Tra le 60 guerre che attualmente sono in corso nel mondo due di esse assorbono la gran parte dei costi e delle risorse sia rispetto ai capitali necessari per finanziarle, sia rispetto al prodotto. ovvero ai morti e ai feriti, ai danni materiali, al disastro sociale. Ci riferiamo alla guerra d’Ucraina e al conflitto mediorientale che vede la distruzione di Gaza e l’olocausto per la sua popolazione, la repressione e l’apartheid in Cisgiordania, la guerra fra Israele e numerosi paesi arabo-islamici.
Il conflitto russo-ucraino è divenuto una guerra di logoramento: vincerà chi resisterà, bruciando nel conflitto più risorse umane e materiali. A guerra in corso è difficile dare e avere informazioni veritiere perché sono in gran parte manipolate dalla propaganda, tuttavia il costo mensile della guerra per Russia, Ucraina e nazioni che la sostengono si
aggirerebbe intorno ai 25 miliardi di dollari. Altre stime, della testata giornalistica militare SOFREP, affermano che la Russia brucerebbe ogni giorno 900 milioni di dollari solo in salari per i soldati impegnati al fronte, in armi, munizioni e riparazioni dell’equipaggiamento militare perso o danneggiato. Tenendo conto di questi calcoli i costi complessivi sarebbero ancora più elevati, e solo la Russia spenderebbe 27 miliardi di dollari al mese.
Per la parte occidentale la guerra in Ucraina, dopo aver bruciato più di 160 miliardi di finanziamento provenienti dall’Unione europea e quelli messi a disposizione dai 50 Stati, più volte riuniti nella base americana di Ramstein, ha urgente bisogno di nuove risorse. La distruzione dell’apparato economico ed industriale dell’Ucraina, il suo cronico bisogno di armamenti e soprattutto di munizioni richiedono nuove urgenti risorse. L’Unione europea, raschiando il barile dei residui fondi di bilancio, ha stanziato recentemente 60 miliardi che però coprono 5 anni, sottraendoli prevalentemente al bilancio dell’agricoltura, provocando la rivolta motivata dei contadini comunitari, per altro principali vittime di un eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Unione, sia a causa della concorrenza dei prodotti agricoli ucraini (peraltro altamente inquinati) che al prosciugamento dei fondi agricoli da parte della nuova partner, che assorbirebbe gran parte delle risorse, bisognosa di bonificare i terreni e ricostruire le infrastrutture.
L’unica possibilità di disporre dei fondi necessari alla guerra è costituita dalla ripresa dei finanziamenti degli Stati Uniti. La Camera dei rappresentanti dopo essersi rifiutata di discutere la legge che stanzia ben 116 miliardi di dollari per aiuti a Israele, Ucraina, Taiwan ed altre situazioni di crisi, sull’onda degli della crisi mediorientale il 19 aprile ha discusso il provvedimento. riducendo l’importo complessivo di spesa a 95 miliardi di dollari e suddividendolo in quattro leggi votate separatamente. La prima stanzi 14 miliardi per Israele; la seconda 61 miliardi per l’Ucraina, mentre altre risorse dovrebbero andare agli alleati dell’indo pacifico e a Taiwan, nonché essere destinati a finanziare aiuti umanitari internazionali. Naturalmente la questione è stata attentamente monitorata dalle lobby legate all’industria bellica e a tutto il settore che opera usufruendo delle commesse della difesa, interessate alla fornitura di armi all’Ucraina e a rifornire gli altri partner statunitensi che ha sottolineano che l’approvazione delle leggi creerà molti posti di lavoro negli Stati Uniti.
Tutto questo avviene mentre Zelensky ha ottenuto l’approvazione della Rada della nuova legge sulla mobilitazione che dovrebbe aumentare il numero dei soldati da inviare al fronte a farsi massacrare. Si tratta di centinaia di migliaia di uomini e donne, prevalentemente di 25-26 anni, destinati ad essere arruolati per la prima volta per un periodo indefinito, poiché la nuova legge sulla leva obbligatoria non prevede come limite del servizio i 36 mesi, come avveniva nella legislazione precedente e punta a reclutare volontari a partire dai diciottenni. Da questo provvedimento il governo si
aspetta di reclutare 500.000 soldati, numero del tutto irrealistico sia per motivi demografici che a causa dell’alto numero di disertori e renitenti alla leva. Comunque le condizioni per continuare la mattanza ci sono tutte!
Il grande elemosiniere ucraino, commentando l’attacco iraniano ad Israele,ha lamentato che l’Occidente non difende allo stesso modo e con la stessa efficacia e determinazione il territorio dell’Ucraina, evitando di tener conto dell’estensione del suo paese e dei costi non solo politici, ma militari e finanziari che un tale livello di difesa richiederebbe per un territorio così vasto. É opinione diffusa in ambienti militari che qualche batteria di Patriot in più avrà lo stesso effetto di una goccia nell’oceano e questo a prescindere dalle difficoltà tecniche di disporne a breve.
Come primo effetto prima risposta alla decisione americana la Russia sembra voler accelerare l’offensiva già predisposta che mira ha completare l’occupazione dell’oblast di Donnesk completare l’occupazione di almeno la parte orientale dell’oblast di Zaporižžja e a creare le condizioni per far cadere Karkiv.
Israele è la guerra in Medio Oriente
Se, come sembra, per finanziare l’attacco iraniano a Israele del 14 aprile sono state necessarie una serie di operazioni sul mercato dei Bitcoin da parte dei Pasdaran utulizzando gli hubus (fondazioni religiose) da questi gestite e che l’operazione è costata più di un miliardo di dollari agli alleati di Israele – conteggiando l’impiego di uomini e mezzi – si ha la dimensione degli alti costi della guerra e si riesce così a cogliere la portata complessiva dell’investimento che il sostegno alla guerra comporta sia per gli Stati Uniti che per i paesi alleati, senza contare i costi economici causati dalla
mobilitazione e dalla guerra all’economia israeliana, il che ha prodotto una drastica riduzione del PIL che nell’ultimo trimestre ha registrato un calo di quasi il 20%. Rispetto al terzo trimestre, secondo i dati dell’ufficio di statistica del paese è diminuito invece del 5,2%.
L’attacco iraniano a Israele ha comunque segnato la fine della strategia della deterrenza preventiva e benché Israele abbia deciso di rispondere ulteriormente all’Iran con attacchi minimizzati dalla propaganda iraniana il pericolo rappresentato dall’Iran è obiettivamente cresciuto se si tiene conto della messa a punto, grazie alla sua collaborazione con la Corea del Nord e la Bielorussia, dell’aggiornamento del sistema di difesa e attacco missilistico Bavar-373, che sarebbe in grado di intercettare gli aerei da combattimento di quinta generazione, incluso l’americano F-35, rinomato per la sua
bassa firma radar e dispone di capacità migliorate di rilevamento e tracciamento dei bersagli che gli consentono di identificare fino a 100 bersagli aerei simultaneamente e di ingaggiare molteplici minacce con il suo armamento missilistico Sayyad-4B.
Si aprono quindi nuovi scenari geostrategici nei quali il mondo islamico esce diviso; Cina e India si situano come competitors nello stabilire linee commerciali con l’Europa, nell’ambito di una strategia pilotata dagli Stati Uniti che cercano di contrastare il nuove ordine mondiale multipolare, alla costruzione del quale lavorano i BRICS. Vi sarebbero
quindi, sulla carta, le condizioni per un raffreddamento del conflitto che prenda atto dello statu quo, e lo accetta, sempre che Israele non voglia spingersi fino ad ottenere con l’attacco finale a Rafah il definitivo sterminio dei gazawi, prodromico alla liquidazione dei palestinesi che vivono in Cisgiordania.
Tutto questo dovrà fare i conti con i costi degli armamenti e della deterrenza. Gli Stati Uniti, qualunque sia il Presidente eletto, intendono correre ai ripari coinvolgendo ulteriormente i partner nella spesa per gli armamenti. Da qui, oltre che dal bisogno di finanziare la guerra in Ucraina, la direttiva per tutti i paesi dell’Europa di portare ad almeno il 2% del PIL le spese militari e di procedere ad un coordinamento della produzione e delle attività delle imprese impegnate nella produzione di armi e sistemi d’arma nei diversi paesi europei, in modo da standardizzare i modelli prodotti, realizziando così economie di scala che permettano al tempo stesso il reciproco utilizzo dei sistemi d’arma, del munizionamento prodotto, dei ricambi e la manutenzione dei sistemi d’arma.
Tuttavia questi provvedimenti richiedono tempi lunghi e sono di là da venire; nel breve periodo l’industria russa che ha avuto due anni di tempo per convertirsi alla produzione bellica e ha acquisito un vantaggio notevole, potrebbe vincere la competizione, avendo riorganizzato la produzione secondo le necessità belliche e sperimentato armi e sistemi
nuovi di combattimento sul campo, raffinando tecnologicamente i propri prodotti, sia rispetto ai costi che alle capacità distruttive. Costituisce quindi un fatto oggettivo la crescente superiorità sul campo delle truppe russe che peraltro possono disporre di una mobilitazione molto più ampia, facendo riferimento ad un bacino di popolazione di 144 milioni di cittadini.
L’inutile massacro sui territori ucraini può continuare mentre è possibile che il conflitto in Palestina, pur rimanendo aperto, si raffreddi dopo l’olocausto definitivo dei gazawi, prima della guerra in Ucraina.
I nuovi assetti geostrategici in Europa
C’è da dire che la rescissione dei legami economici e commerciali tra l’Europa e la Russia e il volgersi di quest’ultima verso il mercato cinese, quello indiano e quello dei BRICS, ha avuto delle conseguenze rispetto all’evoluzione dell’apparato produttivo del paese, decisamente non previsto, in quanto ha permesso lo sviluppo in Russia, di numerose attività produttive relative a beni e servizi, prima importati, e dei quali era divenuto impossibile disporre, a causa delle sanzioni, ma dei quali continua ad esservi richiesta a causa dell’evoluzione del costume sociale, delle abitudini alimentari, dei bisogni dei consumatori e del mercato.
Mentre la propaganda occidentale continua ad agitare lo spettro di una Russia interessata ad estendere le proprie frontiere in Europa il paese ha trovato da tempo nel suo radicamento politico militare in Africa lo sbocco alla sua economia, cercando di acquisire il controllo commerciale e la gestione del mercato delle materie prime, dell’energia e dei metalli preziosi, subentrando in molti casi al decadente post colonialismo francese. Nello stesso tempo opera in partnership con la Cina nella colonizzazione e nella messa approfitto dei territori del nord del pianeta, resi liberi dal
ghiaccio a causa dello scioglimento progressivo della calotta polare artica, costruendo insediamenti di popolazioni, porti, infrastrutture, lungo la rotta del passaggio a nord, e questo al fine di togliere spazio e prospettive alla rotta mediterranea, gravata dalla strettoia del canale di Suez e dalla guerra incombente che dilania quei territori.
Questo mutamento degli obiettivi strategici della Russia sfugge completamente alle analisi politiche dei paesi facenti parte dell’Unione europea che, opportunamente stimolati dagli Stati Uniti, sono indotti a destinare le loro risorse ad un inutile riarmo, omettendo dall’intervenire in settori ben più promettenti di investimento economico e politico, di approvvigionamento energetico e di materie prime.
Soprattutto dopo lo stanziamento di 60 milioni di dollari per armamenti all’Ucraina da parte USA la guerra non potrà che trascinarsi, purtroppo ancora per molto tempo, anche se non vi sono dubbi sul risultato finale, costituito dalla desertificazione del territorio ucraino, dal suo sempre più accentuato suicidio, dal contemporaneo arricchimento sui cadaveri degli ucraini e dei russi degli oligarchi di ambedue i paesi, mentre le economie dei paesi dell’Unione europea continueranno a svenarsi, compromettendo la loro stabilità interna, con il venir meno della sempre maggiore
dell’efficienza del loro welfare, le loro possibilità di sviluppo economico, la loro capacità di reggere i ritmi d’innovazione della produzione di beni e servizi, con un risultato inevitabile: il progressivo impoverimento del continente europeo e il suo sempre maggiore degrado.
La Redazione