprietà terriere e minerarie appartenenti allo Stato e dismesse, in esecuzione dei suggerimenti ricevuti dai consiglieri strategici britannici sulle riforme dello Stato necessarie ad avvicinare l’Ucraina all’occidente. I consiglieri britannici, probabilmente emissione del gruppo bancario Rothschild che ha fatto da mallevadore e garante delle operazioni finanziarie dell’Ucraina nella fase immediatamente prebellica, avevano preteso dal governo ucraino l’adozione di provvedimenti di smobilizzo delle proprietà terriere, agricole e minerarie, appartenenti allo Stato a seguito della collettivizzazione sovietica ed in larga parte non ancora dismesse.
Attraverso questa strada si dava una robusta spinta al mercato immobiliare interno, si apriva il settore degli investimenti in terreni agricoli ai grandi capitali, soprattutto occidentali, si mettevano a disposizione le risorse minerarie per canalizzare investimenti necessari all’ammodernamento degli impianti e all’introduzione di nuove tecnologie di estrazione, promuovendo al tempo stesso una campagna di monitoraggio e censimento di nuovi giacimenti e permettendo la concessione di licenze di ricerca e prospezione di nuove risorse minerarie, si creavano le condizioni per la finanziarizzazione dell’economia del paese. Segnalavamo all’epoca che anche l’Italia, attraverso l’Ambasciata e iniziative della Camera di Commercio Italo Ucraina a l’uopo costituita, si era proposta e aveva operato per il monitoraggio dei territori, sia agricoli che minerari.
Accogliendo queste sollecitazioni il Governo aveva adottato la legge “Sugli emendamenti ad alcuni atti legislativi dell’Ucraina concernenti le condizioni di circolazione dei terreni agricoli” del 31 marzo 2020 numero 552 – IX che modifica il codice fondiario dell’Ucraina (Vidomosti Verkhovnoi Rady Ukrainy, 2002, N 3 – 4, Art. 27) la quale aveva sollevato molte proteste da più parti.
Medi e grandi investitori ucraini, anche utilizzando come massa di manovra i piccoli contadini, avevano dato luogo a proteste con manifestazioni, denunciando che tale provvedimento metteva le proprietà ucraine in mano agli investitori stranieri, soprattutto agro-alimentari. Le proteste erano state così vaste ed efficaci da costringere la Rada
ucraina ad adottare una legge che limitava la possibilità di acquisto a proprietari di nazionalità ucraina per un periodo transitorio, trascorso il quale le possibilità di acquisto si sarebbero generalizzate, ma avendo cura di escludere dalla possibilità di investimento, con diversi espedienti, gli oligarchi di nazionalità russa. Come è evidente ed ovvio questa misura, voluta dai partiti nazionalisti presenti nella Rada ucraina, ha indotto non pochi sodali di Putin a chiedergli di volgere particolare attenzione all’evolversi della situazione ucraina e a sostenere poi la necessità dell’”operazione
speciale”, accentuando la base di consenso in Russia alle scelte securitarie del Cremlino. È noto che gli oligarchi russi prima della guerra consideravano l’Ucraina una delle aree di investimento privilegiate per le proprie attività e vedersi esclusi da questo mercato ha pesato non poco sul loro orientamento.
Biden, Trump e l’Ucraina
L’approccio dell’amministrazione Biden, il suo sostegno alla guerra in Ucraina, è stato dettato soprattutto da regioni strategiche relative all’indebolimento della Russia [2]; ma dal punto di vista economico e speculativo riguardava il mercato delle armi per le ripercussioni positive che esso aveva ed ha sull’economia americana, poiché la gran parte degli stanziamenti relativi all’acquisto di armamenti viene speso negli Stati Uniti. Altro settore di interesse era costituito da affari più o meno criminali che avevano come mallevadore il figlio di Biden. Sarà interessante vedere se l’amnistia paterna lo ha messo al sicuro da inchieste del nuovo Presidente, ma non è detto che qualche polpetta avvelenata ci permetterà di conoscere almeno qualcuno di questi loschi e inconfessabili affari.
Nell’intento di piegare la Russia l’occidente parava le sanzioni e gli Stati Uniti chiedevano all’OPEC di aumentare la quantità di petrolio estratto ,in modo da determinare una diminuzione del prezzo e colpire così economicamente gli introiti russi derivanti dalla vendita di idrocarburi e gas e quindi riducendo le risorse da destinare allo
sforzo bellico, ricevendo però un netto rifiuto, grazie alle relazioni della Russia con i membri dell’organizzazione e all’interno dei Brics. Come è noto lo scontro sul campo di battaglia col tempo non miete successi e quando Trump subentra nell’affare si trova nella necessità di reimpostare l’affare; da del piazzista all’elemosiniere ucraino e gli impone di divenire il venditore del proprio paese; viole essere pagato dell’aiuto “concesso” con l’accesso privilegiato allo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, focalizzando l’attenzione soprattutto sulla disponibilità di terre rare e di uranio, necessario ad alimentare le centrali. nucleari americane, attualmente importato dalla Russia e. non a caso, escluso dall’embargo, malgrado le sanzioni. Lo vuole dall’Ucraina sotto forma di restituzione di un prestito non andato a buon fine ed è pronto a contrattarlo con la Russia, sotto forma di concessioni, dalla nuova proprietà dei territori minerari, durante la trattativa.
Come si evince dalle mappe riprodotte l’Agenzia News of Ukraine and the world (UNIAN), citando la stima di Forbes per il 2023, sostiene che il valore complessivo delle risorse minerarie in Ucraina abbia raggiunto i 15 trilioni di dollari. Tuttavia, anch’essa non dimentica di segnalare che oltre il 70% di questo volume si trova sul territorio delle
Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk (DPR e LPR), nonché nella regione di Dnepropetrovsk, alla quale si sta avvicinando la linea del fronte. Le notizie che giungono dal fronte vedono un arretramento degli ucraini verso ovest, crescere il territorio occupato dai russi nell’oblast di Kharkiv e le truppe russe varcare il confine dell’oblast di Dnepropetrovsk, intenzionati ad occupare almeno la parte dell’oblast ad est del fiume Dnpro e, con una manovra avvolgente, quella parte dell’oblast di Zaporižžja ancora sotto controllo ucraino che verrebbe attaccata da tre fronti
avendo alle spalle il fiume. Trump lo sa bene tanto è vero che già nelle prime fasi della trattativa sembra che le parti abbiano riconosciuto che il Dnipro rappresenta il convivere naturale della futuro Ucraina.
Occorre ricordare che già nelle elezioni del 2014 l’insieme di questi oblast si era pronunciato contro il potere centrale di Kiev e che si tratta di territori con una popolazione che, se si escludono le tre grandi città, è molto scarsa, anche a causa dell’esodo dal paese prodotto dalla guerra. Ecco perché l’Ucraina rischia di presentarsi al tavolo delle trattative di pace con la pentola vuota, posto che Trump sembra aver deciso di fare a meno della presenza di Zelensky al tavolo di trattativa, forte anche del fatto che non è gradito a Putin.
Un tale orientamento delle trattative penalizzerebbe enormemente la Gran Bretagna, la quale si troverebbe a disporre delle briciole del bottino (d’altra parte Trump odia cordialmente Starmer e non lo nasconde) e certamente colpirebbe ancora di più gli interessi dell’Unione europea, la quale non solo ha dovuto subire la distruzione del Nord stream due, ma si trova privata del petrolio russo e dovrà accollarsi il costo della ricostruzione dell’Ucraina, (stimata in 500 milioni di dollari), priva delle sue risorse, con un territorio inquinato e devastato, con un’economia distrutta, con una popolazione collassata (-25%) e una compagine sociale massacrata, con istituzioni fascistizzate, incompatibili con quel che rimane dell’aequis comunitario ancor più dopo la devastazione prodotta dalla guerra.
Un grande problema in più sarà costituito dalla gestione di ciò che resterà dell’esercito ucraino, ovvero di una massa di sedicenti pretoriani che, anche se smobilitati e sconfitti, si considerano e in parte sono, l’élite militare dell’occidente, pronti a trasformarsi in soldati di ventura che si offrono come corpo scelto, dedito alla sicurezza, candidato
a prendere il posto dell’esercito europeo che dovrebbe difendere il continente da improbabili aggressioni esterne, ma che in realtà svolgerebbe il ruolo di corpo interno di sostegno alla svolta autoritaria di governi sempre più orientati a destra nel continente, pronti a passare dall’ordo liberismo all’economia neocurtense e ad un nuovo feudalesimo.
Succederà paradossalmente che attraverso la pace l’Europa prepara la sua definitiva rovina, inoculando nel proprio corpo il virus dell’autoritarismo guerrafondaio e nazionalista, varando politiche securitarie che faranno da supporto a governi e regimi sul modello ungherese o se si preferisce meloniano, democrature ispirate alla svolta
trumpiana.
A meno che…
Esiste tuttavia ancora una possibilità: che l’esercito ucraino, pressato da quello russo, dissanguato dalle sconfitte sul campo, dalle diserzioni, dai sollevamenti interni, collassi e che il paese sia costretto comunque a cercare la pace senza condizioni. A rendere possibile questa ipotesi concorre il fatto che la propaganda bellica, sia dello Stato ucraino che occidentale, non ci permette di conoscere qual è la condizione reale del paese, il prevalere del comune sentire; tuttavia ancor meno possiamo avere fiducia in quel che racconta la propaganda russa: sappiamo solo che a livello collettivo cresce
la richiesta di pace.
Sappiamo che tra gli sfollati ucraini in Occidente e quelli che hanno lasciato il paese in direzione della Russia una parte cospicua della sua popolazione si è chiamata fuori dal conflitto. Possiamo quantificare questa parte della popolazione in circa un quarto di quella pre-bellica dell’intero paese.
Sappiamo altresì che il paese subisce il peso della legge marziale e che quindi non può esprimersi politicamente.
Abbiamo notizia della crescita costante delle diserzioni, calcolate dall’inizio della guerra tra gli 80.000 e i 100.000 uomini. Sappiamo del profondo disagio delle popolazioni ucraine di alcune regioni, in particolare quelle abitate dalla minoranza rumena e da quella magiara ai confini occidentali del paese; abbiamo notizie di azioni di resistenza al governo nelle regioni centrali del paese, mentre cresce l’insofferenza un po’ ovunque verso le componenti nazionaliste.
Del tutto sottovalutato ma destabilizzante è inoltre il conflitto in corso in campo religioso che vede la Chiesa ortodossa autocefala filo governativa e scismatica opporsi alla Chiesa canonica ortodossa, legata al patriarcato di Mosca.
Sappiamo delle persecuzioni, delle vessazioni, dell’occupazione di chiese, del sequestro di ecclesiastici, e ancora più abbiamo notizie dell’espropriazione di beni ai danni della Chiesa ortodossa canonica e tutto ciò fa pensare che una guerra interna è in corso, fatta di migliaia di piccoli conflitti che pervadono tutto il paese.
In queste condizioni, viene da chiedersi, quando può reggere il fronte interno, gravato da continui bombardamenti e devastazioni, con una corruzione crescente, afflitto dalla chiamata alle armi dei diciottenni, devastato per generazioni, chiamato a sacrificarsi in una guerra per procura che viene condotta contro gli interessi del popolo ucraino.
Sono queste le ragioni che ci inducono a sperare che più che le trattative internazionali di pace, siano le forze del popolo a porre fine al conflitto e a chiedere la pace contro gli interessi degli oligarchi dell’una e dell’altra parte di Zelensky e di Putin, a fronte di due regimi che hanno più punti e caratteristiche che li uniscono, piuttosto che elementi che
li dividono, dittatoriali entrambi, insorgendo. Il solo modo che gli ucraini hanno per salvare il paese.
[1] G. L., Putin e Zelensky per noi pari sono, Newsletter Crescita Politica, n. 184, 2024; Il crollo del fronte interno in Ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 180, 2023; Due considerazioni sull’Ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 176, 2023; I guasti della guerra ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 170, 2023; Le cause economiche della guerra ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 160, 2023; Guerra in Ucraina: la pista britannica, Newsletter Crescita Politica, n. 158, 2022; L’Ucraina di Zelesky prima di Putin, Newsletter Crescita Politica, n. 158, 2022; Il questuante e il dittatore, Newsletter Crescita Politica, n.183, 2024; Guerre parallele, Newsletter Crescita Politica, n. 190, 2024.
[2] Si veda il pensiero e il programma politico di Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter dal 1977 al 1961. Da ultimo: G. PERONCINI, La dottrina Brzezinski e le (vere) origini della guerra russo-ucraina, ByoBlu Edizioni, Milano, 2022.
Gianni Cimbalo