ALLA DERIVA

Il Paese si sta avvitando in una crisi economica ormai imminente anche se molti fanno finta di non vedere e non sentire. Intanto continua l’ascesa della Lega a primo partito del paese e cresce il consenso personale intorno al suo leader che incarna la voglia di bullismo dell’italiano medio, bullismo tanto più grande quanto più la persona è povera, vive una condizione economicamente difficile e disagiata e si trova da sola ad affrontare la miseria del vivere.
Distrutta la coscienza di classe, annientata la solidarietà, disperse le forze di coesione degli sfruttati, non rimane che la ricerca della salvezza individuale, affidandosi all’ombra del capo, alla protezione del padrone, alla tutela dell’uomo forte, o almeno di quello che si presenta come tale.
Si erano offerti come un rimedio i 5 stelle: la gran parte dell’elettorato è caduta nell’illusione. Costoro si sono proclamati l’antidoto alle nefandezze del neoliberismo e alla politica dei sacrifici, hanno predicato pace sociale, hanno prospettato una risposta “dolce e democratica” allo sfruttamento in nome del rifiuto della casta, dell’onestà, della lotta ai privilegi, della trasparenza, prospettando una decrescita felice, fatta di lotta all’inquinamento, di acqua pubblica, di ecologismo, di superamento del lavoro alla ricerca della felicità, prospettando l’idea che la società era così opulenta che si poteva vivere delle briciole dei ricchi, sottraendosi allo sfruttamento, affidandosi alla loro tutela.
L’elettorato ci ha creduto, ma la maggioranza guadagnata nelle urne non è stata sufficiente per governare e allora ecco l’alleanza con chi rappresenta quella parte del paese nella quale si annidano le cause di quanto stava accadendo: un’alleanza innaturale, incestuosa, dagli effetti devastanti, che ha portato con sé la graduale (e rapida) svendita di tutti i principi assunti a valori per abbindolare l’elettorato. I padroni e il partito che in questa fase li rappresenta, la Lega, si sono dichiarati disponibili ha sottoscrivere un contratto, ma hanno chiesto (e ottenuto) in cambio l’anima; qualche beneficio per una parte dei poveri in cambio dell’oppressione dei più poveri (i migranti), legittimazione del lavoro nero, creazione di una massa di “invisibili” che costituiscono un perenne esercito di riserva al quale è possibile attingere, pensionamento facilitato con una misura transitoria, ma soprattutto divisione degli sfruttati, distruzione della solidarietà di classe, delle sue radici culturali e materiali, introduzione di una narrazione divisiva della povertà e della miseria finalizzata ad impedire ogni lotta comune contro lo sfruttamento, fidelizzazione politica crescente e consenso al partito dei padroni, ad una destra ideologica che ha saputo abilmente presentarsi come capace di risolvere i problemi sociali e si propone la distruzione delle libertà civili e dei diritti delle donne.

Il trappolone

Ora che il trappolone sulla processabilità del Ministro degli interni è scattata avrà effetti devastanti sui 5stelle, i quali hanno dimostrato la loro inconsistenza politica, la loro propensione alla difesa della casta pur di restare al Governo. Scomparso il “demagogo errante”, ormai trasformatosi in “demagogo malinconico”, alla ricerca penosa di applausi, è rimasto in pista il doppiopettista, capo del Movimento, innamorato delle poltrone e succube di un rapporto non più incestuoso con la lega, già entrato a far parte della casta. Sbaglia chi pensa a quanto è avvenuto personalizzando i rapporti tra i leader di lega e 5stelle. La questione non è un problema di rapporti personali, ma di rapporti politici tra le linee portanti di due partiti, i loro programmi, la loro essenza, la loro ideologia.
È vero che nel sistema elettorale proporzionale i governi sono necessariamente di coalizione quindi era ovvio che nello stipulare un’alleanza ognuna delle parti doveva cedere qualcosa ma il prezzo pagato dai 5stelle – per loro scelta – è altissimo e tale da rompere il blocco sociale che li aveva portati a raccogliere tanto consenso. Il razzismo sempre più diffuso è legittimato; basta guardare ai mille episodi che giorno dopo giorno ci raccontano di un paese che vede negli immigrati le cause dei propri mali, che crede nella favola che sono troppi, che accetta che vengano vessati, lasciati crepare nella miseria e nel degrado, che considera i non nati in Italia delle persone da discriminare sulla base della parola d’ordine prima gli italiani, inevitabilmente seguita da aiutiamoli a casa loro.
Siamo di fronte a un paese irriconoscibile anche rispetto a soli 5 anni fa; un paese ormai indifeso, al quale i partiti di sinistra parlamentare, primo tra tutti il PD, hanno tolto ogni arma di difesa, disarticolando le organizzazioni di massa e le loro stesse organizzazioni sul territorio. Non abbiamo dimenticato che il governo che per primo e più tenacemente ha negato i diritti di contrattazione alle organizzazioni sindacali e ai lavoratori è stato quello del bandito di Rignano sull’Arno, espressione insieme ai suoi accoliti di una piccola borghesia di avventurieri di provincia, abituati a navigare tra il lecito e l’illecito, a vivere all’ombra di “affarucci”con la pubblica amministrazione, di intrallazzi con le banche, di truffe al fisco, di elusione degli obblighi contributivi. E quando i nodi vengono al pettine si grida alla persecuzione, alle manovre politiche, all’uso ad orologeria della giustizia, alla persecuzione di padri e madri!

Gli utili idioti

La novità è che chi fino a ieri ha chiesto e ottenuto consenso oggi non può più invocare l’onestà perché è ormai parte della casta. E nel vendersi ha scelto il padrone peggiore: il leghismo che non è oggi altro che un partito di destra che ha rielaborato strategie e programmi politici per proporre una nuova ed attuale fascistizzazione dei rapporti sociali e produttivi. Lo fa in mille modi: nella sostanza e nei simboli. Per capirlo basta cominciare provando a chiedersi quale capo di Stato amasse andare in giro in divisa e un breve esame storico ci trasmette al figura di Führer, oggi opportunamente riproposta nell’italico “capitano”. Né si tratta di una mera assunzione di simboli perché simile è l’uso della propaganda, identici i valori di razza (prudentemente tradotti in etnia), il richiamo ai valori identitari della religione, della tradizione, – manipolata a proprio uso e consumo – e soprattutto all’uso della donna come depositaria della procreazione a fini identitari e demografici.
Non è affatto un caso che la Lega abbia chiesto e ottenuto il ministero degli interni per gestire militarmente il conflitto sociale e la questione demografica, il ministero della famiglia per introdurre progressivamente lo smantellamento della legislazione sociale a tutela della donna, il ministero dell’istruzione per dare in proprio imprinting alla formazione delle future generazioni, il ministero della riforma dello Stato per costruire attraverso l’autonomia differenziata la frammentazione del Paese, nell’illusione di poter continuare a godere nelle regioni del nord dei riflessi positivi derivanti dai rapporti con l’economia tedesca.
L’unica debolezza di questa strategia non risiede nelle forze che ad essa potrebbero e dovrebbero opporsi e tanto meno in una opposizione di sinistra al momento assente e silente per non aver sviluppato un’analisi della fase e per aver rinunciato al proprio ruolo sociale, incapace di riflettere sui propri errori e sulla sua subordinazione alle politiche neoliberiste. Gli ostacoli provengono da ragioni strutturali, ovvero dal fatto che lo sviluppo dell’accumulazione capitalistica che punta sulle capacità produttive del nord del paese e segnatamente del nord est, è destinata ad andare in crisi a causa delle profonde ristrutturazioni che coinvolgeranno l’economia tedesca facendo perdere al distretto lombardo veneto quel ruolo succedaneo dell’economia tedesca che fino ad ora ha ricoperto e sul quale ha coltivato il progetto di autonomia.
L’unica salvezza per le capacità produttive del nord del paese è quella di riuscire ad agganciare il resto del paese. sviluppando gli investimenti nel centro e nel sud anche attraverso una politica di potenziamento delle infrastrutture e l’insediamento di distretti produttivi incentrati su assi diversificate di sviluppo che vanno dal turismo all’agricoltura di qualità, dalle nuove tecnologie legate al digitale all’industria della formazione e della conoscenza.
Ma per farlo occorrerebbe concentrare gli investimenti in infrastrutture, nella produzione di energia, nello sviluppo dell’istruzione, nell’industria alimentare moderna e di mercato, nel turismo, nel godimento dei beni culturali e ambientali, per utilizzare i quali è necessaria una politica di manutenzione e restauro del territorio.
Sulla base di questa consapevolezza le forze della sinistra superstiti dovrebbero esse capaci di produrre una proposta intorno alla quale costruire delle alleanze. E’ questa un’alternativa possibile a una destra dal volto nuovo ma dai vecchi consolidati valori di oppressione e negazione della libertà e dell’uguaglianza.

La Redazione