La fascistizzazione in marcia

Avremmo voluto parlarvi del Def, ma al momento di scrivere ci accorgiamo di non poterlo fare perché il documento semplicemente non esiste, in quanto questo Governo, nell’imminenza delle elezioni europee, preferisce non spiegare al paese che per arrivare alla fine dell’anno sarà necessaria una manovra di bilancio lacrime e sangue, volta a recuperare le risorse che mancano per concludere l’anno finanziario.
Non solo, avrebbe dovuto dire al paese di non avere idee su cosa farà il prossimo anno, ma di dover dedicare le poche risorse disponibili a rispondere alla procedura di infrazione che inevitabilmente la Comunità europea aprirà per sforamento del deficit oggi al 7,4%.
Avrebbe dovuto dire che sarà necessaria una manovra fiscale che graverà sulle classi
meno ambienti e sui lavoratori a reddito fisso, perché inoltre non ci sono soldi per la
scuola, per il servizio sanitario, per le pensioni, per i servizi de welfare, per nulla. Meglio
vantarsi del fatto che a 80 anni dalla Liberazione dal fascismo la fascistizzazione dello
Stato e della società italiana è in atto ad opera dei nipotini del fascismo e del nazismo e
che questa è la sola promessa che il Governo è stato in grado di mantenere.
Per il momento la narrazione continua e parla di un paese dove tutto va bene, dove
l’occupazione cresce come non mai, ma si dimentica di spiegare che si tratta di lavoro povero e poverissimo, estremamente precario e sottopagato, dove milioni sono quelli che lavorano ma sono poveri in una situazione demografica disastrosa, dove l’economia è destinata a frenare a causa di mancanza della mano d’opera per alimentare un mercato del lavoro che richiede nuove braccia; questo mentre una politica dissennata dilapida le risorse disponibili per contrastare la migrazione con inutili iniziative di immagine come il lager per migranti in costruzione in Albania e mentre
500 mila giovani abbandonano ogni anno il paese, per mancanza di prospettive e a causa dei salari di fame.
In questi mesi la destra al governo ha predisposto e sta attuando una riforma fiscale che fa gravare il costo dello Stato più che in passato sui lavoratori a reddito fisso, che pagano il 95 % delle imposte; la distanza fra ricchi e poveri si allarga fino a divenire un baratro. Ogni misura di sostegno alla povertà è scomparsa e più di sei milioni di cittadini vivono con un reddito al di sotto della soglia di sussistenza. La maggioranza di governo si rifiuta di accettare l’introduzione di un salario minimo, come avviene in tutti i paesi d’Europa, una politica della casa non esiste, il servizio sanitario nazionale è sull’orlo del disastro, tra assenza di medici e infermieri, code per ottenere una prestazione sanitaria che si allungano a dismisura. Ogni giorno 3 lavoratori, che avevano lasciato la propria casa per recarsi al lavoro, non vi ritornano e perdono la vita sul lavoro; se questo non bastasse, il solo problema che sembra divenire sempre più urgente è quello del riarmo e dall’aumento delle spese militari.
Un Parlamento completamente espropriato delle proprie funzioni si balocca nell’adozione di provvedimenti che vanno dall’aumento delle pene per la repressione dei rave, all’introduzione degli anti abortisti nei consultori, legittimati a torturare le donne che a queste strutture si rivolgono per l’interruzione della gravidanza, al fine di colpevolizzarle. Ne maggiore spazio viene lasciato alle libertà civili: mentre il governo impugna davanti al TAR i provvedimenti amministrativi dell’Emilia Romagna che permetterebbero di applicare la sentenza della Corte costituzionale sul fine vita dignitoso ogni manifestazione di protesta, a cominciare da quelle contro la guerra e contro il genocidio in atto a Gaza, vengono represse con i manganelli; mentre si propongono pene detentive per i giornalisti che osano aggirare la mordacchia introdotta con il divieto di riportare il testo dei provvedimenti dei magistrati che incriminano i colletti bianchi e i politici per le loro malefatte cala la censura sulla televisione pagata con i soldi pubblici.
La mordacchia imposta ai mezzi di informazione attraverso l’acquisizione e il controllo delle testate giornalistiche, l’occupazione e lottizzazione della Rai, il controllo delle agenzie di informazione, l’intimidazione delle voci critiche attraverso denunce intimidatorie e liti temerarie, si assiste al riemergere dalle fogne, sempre più frequente, di fascisti e nazisti, un tempo emarginati dalla vita pubblica. Il personale politico della destra militante, sopravvissuto allo scontro di classe degli anni 70, che costituisce il nerbo del partito neofascista, approfittando della sconfitta della classe operaia, è
oggi saldamente al potere con uno spirito di rivalsa che si concretizza nella riproposizione, nemmeno tanto edulcorata, della dittatura fascista classica, nelle sue forme e nei suoi contenuti sociali più ributtanti, si concretizza nell’occupazione
di ogni spazio di potere.
Lo svuotamento della vita politica e l’imbarbarimento del conflitto sociale vede prevalere l’odio individuale che non è più quello di classe, ma è il frutto dell’invidia sociale di chi non vuol sentirsi meno furbo degli altri e perciò è pronto ad ogni compromesso, ad ogni trasformismo, ad ogni vigliaccheria, pur di prevalere su chi gli sta a fianco, rifiutando con disprezzo la solidarietà sociale, sostituita dalla convinzione che i più poveri, i più sfortunati, sono tali per loro colpa, perché solo il potere e il benessere materiale possono dare successo e salvezza.

Il trionfo dell’oligarchia

Mettendo in atto una rivisitazione della teoria delle classi sociali di Robert Mickels rivisitata, la destra al potere si distingue per l’instaurazione della supremazia della componente oligarchica della società e dà vita a delle “democrazie illiberali” che di fatto costituiscono sotto altra forma, solo apparentemente diversa, la riproposizione del modello oligarchico putiniano, supportato da un identico ruolo delle componenti sociali tradizionali e religiose, benché prive di una figura apicale religiosa della quale Putin invece dispone, il Patriarca Kyrill.
Per gli strateghi più raffinati della titolarità del potere, attribuita nelle “democrazie illiberali” ad una oligarchia composita per le sue provenienze sociali e per le sue caratteristiche, e che si è formata grazie ad una nuova stratificazione delle classi sociali, dei lavori e dei ruoli, nella società post – industriale, fortemente ideologizzata, appartiene la legittimazione alla gestione del potere. Essa non ha bisogno del sostegno della maggioranza dei cittadini, ma gli è sufficiente quello di una minoranza qualificata e motivata di essi, ottenuta mediante una progressiva selezione, per abbandono, del corpo elettorale che è sufficiente a legittimare l’esercizio di un potere generale plebiscitario, conferisce il mandato da una apparente partecipazione diretta di tutti alla nomina del rappresentante apicale della società.
Vista in questo contesto la proposta di premierato assume una configurazione meno becera e occasionale e diviene parte di un progetto politico più generale che si fonda su una rivisitata teoria delle classi sociali che reinterpreta ruolo e funzione di ceti e classi per individuare segmenti sociali che facciano dal punto di riferimento e da elemento di
legittimazione per la gestione politica della società, supportando il “nuovo” ceto politico.
Questa visione della società, pur richiamando le precedenti esperienze fasciste e naziste nella configurazione del potere e nei ruoli sociali delle diverse componenti della società si presenta come qualcosa di nuovo e vuole costituire la risposta alla complessità della gestione della vita e della società oggi, azzerando il ruolo della partecipazione sociale collettiva, semplificando la responsabilità sociale di ognuno, eleggendo a punto di riferimento culturale e politico l’individuo, ridivenuto suddito di una società gestita da una oligarchia che solo possiede gli strumenti di gestione sociale e
la legittimazione all’esercizio del potere.
Solo la momentanea presenza sul soglio pontificio di un pontefice estraneo a queste logiche non consente oggi agli oligarchi di occidente di poter disporre di un’autorità religiosa che consenta il contemporaneo utilizzo del manganello e dell’aspersorio,ma in Europa c’è già chi, sia pure in tono minore,si propone per questo ruolo: il Patriarca ecumenico che fu già patriarca dell’impero.

Una risposta di classe

La sinistra di classe giunge all’appuntamento con la storia non attrezzata a dare una risposta articolata e ragionata alla strategia delle classi dominanti, tesa a rafforzare il potere di dominio su una compagine sociale che proprio perché è più complessa si presta meglio ad essere manipolata, se priva dei punti di aggregazione e di una chiara collocazione per ceti e classi sociali i cui confini sono stati resi evanescenti, contribuendo a creare un melting pot all’interno del quale e pressoché impossibile distinguere diritti e doveri, interessi e bisogni, aspirazioni e speranze; in altre parole è impossibile o quasi intravedere il disegno di una società futura aperta, libera, sia per quanto riguarda i diritti civili che, soprattutto, la libertà dal bisogno, anche se le condizioni per realizzare una società più giusta e umana vi sarebbero tutte. Così tutto oggi contribuisce a far dimenticare che l’uguaglianza è il presupposto e il fondamento della libertà e che senza libertà dal bisogno non vi è emancipazione dallo sfruttamento e dalla dominanza degli uni sugli altri. In altre parole tutto questo serve a cancellare il bisogno di comunismo: “ ad ognuno secondo i propri bisogni.
Noi comunisti anarchici, combattendo nella Resistenza al nazifascismo avevamo accettato il compromesso costituzionale e lo stato liberale in cambio dell’art. 3 della Costituzione repubblicana che contiene la prospettiva dell’uguaflianza nella libertà, affermando che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Con questo Governo il patto costituzionale sta venendo meno.

La redazione