Le cronache della guerra in Ucraina hanno prima negato e poi gradualmente ammesso la presenza della NATO nel paese, avvenuta bypassando l’adesione ucraina ai trattati; ciò risponde alla strategia d’allargamento dell’alleanza, che è cresciuta fino a comprendere tutti i paesi a contato con i confini della Russia, in attuazione della
ridefinizione dei suoi obiettivi strategici, effettuata una prima volta dopo il 1991, aggiornata nel 1999 e nel 2010.
La NATO si presenta come alleanza difensiva è ha interpretato il suo ruolo mettendo in essere operazioni di repressione dei movimenti di sinistra interni ai paesi che ne fanno parte- Gladio in Italia – gestendo e dirigendo azioni di destabilizzazione interna. Sul piano internazionale la NATO è si allarga verso est, inglobando altri 14 paesi tra Europa dell’est e Balcani occidentali. Non deve sorprendere, pertanto, che contestualmente alla sua espansione, essa si sia impegnata progressivamente in numerose guerre, dalla ex-Jugoslavia, al Medi oriente, passando per il Nord Africa, comportandosi non più come un’organizzazione multilaterale regionale e di difesa, ma secondo una strategia globale e di offesa. Ciò non toglie che sia stata la Russia ad iniziare le ostilità invadendo il territorio dello Stato ucraino e trasformando i combattimenti in corso dal 2014 nel Donnas in guerra globale tra i due paesi.
La politica NATO di progressiva espansione
A partire dal 1994, comunque, lo strumento attraverso il quale è avvenuto l’allargamento della NATO anche in Ucraina è il programma Partnership for Peace (PfP), diretto soprattutto agli Stati ex sovietici, articolato in sei aree di cooperazione, che mirava a costruire relazioni con i partner attraverso la cooperazione militare mediante addestramento, esercitazioni, pianificazione e risposta alle catastrofi, questioni scientifiche e ambientali, professionalizzazione delle forze armate, pianificazione politica e relazioni con il governo civile.
Contemporaneamente gli Stati Uniti, soci di maggioranza dell’Alleanza, costituirono in Ucraina l’IRI (International Republican Institute) che aprì proprie filiali in tutto il paese, con il compito di promuovere la democrazia (La guerra russo-ucraina, Newsletter Crescita Politica n. 157). L’attività dell’IRI permetterà agli Stati Uniti di avere un ruolo centrale nella sollevazione di piazza Maidan e nei fatti che ne seguirono e si rivelerà preziosa nel facilitare i processi di unificazione delle diverse componenti delle Chiese ortodosse ucraine che richiedevano la concessione dell’autocefalia, operando per dar vita a una unica Chiesa Ortodossa Ucraina, rappresentativa della nazione in rapporto sinfonico con lo Stato. (Le cause interne della crisi ucraina, Newsletter Crescita Politica n. 157). Ben presto alle attività statunitensi in Ucraina si affiancavano i britannici quali gestori del programma della NATO su menzionato.
Il contributo britannico
Va ricordato che la Gran Bretagna era uscita malconcia dalla crisi economica del 2007-2008: nascevano nel paese perplessità e dubbi sul fatto che l’ancoraggio all’U. E. potesse garantire quella agilità di reazione agli accadimenti, necessaria rispetto agli eventi finanziari, rallentata dai tempi di decisione comunitari, giudicati lenti e vincolanti. Perciò,
soprattutto in ambito conservatore, si aprì un dibattito durante il vertice della NATO del maggio 2012 che sfociò nella costituzione in ambito NATO della Joint Expeditionary Force (JEF) della quale la Gran Bretagna è magna pars, prova ne sia che a fornire l’infrastruttura logistica della struttura provvede il personale e l’equipaggiamento della Royal Navy, dei
Royal Marines, dell’esercito britannico e della Royal Air Force. Questa struttura NATO è regolata da un particolare statuto che affida esclusivamente alla Gran Bretagna la direzione e la mobilitazione dell’organizzazione ed è progettata per fornire livelli di integrazione maggiori rispetto a quelli raggiunti in precedenza tra tutti i paesi, coordinando le forze di Danimarca, Finlandia, Estonia, Islanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Svezia e Norvegia. Otto dei paesi sono anche membri della NATO, con Finlandia, Svezia e Islanda, attualmente al di fuori di tale alleanza.
Parallelamente tra il Primo ministro britannico David Cameron, William Haugue e Ed Llewellyn, esponenti conservatori, si discute sull’opportunità di aprire un dibattito sulla permanenza del Paese nell’Unione Europea, indicendo un referendum per mobilitare l’ala euroscettica del Partito Conservatore. Successivamente Cameron ritorna parzialmente
sui propri passi e nel gennaio 2013, promette che se il suo Partito otterrà la maggioranza parlamentare alle elezioni politiche del 2015, il governo britannico negozierà con l’U. E. un regime più favorevole per continuare a restare nell’Unione, prima di indire un referendum sulla permanenza del paese nell’U. E. Comunque, nel maggio 2013, il Partito Conservatore presenta un progetto di legge referendaria in tal senso.
Il 18 marzo 2014 la Russia si annette la Crimea e l’amministrazione americana, giudicando troppo timide le iniziative dei conservatori, rompe gli indugi per iniziativa della Clinton, Segretaria di Stato. Grazie a finanziamenti provenienti dagli USA alle elezioni europee del 22-25 maggio si presenta il Partito indipendentista del Regno Unito (UKIP) che si afferma come primo partito britannico con il 27.49% dei voti, relegando il Partito Conservatore al terzo posto. Poiché il sistema elettorale per il Parlamento europeo utilizza una rappresentanza proporzionale, lo UKIP ottiene 24 seggi sui 73 assegnati al Regno Unito che gli consentono di condizionare il voto britannico in seno all’U. E.
Ci sono tutte le condizioni per preparare il terreno per una attività e un ruolo autonomo della Gran Bretagna a prescindere dagli altri paesi dell’U E che ribadisca l’esistenza di un asse privilegiato con gli Stati Uniti e perciò il 14 settembre 2014 la JEF viene lanciata pubblicamente, durante il vertice NATO che si tiene nel Galles con la Lettera di
intenti, presentata come una iniziativa di tutta l’alleanza e inclusa nella nuova rubrica “Framework Nations Concept”, finalizzata a promuovere lo sviluppo di unità multinazionali, eserciti più piccoli e meglio coordinati che potrebbero collegare le loro capacità organizzative facendo perno su una nazione che svolge una funzione leader. In tal modo la Gran Bretagna acquisisce uno strumento operativo e militare autonomo che risponde prioritariamente alle politiche del paese.
Mentre i conservatori si dibattono nel dilemma tra rinegoziazione delle condizioni di adesione all’U. E. e referendum, sostenuto da Negil Farage e i suoi del UKIP, la Gran Bretagna nella NATO agisce e opera conferendo una sempre crescente autonomia alla politica britannica. Sappiamo oggi che sono state truppe e personale del JEF ad addestrare le truppe ucraine, a formarne i quadri, ad armare i reparti, preparandoli ad una “guerra di guerriglia”, con un armamento leggero anticarro, sistemi antimissile e contraerea, tali da rendere possibile la risposta militare ad una eventuale invasione. Questa iniziativa si presenta come alternativa ai piani tedeschi di penetrazione economica ad est tesi a fidelizzare all’Unione i paesi d’Europa che non ne fanno parte.
Bisogno di guerra
Con la nascita della Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina che si vede riconoscere l’autocefalia nel gennaio 2019 si realizzano le precondizioni per il definitivo rafforzamento dello Stato ucraino che si completano con le elezioni presidenziali del giugno dello stesso anno, mentre si consuma la crisi del ruolo della Metropolia della Chiesa Ortodossa Russa di Kiev che nella strategia del Cremlino garantiva l’ancoraggio del paese a Mosca; il potere degli oligarchi ucraini si organizza intorno al neopresidente Zelensky.
Lo scoppio della pandemia impone il rallentamento dell’iniziativa politica, mentre prosegue la riorganizzazione dell’esercito con l’incorporazione nella guardia nazionale delle formazioni paramilitari di nazionalisti e l’elaborazione della legge sui cappellani militari, commissari politici dei reparti dell’esercito come della guardia nazionale. La situazione
politica precipita con l’allentamento dell’emergenza pandemica nell’estate del 2021. Il paese rischia di precipitare in una crisi economica e sociale irreversibile. La situazione critica nella quale versa il paese, la ritirata degli USA dell’Afganistan, le economie europee sotto affanno a causa delle conseguenze dell’epidemia di Covid che allenta molto
lentamente i freni, convincono il Cremlino che l’Europa e l’Ucraina e l’intero fronte occidentale vivono una crisi profonda.
La Russia inizia le manovre militari al confine dell’Ucraina ed il resto è storia.
Il sostegno da parte della NATO è immediato e nello schieramento dei paesi occidentali si distingue la Gran Bretagna per solerzia, decisione, entità delle forniture militari e questa circostanza non trova origine solo nelle precedenti attività di formazione dell’esercito ucraino, precedentemente svolte dall’intelligence britannica e dai gruppi militari JEF.
La Gran Bretagna sta uscendo malconcia dalla pandemia che ha permesso di oscurare gli aspetti economici e istituzionali negativi della Brexit. La situazione dell’Irlanda del Nord è sempre più difficile: ai confini con l’U. E. il traffico doganale incontra difficoltà sempre maggiori e la dogana da ripristinare tra le due parti dell’isola rischia di far rinascere la questione nordirlandese, fa crescere le tendenze a una unificazione dell’isola e un numero sempre maggiore di merci preferiscono i porti irlandesi a quelli dell’Inghilterra e del Galles.
A nord, l’indipendentismo scozzese risolleva la testa e si prepara a una nuova richiesta di referendum, mettendo in discussione l’unità dello Stato, se non del regno. Urge trovare una motivazione unificante che ricompatti la nazione: essere coinvolti direttamente in una guerra rinsalderebbe lo spirito nazionale e rinverdirebbe il ricordo dell’impero, tanto
più che il paese si è spinto troppo oltre nel sostegno alla politica USA: per ottenere lo scopo, una guerra per procura costituisce una soluzione eccellente, nella difficoltà di condurla indirettamente. L’escamotage delle Falkland è improponibile in quella forma.
Ecco perché quando Biden, preoccupato dal calo costante di popolarità, decide, come tutti i presidenti democratici, di spostare i problemi all’esterno degli USA, si crea il terreno favorevole per l’apertura della crisi in Ucraina: le condizioni per guidare per procura USA il soccorso all’Ucraina ci sono tutte. L’Europa è posta di fronte alla tempesta perfetta e non potrà che esserne travolta! Soprattutto la Germania, elemento trainante dell’Unione, suo cuore economico, che con il PNRR ha buttato il cuore oltre l’ostacolo investendo sull’Europa unita, va messa in difficoltà, minando la sua economia, recidendo il cordone ombelicale che la lega alla Russia per petrolio e gas e garantisce energia a basso prezzo.
Il multilateralismo privilegiato come antidoto all’Unione
Viene da chiedersi, in questa situazione, a quali future relazioni internazionali guarda la Gran Bretagna e se c’è un sistema di riferimento, uno schema di relazioni al quale questo paese – che si pone come vassallo degli Stati Uniti e come gestore per conto dei coloniali della vecchia Europa – guarda.
Al momento, per quel che appare, il modello di riferimento è quello di relazioni privilegiate, ma differenziate, tra due o più paesi dei quali la Gran Bretagna è sempre e comunque uno dei perni. Questo schema di relazioni introduce differenze nei rapporti con i diversi paesi d’Europa ed ha come obiettivo fondamentale quello di indebolire l’unità continentale come entità politica, se non di impedirla, pur conservando, ed ansi rafforzando, l’unità in sede NATO, come la sola importante ed essenziale. Su queste relazioni potrebbero innestarsi rapporti economici privilegiati con alcuni paesi europei che romperebbero l’attuale isolamento economico britannico. Solo in questo schema il valvassore potrebbe esercitare compiutamente la sua funzione nei confronti del principe e detenere per sé una quota consistente di potere e profitti. È la riproposizione del ruolo storico della Gran Bretagna che ha sempre voluto il continente diviso.
Il vero obiettivo della Gran Bretagna è in buona sostanza l’aequis comunitario che è invece, per converso, proprio l’elemento che i diversi paesi dell’Unione dovrebbero impegnarsi a rispettare, e soprattutto a far rispettare, cominciando dalla Polonia e l’Ungheria, essendo inflessibili e scrupolosi nell’imporlo all’Ucraina, come condizione dirimente per il suo ingresso nell’Unione.
G. L.