SALVINI L’ANTITALIANO

Parole e fatti. Facile essere coerenti alle proprie sbandierate opinioni, anche se dissennate, quando gli oppositori sono del tutto indifesi. Disperati, in balia degli elementi, perseguitati dai propri aguzzini, sradicati dalle loro terre per guerra, fame e disperazione, trovano alle porte di quella che ritengono la soluzione ai propri problemi esistenziali un eroe senza macchia che col vigore del suo petto dice di difendere i propri cittadini da un’invasione inesistente, da un pericolo paventato quanto irrisorio. È vero, vengono da altri paesi e trovano sfruttamento, condizioni di vita inaccettabili, forniscono manodopera a bassissimo costo a rapaci imprenditori, favoriscono gli sporchi affari di persone prive di scrupoli che lucrano sull’accoglienza; ma la soluzione non è ricacciarli nella loro miseria, bensì vigilare sul modo in cui vengono trattati nei luoghi di prima accoglienza e nei campi di lavoro agricolo del sud Italia, sulla criminalità organizzata che trova nella loro emarginazione e nella loro povertà assoluta un terreno favorevole al loro reclutamento nelle periferiche diramazioni del proprio impero illegale.
In altro luogo di questo giornale viene analizzato l’ultimo libro di Federico Rampini, che ci ricorda che sono state le precedenti amministrazioni democratiche a pensare ai muri confinali prima di Trump; quello che il nostro giornalista dalla erre moscia ha perso di vista nel proprio peregrinare in mezzo mondo e nel suo uniformarsi alla società statunitense cui ha finito per integrarsi sono i principi dell’essere di sinistra, tanto da scambiare per progressisti veri i democratici statunitensi e da dimenticare che è stato il “democratico” Billy Clinton a dare libero sfogo al capitalismo finanziario e che è stato il “democratico” Barack Obama a scatenare i peggiori conflitti più recenti nel Medio Oriente.
Il problema del nostro baldanzoso Ministro degli Interni e che tanta sicumera sbandierata contro i migranti vacilla miseramente difronte ai potenti. E non stiamo parlando delle schermaglie verbali, ad uso del fronte elettorale interno, con la Commissione europea. A rivelarlo è il suo recente viaggio negli Stati Uniti d’America, fatto anche questo di molta facciata e poco arrosto, ma dove ha mostrato il suo animo servile. Un Matteo precedente, il bulletto della provincia toscana, nei quattro anni di governo ha sprecato un’occasione storica per il paese. La congiuntura economica internazionale, mai stata e che forse non lo sarà di nuovo mai più altrettanto, favorevole lo ha colto ignaro ed impreparato. Il tono del quadro economico internazionale presentava una timida ripresa, il prezzo del petrolio era ai suoi minimi da molto tempo ed il Governatore della Banca della Centrale Europea irrogava moneta nel sistema bancario del continente, favorendo grandemente l’Italia. Una sinergia che avrebbe consentito una ripresa più sostenuta e forse duratura, ma che è stata giocata a fini elettorali non producendo alcun effetto significativo.
Oggi queste condizioni non esistono più. La congiuntura internazionale sputacchia persino in Cina, minando le esportazioni su cui improvvidamente il paese ha puntato per rilanciare l’economia. Le altre due condizioni incontrano i più forti ostacoli proprio nell’Amministrazione Trump. Gli Stati Uniti d’America, con il proprio interventismo in Venezuela e contro l’Iran fa impennare il prezzo del greggio al solo scopo di rendere competitivo il prezzo del petrolio estratto dagli scisti bituminosi di cui sono ricchi, ma al momento troppo alto perché esso sia competitivo. E quando Draghi annuncia il proseguimento del “quantitative easing” Trump tuona a lesa maestà, dimenticando che la Fed statunitense negli anni scorsi ha pompato nel sistema economico di quel paese un mare di dollari per sostenerne la congiuntura.
È ovvio che questi interventi di marca U SA rendono più difficili le già difficili condizioni dell’economia italiana e di conseguenza vanno contro gli interessi degli “italiani”; ma ciò non conta per il leader leghista per il quale, in cerca di legittimazione internazionale, si è prostrato ai piedi dei suoi padroni, anche quelli in seconda fila, visto che “Lui” non l’ha incontrato, relegando gli italiani dietro ai propri interessi: gli italiani non vengono più al primo posto quando sono di fronte ai padroni del mondo od aspiranti tali.

S.C.