LE RAGIONI DELL’IRA

No, noi non siamo rancorosi, ma irati o se si preferisce, incazzati. Vorremmo vedere Renzi e i suoi fisicamente alla gogna, fare il giro delle piazze d’Italia. Siamo violenti? Si, ma chi lo ha detto che un po’ di violenza non fa bene alla salute delle vittime e non serve a redimere chi ha sbagliato?

L’umiliazione di chi ha danneggiato la collettività, da che mondo è mondo, fa bene alle donne e agli uomini ed evita di dover ricorrere a metodi più cruenti. E noi perseguiamo questo obiettivo con tenacia e determinazione e non ci fermeremo fino a quando il PD non sarà ridotto a un cumulo di macerie, fino a quando le opzioni politiche e culturali che lo hanno ispirato, la memoria stessa di coloro che furono i suoi dirigenti non verrà cancellata dalla storia e dalla vita politica italiana, persino nei suoi eredi.

Alle origini del PD

Noi non abbiamo dimenticato e ricordiamo che i dirigenti del Partito Comunista Italiano costruirono il Partito sullo sterminio in Russia e in Spagna delle avanguardie operaie e rivoluzionarie che non erano in linea con le indicazioni della direzione stalinista e che suoi militanti e poi dirigenti come Luigi Longo e Vittorio Vitali furono cacciatori e poi assassini di anarchici in Spagna. Ciò non significa che noi comunisti anarchici non rispettiamo e ammiriamo le lotte del proletariato italiano e anche dei tanti militanti che si sono riconosciuti nel PCI. Affermiamo tuttavia che il proletariato italiano ha il torto di essersi fidato del PCI e dei suoi dirigenti e noi, storicamente, la colpa di non essere stati capaci di rimuovere questa falsa coscienza, proponendo una strategia e un programma credibile di emancipazione sociale e di liberazione dal bisogno.
L’altro partito che ha concorso alla formazione del PD è stato quello democristiano che ha schiacciato l’Italia postbellica sotto una “dittatura democratica”, che ha dato vita ad un sistema di corruttela e di consorterie sociali del quale sentiamo ancora oggi il peso. Il consociativismo familistico, gli apparati sostenuti dalle clientele sono nate e si sono consolidate con la DC.
L’unificazione di queste due anime nel PD venne gestita da un cinofilo autore di romanzi dalla trama non originale che si inventò la cazzata del partito a vocazione maggioritaria. Per farla breve, ora la gestione renziana ha portato questo partito alla decomposizione sotto la gestione di circoli familistici come quello del “Giglio magico”, all’interno del quale brillano personaggi come l’attuale Ministra dei rapporti con il Parlamento la quale – giustamente – si dilettava e si diletta di banche e in particolare di quella dell’Etruria, della quale era vice presidente il suo papà, per essere stata “avvocato civilista, specializzata in diritto societario e dell’impresa, diritto delle società quotate e diritto bancario.” Pertanto la Ministra, ad essere buoni, non faceva che esercitare la sua professione in difesa degli orafi aretini, come ha dichiarato, dei cui interessi si faceva paladina, a danno dei risparmiatori e del Paese. Ciò detto quello che a costei andrebbe se mai rimproverato è quello di essersi dichiarata competente in diritto costituzionale, predisponendo la riforma della Costituzione confusa e pasticciata, poi bocciata dalla grande maggioranza degli italiani e giudicata una porcata da gran parte del mondo accademico qualificato.

Non per fatto personale

Ciò detto potrebbe sembrare che da parte nostra ci sia dell’odio personale. Certo non condividiamo l’ammirazione di Vittorio Feltri per le forme della Ministra, ritenendo che le forme non bastano per piacere e che ci sono delle persone che possono risultare personalmente sgradevoli, uomini o donne che siano, come lo è anche il botolo ringhioso già Presidente del Consiglio. Ma non si tratta di un fatto personale perché sono le sue scelte politiche che profondamente avversiamo. Ma andiamo con ordine. Da quando costui è andato al potere ha sistematicamente smantellato i diritti dei lavoratori, cancellando l’art. 18 che tutelava, almeno in parte, i lavoratori dai licenziamenti senza giusta causa; ha reso lecita la precarizzazione del lavoro con il cosiddetto Job Act, introducendo non solo il contratto a cosiddette tutele crescenti, ma diverse forme di lavoro precario; ha attaccato la scuola pubblica, cercando di smantellarla con la cosiddetta “buona scuola”; ha aumentato i finanziamenti alla scuola privata e confessionale; ha sostenuto e finanziato le imprese senza alcuna contropartita in termini di occupazione; ha smantellato il sistema di tutele sociali, sostituendo la tutela e gli aumenti salariali attraverso il contratto e la contrattazione con bonus temporanei e selettivi per categorie sociali, cercando di farne uno strumento di continuo ricatto, nel tentativo di assicurarsi il consenso, ha favorito la diffusione dell’uso dei voucher accettando prima di abolirli per poi reintrodurli sotto altra forma. In alcune sue parti questo partito ha fatto propria col Ministro Minniti la politica di contrasto all’emigrazione, offrendo il contentino di qualche concessione in materia di diritti civili.
L’effetto forse più grave del renzismo è lo smantellamento dei sistemi di tutela conquistati attraverso le lotte e il tentativo di distruzione dei corpi sociali intermedi, primo fra tutti del sindacato, per sostituirlo con le clientele e i gruppi di pressione, realizzando una frammentazione “scientifica “ degli interessi, in modo che questi non potessero essere ricondotti a un denominatore comune, creando un fronte unitario di lotta. Dando attuazione a politiche progettate per combattere la guerra di classe che i padroni stanno conducendo contro le classi subalterne in tutto il mondo il PD e i suoi gruppi dirigenti si sono assunti il compito di disarticolare la società italiana, di annientarne lo spirito solidaristico, di individualizzarla per dividerla e dirigerla. Questa guerra di classe, questo
attacco disumano all’essenza stessa dell’umanità è stato compreso da molti, ad esempio dalle religioni, che ognuno a loro modo si oppongono a questo progetto, a volte proponendo visioni del mondo e delle relazioni umane altrettanto classiste e segnate dal dominio dell’uomo sull’uomo. Queste considerazioni spiegano tuttavia molte delle posizioni di apertura a livello sociale assunte dall’attuale pontefice cattolico. Sta di fatto che, come tutti possono constatare. la distanza tra i detentori della ricchezza e le classi subalterne aumenta in tutto il mondo e con la crescita della disuguaglianza cresce la povertà. Nelle aree come l’Europa, dove più forte era stata la lotta di classe e la conquista dei diritti, questo divario cresce più lentamente, ma sempre troppo, al punto che si impone una svolta che passa necessariamente per la ripresa della progettualità sia delle forze riformiste sia rivoluzionarie.

Il ruolo dei riformisti… in Italia

Le forze e i partiti riformisti sono in crisi ovunque e sono alla ricerca di nuove strategie, spesso guardando al passato per ripartire e andare avanti. E’ quello che sta avvenendo in Inghilterra, dove il partito riformista più antico del mondo sembra rinascere a nuova vita con il programma messo a punto da Corbin e dai suoi. A questa esperienza sembrano guardare sia la sinistra francese che il neonato partito riformista italiano, liberi e eguali, che potrebbe riuscire nel compito che si prefigge nella misura in cui saprà rigettare nel passato gli errori della degenerazione avvenuta a partire dal 1921 con la nascita del PCI e guardare alle origini genuine e socialiste del riformismo in Italia. Paradossalmente sembra essere giunto il momento di ritrovare le ragioni stesse di un sano socialismo riformatore.

La sinistra rivoluzionaria e di classe

Ma perché la sinistra riformista possa vivere ha bisogno di avere il costante stimolo di coloro che credono nella necessità di preparare la società a compiere il passo decisivo verso l’emancipazione e la liberazione dal bisogno che non può che avvenire che con una rottura traumatica dell’esistente, un profondo rinnovamento che è insieme economico sociale e umano, un rinnovamento che va a lungo preparato attraverso un lavoro costante e un progressivo coinvolgimento di larghe masse di proletari nella gestione della società e della vita di ogni giorno. Ciò non può avvenire senza quella ginnastica rivoluzionaria quella crescita lenta e costante che viene dalla presa in mano da parte di ognuno di noi della propria vita, delle relazioni sociali, dei rapporti economici di quelli umani. Bisogna perciò prepararsi nelle lotte nella rivendicazione di diritti, nella riappropriazione degli spazi sociali e collettivi, nella costruzione di nuove relazioni economiche, di un nuovo rapporto con il lavoro che lo trasformi in una relazione gestibile, capace di assicurare una vita che valga la pena di essere vissuta e al tempo stesso libera dal peso del dominio di chi possiede la ricchezza e il potere.
Per fare ciò bisogna concretamente essere presenti sul territorio, conquistarne gli spazi centimetro per centimetro sottraendoli al qualunquismo e alla destra che rinasce, diffondere esperienze di autogestione e la consapevolezza che solo prendendo in mano il proprio destino e difendendo i propri interessi si può mutare al meglio le proprie condizioni di vita. Queste attività preparano quella ginnastica rivoluzionaria che si accompagna con una progressiva presa di coscienza capace di produrre il cambiamento.

La Redazione