IL GOVERNO DELLA LEGA

È al Governo uno strano partito. Non ha la maggioranza in Parlamento ma tiene per i coglioni una massa di rimbambiti che si credono un partito e si autodefiniscono Movimento. Sono un partito d’azienda, un’accozzaglia di poltronisti. Hanno strani rituali come quello di credere nella rete, alcuni nelle scie chimiche, altri sono contro i vaccini. Aspirano alla decrescita felice. Hanno promesso onestà e sono intellettualmente disonesti, al punto da salvare i loro alleati dai processi.

Spinti al Governo dal PD e dai provvedimenti criminali e liberticidi di un Segretario che ha distrutto decenni di lotta con il Job Act, la Buona Scuola, la corruzione profonda degli apparati di Stato, la precarizzazione del mondo del lavoro, la sistematica distruzione delle garanzie sociali, il movimento 5Stelle fa ora da portatore d’acqua a tutta la feccia del paese che confluisce sotto le bandiere dell’uomo forte che vende odio sociale e razzismo, facendo credere agli italiani di essere i primi quando invece, se poveri, sono la feccia di sempre. Il leader della Lega che pratica la discriminazione sistematica dei poveri, che si riempie le mani di rosari e crocifissi, pronto a dichiararsi difensore della cristianità, che di fatto predica e pratica l’odio religioso ed etnico, che prepara la frantumazione del paese allargando in fossato tra nord e sud, fra ricchi e poveri. È come un’epidemia, un’infezione causata dal risentimento e dall’odio per essere stati traditi, alimentata dalla
delusione per il tradimento di chi si credeva amico, governata dal risentimento, alimentata dalla nostalgia di una popolazione che invecchia e si sente sempre più debole, abbandonata e senza speranze, in balia di un’assistenza sanitaria disastrata in una parte del paese, priva di sostegno sociale, costretta a ricorrere ai migranti per vedersi garantiti assistenza e accudimento in un contesto in cui i legami familiari di solidarietà e la rete di relazioni tra generazioni si è interrotta quando non è scomparsa.

Il gioco del cerino

In questa situazione sociale i due vice premier giocano il rito del cerino e mentre si riposizionano le clientele di Forza Italia e di Fratelli d’Italia in attesa di sedersi a tavola per il banchetto si resta a guardare chi staccherà la spina al Governo. Sarà la risposta alle richieste dell’Europa, il certo e ulteriore sforamento del deficit, a dare i tempi, mentre i 5S continueranno a fingere di governare facendo una vuota riforma della giustizia, dichiarando di voler provvedere alle famiglie e sventoleranno probabilmente la legge sul salario minimo di fatto disapplicabile in mille modi attraverso il
lavoro nero e precario, le false dichiarazioni di agricoltori verso i braccianti, dei datori di lavoro nell’edilizia come nei servizi.
È il mondo a 5 stelle ragazzi, quello dove la lotta contro le infrastrutture inutili e devastanti si perde combattendo, dove si gestisce impotenti una delocalizzazione dopo l’altra e la deindustrializzazione; dove la lotta per l’acqua pubblica è stata abbandonata, dove di tutela dell’ambiente e di cura del territorio non si parla nemmeno, dove la rete dei trasporti è in mano ai privati e non c’è nessun sviluppo del trasporto sociale per i pendolari e le aree abbandonate del paese, dove la connettività è un sogno di pochi e in mano ai privati; dove invece che di sviluppo si parla di sotto sviluppo, di deindustrializzazione di smantellamento dell’apparato produttivo.
Se non fosse tragico sarebbe da ridere!
Un ennesimo spettacolo comico e insieme tragico messo su da Grillo che poggia sulle solide fondamenta di un partito politico di incapaci che hanno assunto a modello di riferimento l’incompetenza professionale, ma che hanno distribuito con attenzione i posti di manager di Stato tra i boiardi che si sono aggregati al loro carro e che hanno assunto l’obiettivo della distribuzione dei posti di comando come la vera ragione sociale della loro partecipazione al Governo.

Il disegno leghista

A questo punto la strategia è chiara e manifesta: gettare le basi strutturali del regime, un regime che duri, preparando una lunga notte per il paese. Leggi di polizia adeguate e non solo per contenere l’emigrazione povera, quella degli straccioni che arrivano con i barconi. Mantenere in vita l’esercito industriale di riserva fatto di diseredati cronici clandestinizzati, alimentato progressivamente da restituzioni forzate di migranti (i cosiddetti dublinati) e dalla trasformazione di frange dei già integrati e dei regolari in nuovi clandestini. Ne beneficeranno l’agricoltura e il mercato nero del lavoro illegale.
Sul piano economico spazio alle politiche liberiste, Flat tax per aiutare i ricchi, lasciando l’illusione della riduzione delle tasse, accompagnata dalla soppressione degli sgravi per fare pari e patta; ridimensionamento programmato dei servizi e investimento sulla fascia anziani del paese, mirando a drenare il risparmio privato, che è alto, per dirigerlo verso la sanità a pagamento modello lombardo, scaricando sulle famiglie il costo dell’assistenza. Scuola differenziata a livello regionale per orientare l’accesso al mercato del lavoro e smembramento sostanziale del paese, con aggancio delle regioni del nord-centro al nucleo centrale dell’economia europea franco tedesca, ma attraverso una slovenizzazione: un avvicinamento al rapporto strutturale con quest’area tipo modello Visegrád attraverso l’adozione di un regime fiscale differenziato e leggi sul lavoro che consentano una gestione alla Orban della forza lavoro (quaranta ore di fatto alla settimana). Politiche familiari incentivanti per il nord del paese e sud ridotto a un ruolo servente di manodopera e di ghetto per i ceti non più produttivi.
Un paese culturalmente distrutto, ridotto a villaggio turistico per il sud quando va bene, un paese che entra nel tunnel della differenziazione economica e sociale, ridotto a fortezza dell’italianità, chiuso ai rapporti con l’area mediterranea dove “il mare mezzo” – così gli arabi chiamano il Mediterraneo – sarà il muro materiale e ideologico destinato a fermare l’invasione e perciò presidiato. A sovrintendere a tutto un Governo gestito dalle destre dopo aver licenziato i camerieri 5 stelle.

L’antidoto

Quali possibilità concrete ci sono di sfuggire a tutto questo: poche. La sinistra, inconsapevole e rissosa, giace dispersa in un contenitore informe e composito, divisa in mille cespugli. E’ chiusa nei suoi palazzi, si è ritirata dalle periferie e dal corpo vivo del paese, è coperta di discredito e non riesce a far dimenticare i propri errori che mostra di non aver capito, è sommersa dall’odio e dal risentimento dei ceti e delle classi che dovrebbe difendere, di quelli che strutturalmente sarebbero le componenti naturali del blocco di classe che dovrebbe difendere, è incapace di una strategia.
Ha accentuato il suo strabismo e continua a guardare al centro, lasciando il vuoto alla sua sinistra, possibile preda del demagogo parolaio e cazzaro che dovrebbe rigenerare i 5 stelle, da giocare come ultima illusione e che è in bilico tra il turismo e l’impegno parolaio nelle piazze.
L’unica alternativa vera viene dalla società che sta elaborando lentamente e con i suoi tempi gli anticorpi attraverso le attività sociali, le azioni di solidarietà, l’auto organizzazione sul territorio di isole di resistenza e di elaborazione di un progetto di rigenerazione. Si tratta di qualcosa di nuovo e di inedito, alla costruzione del quale concorrono vissuti diversi, che tiene conto del necessario amalgama di esperienze che i cambiamenti sociali, del mutamento della composizione e delle origini delle popolazioni che ha caratterizzato questi anni. Si tratta di prendere atto del fatto che più del 40% della popolazione migrante ha origine nell’est Europa e che quindi il problema principale non è l’integrazione con la cultura islamica, quanto invece il rilancio di una cultura della laicità, aiutando a capire che le radici sono comuni, possono essere conservate senza il bisogno di schermarsi dietro la religiosità ortodossa o quella islamica, ma un progetto di vita nuovo e libero da pregiudizi che soprattutto riguardano il ruolo sociale e produttivo delle donne. Alla base della convivenza ci sono comuni interessi di classe; siamo di fronte all’eterna contrapposizione tra ricchi e poveri, al bisogno di lavoro, al diritto a disporre dei beni essenziali (acqua, energia casa, salute, trasporti), al rispetto della dignità, delle libertà civili, delle donne e degli uomini e dei bambini e dei vecchi.
E perciò largo a una scuola per tutti, ricca di contenuti culturali, delle pari opportunità, con mense per i bambini che non discriminino, con un accesso al mondo attraverso la rete, in scuole che non crollino addosso. Spazio alla difesa del suolo dell’ambiente, alla difesa della natura e alla lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Alla lotta per la casa e al varo di un piano edilizio fatto di utilizzazione sociale del costruito e di edilizia abitativa popolare. Alla lotta per il risanamento dei quartieri di periferia, per la realizzazione di strutture sociali aggregative: alla lotta competitiva perché si sta spargendo il virus dell’odio tra gli ultimi e bisogna combatterlo materialmente, culturalmente, militarmente, riscoprendo anche la violenza, ma soprattutto la memoria storica dei territori che è fatta di resistenza e anche di solidarietà. Ma soprattutto organizzazione del lavoro e sul lavoro: accesso al lavoro, diritto a lavorare senza morire sul lavoro, diritto a conservare il lavoro, diritto a un salario dignitoso, uguale per uomini e donne, difesa rigorosa e organizzata sul posto di lavoro, contrapposizione di classe al padrone e al capitale finanziario, inserendo nelle organizzazioni di base sindacali lavoratori autoctoni e immigrati gli uni insieme agli altri; contrasto al decentramento produttivo e alla delocalizzazione attraverso una politica fiscale adeguata e di vincoli ai proprietari dei mezzi di produzione. Ruolo nuovo o ritrovato delle istituzioni pubbliche, quali gestori dei servizi come quello dell’acqua, dell’energia, di accesso alla casa, della salute, dei trasporti per tutti coloro che abitano sul territorio e non solo per i cittadini.
Solo ricomponendo le divisioni tra gli sfruttati si può ricostruire quel fronte della lotta di classe indispensabile per contrastare lo sfruttamento, solo lottando insieme per un mondo migliore si può ritornare a sperare di lasciarsi alle spalle la notte della ragione e dell’oppressione sociale.

La Redazione