DUELLANTI IN COMMEDIA

I due vice premier hanno messo in atto un duello che si trascina e rinnova con colpi di scena finalizzati ad attirare e interessare gli elettori. Si tratta per ora di uno scontro per mascherare e giustificare una sostanziale concordia nella gestione degli affari e delle clientele, mantenendo in vita il governo. Dopo le europee si tireranno le fila. Ma, a volte, il gioco sfugge di mano!

Certo i 5stelle avevano bisogno di reagire alla continua erosione di consenso praticata dalla lega, approfittando della incompetenza, superficialità e pressappochismo dei propri ministri certamente non sostenuti da una linea politica meditata e attenta alle proposte da realizzare. Facendo un bilancio di quest’anno di governo si vede con chiarezza che le misure adottate hanno ottenuto effetti del tutto diversi da quelli pensati e propagandati. Quota cento voluta dalla Lega ha avvantaggiato in gran parte impiegati statali che nella loro maggioranza avrebbero ben potuto continuare a lavorare e non ha certamente risolto i problemi di coloro che, indipendentemente dall’età, svolgono lavori usuranti. Costoro sono rimasti al lavoro e senza alcun sostegno.
Il reddito di cittadinanza si è rivelato macchinoso da richiedere, insoddisfacente nei risultati, perché frutto di una scarsa conoscenza della mappa e composizione della miseria nel paese. L’impostazione razzista del governo ha intanto escluso cittadini immigrati, per il semplice fatto di essere nati fuori da questo paese, ma costoro sono a tutti gli effetti sul mercato del lavoro e continuano a costituire un serbatoio di lavoro a nero e sottopagato. Ha escluso gli incapaci di seguire la trafila burocratica, facendo guadagnare CAF e consulenti peraltro capillarmente presenti solo in una parte del paese: ha usato il possesso di un’immobile, sia pur fatiscente come ragione sufficiente per escludere dal provvedimento persone in reale stato di indigenza, fallendo in parte l’obiettivo che si era proposto.
Tutto questo è stato pagato in moneta sonante dai proletari con l’abbandono della solidarietà verso i migranti e il consenso all’esistenza di un mercato del lavoro clandestino, con l’abbandono di ogni attività d’integrazione attraverso le istituzioni. Oggi gli omicidi sui posti di lavoro continuano e così pure gli incendi nelle baraccopoli che condannano alla sporcizia, all’indigenza, allo sfruttamento, alla morte i lavoratori migranti (1100 morti sul lavoro quest’anno!). Il mercato del lavoro è ancora più duale tra cittadini da una parte e un esercito di lavoratori destinati ad essere sottopagati e a
lavorare senza garanzie del quale entrano a far parte le fasce impoverite di proletariato urbano (immigrato e nato in Italia). Questo avviene mentre le periferie cadono una dopo l’altra nelle mani dei fascisti, i quali impongono il loro controllo sul territorio senza trovare ostacoli, arrivano ad imporre ad un prete di non dare pacchi di aiuto alimentare a famiglie rom. Contrastano l’assegnazione della casa a una famiglia che ha regolarmente fatto domanda e superato una graduatoria imponendo al suo posto militanti politici fascisti che non avevano fatto nemmeno domanda, come avvenuto a Roma. E tutto questo raccogliendo il consenso dei disperati e degli emarginati e il sostegno delle istituzioni. Ci sono qui e là episodi, casi di resistenza sul territorio, ma sparsi ed isolati, ignorati dai riformisti, sempre più stetti ai margini dall’azione repressiva del governo e dall’incapacità della sinistra nel suo insieme di offrire un’alternativa e soprattutto di tornare ad essere presente sul territorio.

Giochi di palazzo e crisi di governo – governo in crisi

Intanto si sviluppa lo scontro mediatico sulle collusioni col malaffare. Hanno iniziato i 5stelle con il presidente dell’assemblea capitolina indagato e arrestato, subito espulso, seguito a ruota dalla presidente della Regione Umbria subito dimessasi e buon ultimo è arrivato un sottosegretario della lega, già reo confesso e condannato per bancarotta fraudolenta e truffa all’erario: un personaggio proprio adatto a progettare la Flat Tax per togliere ai poveri e dare ai ricchi. Una buona compagnia: non c’è che dire! E i 5stelle, paladini dell’onestà, si accorgono ora di aver imbarcato un pregiudicato al governo, loro, così puliti ! Ma quando si deve far polemica e guadagnare voti tutto fa brodo.
Cosi la maggioranza fa anche da opposizione opposizione e litiga sul ripristino delle Provincie come sull’autonomia regionale differenziata, sul TAV, sui valori e le libertà civili, sull’antifascismo e su qualunque argomento dovrebbe servire ad evidenziare delle differenze che in realtà non ci sono. L’opposizione, da parte sua tace, travolta dal diluvio di foto e di messaggi sul web, che hanno il solo fine di tenere viva l’attenzione, sfuggendo alla sostanza. Anche se le ragioni dell’alleanza tra i partiti al governo sembrano finite le parti in commedia sanno di dover andare avanti così. Il comandante della Lega, mitragliatore in mano, sta forse sbagliando i calcoli: sta rimandando troppo la rottura e ormai è troppo tardi. Se ne riparlerà a settembre, ma sotto l’incubo del disastro economico che la Lega spera di evitare confidando in una vittoria nelle elezioni europee e nella benevolenza futura dell’Unione Europea, grazie alla componente sovranista, poco calcolando che gli amici ungheresi e polacchi sono i meno favorevoli alle politiche in deficit di bilancio, abituati come sono a fare dumping salariale rispetto agli altri paesi per potenziare le loro economie attirando investimenti.
Certo una profonda revisione delle politiche in campo economico e sociale dell’Unione è necessaria ma cominciando a rimuovere il Fiscal Compact dalla Costituzione italiana e dagli obblighi comunitari, avviando il coordinamento delle politiche fiscali, introducendo il salario minimo in tutta l’Unione, ostacolando in ogni modo il dumping salariale e impedendo quindi che i padroni spostino il lavoro a seconda di dove riescono a dare salari più bassi e ottenere un più ampio orario di lavoro. La schiavitù e il maggior sfruttamento di ogni lavoratore nel proprio paese si traduce nell’Unione in minori diritti e minor salario per tutti. Ma di questi problemi i grandi critici dell’Europa non parlano, preferendo sventolare la bandiera della sovranità vuota di contenuti ripiegati sulla difesa delle tradizioni, delle etnie, spaventati dalla contaminazione culturale e dei costumi.
Si alimenta così una politica xenofoba che sfugge al vero problema che rimane quello della diseguaglianza e dello sfruttamento. Al lavoratore non può e non deve interessare la nazionalità del padrone, ma la sua collocazione di classe, il fatto che il padrone espropria il lavoratore di ciò che produce, corrispondendo un salario che è frutto di ricatti e sottomissione al potere, dal quale l’imprenditore estrae il profitto. Anni d’addomesticamento culturale e politico hanno reso nobile il mestiere dell’imprenditore, cucendogli addosso l’immagine di colui che generosamente e genialmente inventa l’attività di impresa, tacendo del fatto che l’imprenditore vive del plusvalore estorto al lavoratore agendo in accordo col finanziere che lo sostiene.

Per un’Europa solidale e sociale

Nella situazione internazionale attuale nella quale il mercato vede operare grandi aggregati di Stati e le multinazionali non possiamo pensare altra soluzione che quella di assicurare uno spazio unico a tutti i popoli d’Europa lottando insieme per eguale salario, eguali garanzie sociali, combattendo insieme una battaglia per la liberazione dello sfruttamento cercando la solidarietà degli altri popoli del pianeta, comprendendo fino in fondo che il sistema di sfruttamento capitalistico è malato, che non può che produrre altro che l’auto distruzione. L’allarme ecologico lanciato dai giovani di tutto il mondo non può bastare, è la critica necessaria degli effetti dello sfruttamento capitalistico del pianeta; ma la causa della perversione di tutto ciò che è natura umana dipende dal sistema sociale che gli uomini e le donne hanno costruito dipende dallo sfruttamento di ogni essere umano verso l’altro.
Combattere questa perversione è essenziale si vuole salvare l’umanità perché solo una profonda modifica dei rapporti sociali e produttivi può permettere la ricerca ragionevole di soluzioni possibili. È per questo che la lotta per l’ecologia deve essere tutt’una con quella contro lo sfruttamento; la presenza di uno spazio unico europeo è una delle condizioni essenziali per consentire la crescita della consapevolezza di tutto ciò e lo sviluppo di una lotta radicale per le liberazione dalla miseria e dalle disuguaglianze.
Restare prigionieri all’interno degli angusti confini degli Stati, impegnarsi in una competizione per strapparsi il dominio dei mercati non è solo una lotta impari fra economie gigantesche e piccole realtà territoriali, ma il frutto di una mentalità ristretta che non coglie le dimensioni del problema. Ma come può oggi uno stato imporre a una multinazionale che ha un bilancio dieci op venti volte più grande del proprio il rispetto delle regole sul suo territorio ? Come possono gli Stati opporsi alla concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi oligarchi che dominano la finanza mondiale se non
costituendo degli aggregati territoriali sufficientemente ampi da poter imporre delle regole al mercato? Alla luce di queste considerazioni la dimensione sovranista si rivela velleitaria e fallace, diventa il progetto già morto del desiderio di dominio e di comando di uomini e donne che guardano al passato e cercano di costruire un mondo immaginario, spaventati dal futuro, oppressi dal cambiamento, incapaci di vedere nella presa di coscienza collettiva la soluzione ai problemi della convivenza tra persone tra loro diverse, con desideri, abitudini, costumi, esigenze differenti.
Questa consapevolezza sfugge in particolare ai partiti oggi al governo nel nostro paese, sfugge alle forze sovraniste ma è estranea anche a quelle forze che si dicono europeiste e che non hanno compreso che senza la trasformazione profonda delle regole che presiedono alla convivenza e, in particolare, senza una maggiore giustizia sociale, senza politiche del lavoro, senza strategie sociali inclusive e senza una profonda trasformazione dei rapporti sociali e produttivi non c’è soluzione possibile.
Eppure bisogna fare in fretta perché il tempo non è molto: lo dimostra quello che sta avvenendo a livello climatico. E’ stato attivato un timer e il tempo per il cambiamento si stà riducendo: dopo nulla sarà come prima anche se i detentori della ricchezza pensano comunque di riuscire a sopravvivere almeno per quanto dura la loro vita biologica e credono che alla fine il mondo sarà loro.

La Redazione