Appunti sul disordine mondiale

Il Parlamento europeo che verrà eletto dal 6 al 9 giugno designerà insieme ai capi di Stato e di Governo la nuova Commissione che governerà l’Unione europea. Il nuovo organismo dovrà guidare l’Unione per 5 anni difficili mentre venti di guerra soffiano sempre più impetuosi in Europa e nel mondo. Indipendentemente dal risultato delle quasi concomitanti elezioni del nuovo Presidente degli Stati Uniti il nuovo esecutivo europeo dovrà muoversi in un mondo sempre più multipolare, prendendo definitivamente atto della fine dell’egemonia USA sul mondo.
Il recente allargamento dei Brics ha profondamente modificato l’assetto dell’equilibrio mondiale e l’aggregazione di paesi che si riconosce in questa associazione di cooperazione copre ben il 44 % del commercio mondiale, ma raccoglie gran parte della popolazione del pianeta ed è in grado di condizionare in modo sempre più determinante l’economia mondiale oggi caratterizzata da una diversa distribuzione della divisione internazionale del lavoro, dalla attribuzione delle quote di mercato, dall’afferenza in qualità e quantità dei settori produttivi alle diverse economie. Ne consegue che la
distribuzione della ricchezza a livello mondiale risulta profondamente modificata ed è ulteriormente destinata a mutare nel tempo in relazione alle prospettive di sviluppo e all’organizzazione economica e produttiva delle diverse aree.
Bisogna prendere atto che è in corso uno scontro senza esclusioni di colpi per quanto riguarda il controllo della produzione energetica, l’accesso alle materie prime, il controllo delle quote di mercato per quanto riguarda i diversi settori produttivi che assume caratteristiche diverse dal passato quando il ciclo produttivo era basato sulla produzione dell’acciaio ed altri tradizionali parametri economici dell’economia del secolo scorso. Oggi a farla da padrone sono le produzioni relative all’informatica, alla telematica, all’intelligenza artificiale, l’innovazione tecnologica, all’automazione dei processi produttivi, a tutto ciò si accompagna una attribuzione distribuita di lavoro povero e marginale funzionale a creare nella società sacche di sottosviluppo e di indigenza, compatibili con una ricchezza crescente di coloro che si trovano in posizione apicale nella gestione del profitto e dell’accumulazione.

Le caratteristiche delle diverse aree produttive

L’area europea produttiva europea si caratterizza per un’agricoltura di qualità capace di soddisfare i bisogni delle popolazioni e garantire l’autosufficienza. Nel modello economico europeo assume rilevanza la manifattura e la produzione di servizi che garantiscono un alto livello di reddito; proprio la prevalenza del settore manifatturiero produce la convivenza sul territorio di forme produzione che rispecchiano modelli diversi di organizzazione del lavoro,
realizzando un mixer di contemporanea presenza di modelli produttivi avanzati e di modelli cosiddetti “arretrati”. Ad esempio, accanto a settori produttivi ad alta tecnologia e ad elevato livello di automazione e di gestione avanzata coesistono settori che utilizzano il lavoro a domicilio, la fabbrica quale parte di un sistema complesso di filiali distribuite sul territorio che assemblano, grazie ad una efficiente logistica, componenti diverse prodotte in unità produttive decentrate.
Questo modello produttivo. nel recente passato, aspirava a realizzare una trasformazione green per quanto riguarda l’utilizzazione dell’energia, riducendo l’impatto climatico sul territorio, realizzando l’abbandono del fossile, per passare all’utilizzo delle cosiddette energie pulite. Questi progetto si accompagnava ad una più intensa utilizzazione dell’innovazione tecnologica e allo sfruttamento di materie prime occorrenti per realizzare produzioni ad alta tecnologia, innovative e prodotti ad alto valore aggiunto. L’obiettivo di lungo periodo era costituito da un’economia che abbiamo
definito neocurtense che prevedeva il ridimensionamento della logistica, il parziale rientro sul territorio delle produzioni strategiche, un sostanziale rafforzamento del modello produttivo europeo.[1]
La competitività di questo modello e la sua stessa realizzabilità è oggi rimessa in discussione dall’attacco volto ad indebolire i suoi punti di forza mettendo in crisi l’agricoltura con l’ingresso dell’Ucraina nell’unione che sarebbe devastante per la politica agricola dell’unione, obbligando i diversi paesi europei al riarmo, assorbendo così rilevanti risorse sottratte a sanità, scuola e welfare, facendo assumere sempre maggiore consistenza all’attacco concentrico portatole da un diverso modello produttivo che si basa sull’innovazione tecnologica accompagnata dal controllo e dal possesso di materie prime, soprattutto energetiche, e da un forte controllo esercitato sui mercati finanziari e del capitale, costituito dagli Stati Uniti, i quali stanno mettendo in atto una politica economica e commerciale che prevede il rientro nel paese di molte attività produttive, un tempo decentrate, necessita di forti investimenti di capitali attirati mediante una legislazione di sostegno agli investimenti produttivi esteri, che mira a mantenere la leadership nelle produzioni tecnologicamente più avanzate al fine di esercitare per questa via una funzione di direzione dell’accumulazione capitalistica e di egemonia politica.
Tra i competitori che a livello mondiale ambiscono ad insediare questo ruolo vi è certamente anche la Cina la quale si caratterizza per una grande attenzione allo sviluppo dei settori produttivi più avanzati e dedica una cura particolare al commercio, diversificando i suoi investimenti produttivi attraverso l’acquisizione di materie prime in paesi terzi, in cambio di investimenti produttivi in infrastrutture, conquistando il controllo dei flussi di commercio mondiale e quelli delle vie di comunicazione e di commercio, dedicando particolare attenzione, insieme alla Russia, all’apertura della rotta artica attraverso la quale sviluppare le proprie attività di commercio verso l’Europa, non escludendo di sterilizzare e gradualmente ridurre il flusso commerciale che passa attraverso il Mediterraneo.
Tenendo conto di questi obiettivi l’attacco portato dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti alla politica economica dell’Unione europea e alla sua stabilità attraverso la guerra ucraina, ha prodotto l’inversione dei flussi energetici, la messa in crisi dell’economia agricola dell’unione, l’aumento dei costi di produzione per le merci europee, determinando il nuovo indirizzo dei flussi energetici della Russia verso le aree produttive cinesi e quelle indiane e questo nuovo assetto dei flussi energetici ha finito per costituire un formidabile elemento di sostegno verso le economie di Cina ed India, a tutto detrimento dell’area europea, potenziando il decollo di quelle economie già in crescita.
In questo quadro di flussi economici e produttivi in rapido mutamento si inserisce la crisi arabo – israeliana come elemento di perturbazione del possibile sviluppo dell’economia dei paesi arabi produttori di petrolio i quali tuttavia continuano a mantenere una disponibilità di capitali abbastanza alta da permettere loro di promuovere investimenti
produttivi che li collocano sui mercati più avanzati dell’energia, dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo.
In questo nuovo contesto internazionale l’Africa diventa oggetto della contesa di forze diverse, tra loro competitive, diversamente posizionate, al momento, e destinate in futuro a scontrarsi per contendersi l’egemonia. In particolare la fascia dei paesi dell’Africa centrale appare sempre più infeudata alla presenza russa che con proprie milizie presidia il territorio; la presenza cinese è invece diffusa ovunque, inutilmente contrastata da una presenza europea e statunitense che arranca nel tentativo di inserirsi per competere c contrastare la concorrenza di competitori agguerriti ai
quali si aggiunge con un peso crescente l’attività economica facente capo all’India e al crescente ruolo del suo apparato produttivo e della sua economia.
L’area che appare al momento in maggiore difficoltà è costituita dall’America Latina troppo divisa e parcellizzata per competere alla pari con gli altri soggetti che operano sul mercato internazionale e che aspirano a svolgere un ruolo guida nello sviluppo economico del pianeta.
Altre aree economiche e politiche del mondo meritano un’attenta analisi come quella della Turchia con proiezioni verso l’Africa e i territori dell’Asia centrale abitati da popolazioni islamiche, oppure l’area economica che ruota intorno all’Indonesia e che si estende fino al Giappone e a Taiwan, o ancora l’area costituita dalla penisola indocinese e tante altre, perché si possa disporre di una visione globale delle forze in campo che ambiscono a partecipare alla gestione di un mondo ormai multipolare che si presenta ormai come configurato a “placche”. Intendiamo con questa espressione fare
riferimento a territori contigui le cui economie ruotano intorno ad un polo attrattivo e tendono a costituire un aggregato politico economico di comune interesse, certificando così nei fatti il superamento della dimensione della giurisdizione dello Stato nazione e avviando il superamento della sua dimensione con il risultato di alimentare le differenze tra etnie dominanti e subalterne.

Elementi di fragilità del sistema

Elementi comuni di fragilità di alcuni di questi sistemi politici ed economici provengono dal loro assetto demografico. In particolare il modello di produzione europeo non può che risentire della crisi demografica che attanaglia il continente e alla quale non si vuole porre rimedio a causa di una politica migratoria miope che, profondamente segnata
dal razzismo, porta all’esclusione dei migranti e impedisce che con il loro apporto si possa compensare il calo delle nascite e la desertificazione prodotta da scontri armati disastrosi e devastanti come quello ucraino.
Con specifico riferimento all’Europa occorrerà approfondire l’analisi, ipotizzando possibili soluzioni ai problemi emergenti dalla contemporanea convivenza sul territorio dell’unione di 5 componenti culturali-religiose: quella cattolica, quella protestante, quella ortodossa, quella islamica e la componente che si ispira ai valori della laicità e dell’illuminismo, considerando che la distribuzione della popolazione tra queste diverse appartenenze è numericamente equipollente ed emergerà con sempre maggiore rilevanza, producendo riflessi profondi sulla convivenza possibile. Un nuovo amalgama
di questi diversi apporti culturali è ancora di là da venire la sua rilevanza e al momento sottovalutata, a nostro avviso, in relazione al peso che può assumere per la pace sociale e la possibilità di consentire nuovo slancio alle aspirazioni delle popolazioni.
Con il problema demografico e l’invecchiamento progressivo inarrestabile della sua popolazione dovrà fare i conti anche la Cina la quale è destinata nel prossimo ventennio a vedere la sua popolazione attiva ridursi progressivamente e drasticamente mentre contemporaneamente crescerà il peso economico di gestione della popolazione
anziana. In una situazione diversa si trovano l’India e l’Africa che possono puntare sul ruolo attivo che è in grado di svolgere la loro popolazione in gran parte costituita da giovani in grado di dare il loro apporto fattivo allo sviluppo del sistema produttivo e da offrire forza lavoro a buon mercato.
Con questi “appunti sul disordine mondiale” intendiamo avviare una riflessione in più tappe che cercherà di ricostruire le caratteristiche e gli scenari possibili delle “placche” nelle quali si va configurando la distribuzione del mondo multipolare che costituisce il nuovo assetto del disordine mondiale o se si preferisce del nuovo ordine che avrà
comunque come elemento caratterizzante lo sviluppo continuo e ripetuto di conflitti. Tuttavia disporre di un’analisi che valuti l’incidenza possibile dei diversi fattori porta a ricostruire il quadro d’insieme e costituisce la pre condizioni per poter quanto meno ipotizzare una possibile strategia per contrastare un progetto che ha il solo obiettivo di perpetuare e approfondire le diseguaglianze e lo sfruttamento degli uni sugli altri.

[1] Analisi della fase 2022, Newsletter Crescita politica, N 163 – sett. 2022, https://www.ucadi.org/wp-content/uploads/2022/09/163.pdf

La Redazione