SOVRANITÀ POPOLARE E FINE DELLA LOTTA DI CLASSE

Il 2018 è stato anno in cui si sono svolte varie tornate elettorali, il cui segno non è molto rassicurante. Elezione viene da latino eligere, cioè scegliere e scegliere non è un’attività di routine: comporta consapevolezza di ciò che si desidera e contezza del fatto che a qualcos’altro si rinuncia. Ora i risultati che abbiamo sottomano, hanno sicuramente origine in situazioni di difficoltà sociale, affondano le proprie motivazioni nella storia recente dei singoli paesi, scaturiscono dagli errori commessi dalle cosiddette “sinistre”, termine quanto altro mai improprio. Tutto ciò può certo rendere conto dell’andamento elettorale degli ultimi anni, ovunque si sia andati alle urne, ma non significa che i vincitori abbiano ragione e che coloro che li hanno votati abbiano fatto “scelte” oculate, intendendo per “oculate” scelte coerenti con i propri reali interessi. È vero, ad esempio, che l’esperienza disastrosa della presidenza Hollande ha fornito il retroterra opportuno all’esplosione del fenomeno Macron, ma come non notare che l’improvvisa fiducia riversata su di un personaggio mediatico, le cui capacità nessuno era in grado di valutare, trova giustificazione solo nel bisogno di novità senza altra connotazione politica? Ne sono prova evidente la sollevazione popolare contro il Presidente giunto all’indice più basso di gradimento dei Presidenti della Repubblica fatti dei quali parleremo in altre parti di questo numero.
E così il 4 marzo in Italia il rigetto dell’arroganza autoreferenziale di Renzi ha consentito il plebiscito a favore dei 5stelle nonostante le prove a dir poco mediocri fornite nei governi delle grandi città a loro tempo conquistate e l’assoluta genericità dei loro programmi. Ed ugualmente in Brasile i fenomeni di corruzione, per altro non certo nuovi in quel paese, hanno reso possibile l’ascesa di un vecchio arnese della dittatura militare, per nulla pentito, anzi intenzionate a fare di più e di peggio, caratterizzato da idee di cui qualsiasi persona dotata del minimo buon senso non potrebbe che vergognarsi. In tutti questi casi ci sono dei buoni motivi di disagio per spingere il comportamento di coloro che si recano alle urne a cercare un punto di visibile cambiamento; il problema è che tutte queste “scelte” non ottengono un mutamento radicale di linea politica, ma solo un aggiustamento mimetico delle vecchie impostazioni, cambiano le facce, le parole d’ordine, gli atteggiamenti, ma resta fissa la struttura sociale origine di quel disagio che non viene in tal modo risolto.

Le elezioni di midterm negli Stati Uniti d’America

Le recenti elezioni di midterm negli Stati Uniti d’America rispondono a parametri di poco diversi, anche se a suo tempo l’elezione di Trump alla presidenza non turba lo schema (delusione derivate dalle mancate promesse di Obama ed una candidata democratica legata a filo doppio con “i padroni del vapore”). La recente tornata elettorale invece indica che la sapiente gestione della propria immagine di distruttore degli schemi lungo i quali si è mossa da lungo tempo la politica statunitense, ha per il momento pagato, consentendo all’estemporaneo personaggio di ottenere una sconfitta parziale e non definitiva, anche se foriera di non pochi problemi.
Tutte le esperienze sopra menzionate stimolano alcune riflessioni sul valore delle elezioni all’interno di una democrazia rappresentativa e sul reale significato delle parole della politica nell’attuale frangente. È ben noto che gli anarchici non sono mai stati particolarmente appassionati ai tornei elettorali, anche se li hanno utilizzati in particolari circostanze. Erano teorie nate in un’epoca in cui il voto censitario escludeva le classi meno abbienti, per non dir delle donne che solo più recentemente sono state ammesse alle urne. I marxisti, invece, a partire dalle Seconda Internazionale ed in quasi tutte le loro successive trasformazioni si sono appassionati ai risultati elettorali, dimenticando il famoso detto di Marx, nell’Ideologia tedesca: “In ogni epoca le idee della classe dominante sono le idee dominanti”.
Se ciò appariva incontrovertibile già a metà del XIX secolo, ora che i metodi di controllo del pensiero collettivo si sono irrobustiti e potenziati esponenzialmente, il detto di Marx si mostra molto più fondato. È vero, la cultura media si è notevolmente innalzata, ma contemporaneamente gli strumenti per condizionare le menti degli elettori sono cresciuti di più. Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich, soleva dire che una bugia ripetuta più volte, diviene una verità ed aveva capito che la radio era uno strumento che poteva condizionare potentemente le menti dei suoi sudditi. Diviene oggi sempre più difficile controllare la veridicità delle notizie che i controllori di un’informazione sempre più pilotata dalla “classe dominante”, fanno filtrare ai “nuovi sudditi”. Lo sviluppo tecnologico ha offerto a queste tecniche manipolative sempre nuovi strumenti: si va dalla televisione, gestita con criteri clientelari pressoché simili a quelli della stampa alla rete che da l’illusione di libertà, manipolata da centri organizzati di diffusione di false notizie che ne orientano il dibattito. Si aggiunga che le facoltà critiche degli individui vengono sempre più depotenziate da un’istruzione sempre più addestrativa e sempre meno formativa. Si aggiunga, inoltre, che le forme di aggregazione sociale vanno via via estinguendosi: case del popolo, sindacati, persino le parrocchie sono sempre meno frequentate, lasciando gli individui in balia della solitudine, dell’isolamento, al condizionamento dei mass media e dei social network.
In tali condizioni è insostenibile la retorica della sacralità del voto, per cui ciò che esce dalle urne sia non criticabile, perché sarebbe come criticare gli elettori, che “non sono stupidi”; è ovvio che il voto esprime uno stato d’animo che ha le sue motivazioni, anche profonde, ma ciò non significa che questo stato d’animo si riversi verso lidi che gli siano confacenti, anche perché l’offerta politica è decisamente scarsa e questa considerazione aprirebbe un altro campo di dibattito. La classe non è scomparsa, come si ama sostenere, ma crollate le sue certezze, le sue forme di aggregazione, la sua continuità territoriale, la contiguità sul posto di lavoro, l’uniformità delle sue condizioni contrattuali, la sua coscienza fatica a formarsi. La mediazione tra classe e coscienza di classe è sempre stato un problema politico (se si eccettuano gli spontaneisti), ma ora questo nesso è molto più difficile da riannodare.
Un altro grande equivoco pervade il dibattito politico attuale: il concetto di “popolo”, o peggio ancora quello settecentesco di “cittadini”. C’è addirittura qualche filosofo che, ritenendosi marxista, reputa che la lotta di classe sia ora quella tra le nazioni e gli enti sovranazionali emanazione della finanza, dimenticando che la frattura tra le classi attraversa orizzontalmente le nazioni e il popolo ed i nemici non stanno davanti alla trincea, ma alle spalle dalla nostra stessa parte. Il popolo è un’entità indistinta, i cittadini non sono tutti uguali se non nelle finzioni giuridiche, gli interessi sezionano una società in gruppi diversi e divaricanti, se non altro perché le ricchezze vanno sempre più concentrandosi su pochi appartenenti alla “classe dominante”, lasciando la maggioranza dei “cittadini” in condizioni economiche sempre più precarie. Non è finita la classe, non siamo tutti sulla stessa barca, non è la finanza europea che ci minaccia, ma i finanzieri italiani, i banchieri italiani, i padroni italiani, che sulle politiche europee, da loro concertate, continuano a lucrare. O prenderemo coscienza di questo o continueremo ad essere irrimediabilmente “sudditi”, chiunque noi eleggeremo a governarci. Occorre ricucire un tessuto di solidarietà di classe da riannodare al filo rosso della rivoluzione sociale.
Questo si fa lavorando alla crescita di luoghi di aggregazione sul territorio, alla creazione e sperimentazione di nuove alleanze costruite sui bisogni, facendo crescere nella società forme alternative e di classe di aggregazione sociale.

Saverio Craparo