Sionisti criminali

Ultimo nato tra i nazionalismi di fine 800, il sionismo è un movimento politico complesso e composito che si batte per la formazione di uno Stato ebraico nei territori che la Bibbia assegna come propri al popolo ebraico.
Questa ideologia politica, diffusasi soprattutto tra le popolazioni ebraiche dell’Europa centrale ed orientale, costituisce di fatto una reazione all’antisemitismo. Essa si è sviluppata in varie forme: il sionismo socialista che ipotizzava la creazione di strutture di vita comunitaria autogestite, i kibuz, originariamente inclusive anche delle popolazioni autoctone, che abitavano e abitavano la Palestina; il sionismo religioso, che si caratterizza per l’interpretazione letterale delle scritture e preconizza quindi l’attribuzione esclusiva agli ebrei dei territori dal Giordano al mare e l’espulsione da questi degli autoctoni; il sionismo liberale, che persegue la formazione di uno Stato di democrazia occidentale nei territori suddetti, che tollera la presenza di una quota minoritaria degli abitanti autoctoni, Stato protetto e sponsorizzato dal capitalismo internazionale statunitense, anche per ragioni di controllo geostrategico dell’area.
A conclusione di un complesso percorso storico [vedi: I comunisti anarchici, la questione ebraica e quella palestinese, newsletter Crescita Politica 178, nov. 2023] a prevalere è stata quest’ultima versione del sionismo che si è alleata in modo indissolubile con la componente religiosa ed integralista e che oggi ipotizza come soluzione politica per la Palestina la totale occupazione dei territori biblici dell’ebraismo, l’espulsione dei palestinesi, benché popolazione autoctona, da realizzare anche mediante il genocidio di questa e comunque manu militari dai territori storici dello Stato.
Questo obiettivo accomuna sia il territorio della Striscia di Gaza che quello della Cisgiordania, attribuiti dai trattati e dalle Nazioni unite ai palestinesi, nell’ipotesi di costituzione di due Stati interagenti sul territorio della Palestina.
Quando sta avvenendo a Gaza, che ha preso spunto dalla risposta all’azione terroristica messa in atto da Hamas il 7 ottobre 2023, costituisce, con i suoi 41.000 morti, oltre a centinaia di migliaia di feriti la maggioranza dei quali bambini e donne, l’attuazione pratica del genocidio del popolo palestinese: un progetto criminale che ha dimensioni inedite per la sua radicalità e la sua ferocia, se si pensa che la guerra in Ucraina, la cui ultima fase ha avuto inizio nel febbraio del 2022, in due anni e mezzo si calcola abbia prodotto fra gli ucraini non più di 12.000 morti tra i civili (questo almeno è quanto dichiarano osservatori indipendenti ma bisogna aggiungere l’esodo dal paese di circa 8 milioni di cittadini).
Per nascondere al mondo la vergogna del massacro, Israele ha decretato l’embargo alla stampa ai fotografi, ai cineoperatori, ai giornalisti delle televisioni di tutto il mondo e tuttavia non mancano le immagini delle immense rovine e della distruzione totale di Gaza, di ogni infrastruttura, del diffondersi di fame ed epidemie, del totale degrado delle condizioni di vita della popolazione che continua a vagare da una parte all’altra del territorio, sotto la continua minaccia delle bombe e dei colpi di artiglieria.
Ma, in parallelo con quanto avviene a Gaza. i sionisti israeliani stanno sistematicamente provvedendo all’occupazione violenta e criminale della Cisgiordania, mettendo in atto azioni terroristiche, bruciando case e villaggi, uccidendo cittadini inermi, costringendo gruppi di popolazione a spostarsi per lasciare loro il controllo del territorio sul quale essi edificano, finanziati e sostenuti dal governo e dall’esercito israeliano, insediamenti che sono insieme presidi militari, colonizzazione, occupazione del territorio e sua trasformazione, includendolo in quello dello Stato ebraico.
L’obiettivo è quello di creare una situazione di fatto irreversibile che sancisca davanti al mondo l’espulsione delle popolazioni palestinesi dalla loro terra. Di fronte a questo genocidio, a questo immane massacro, il mondo occidentale discute se possa essere usato il termine genocidio, invoca la cessazione delle ostilità, almeno la tregua sul campo a Gaza, non dimenticandosi di recitare il mantra che vuole giustificare comunque l’attività di Israele, sostenendo che esso risponde a quanto avvenuto il 7 ottobre, quello sì, senza alcun dubbio, con i suoi 1400 morti, un genocidio!
Invano, spinta da ragioni elettorali, l’amministrazione statunitense sembra impegnata a perseguire il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Il governo israeliano, nel mentre siede al tavolo delle trattative, innalza il livello dello scontro dando l’OK ad una operazione segreta da tempo preparata. Venuti a conoscenza della decisione delle milizie libanesi di utilizzare per comunicare i cerca persone, al posto dei telefonini, credendo di impedire in tal modo di essere intercettati e localizzati, hanno rispolverato una vecchia arma dei loro servizi segreti, organizzandone una produzione industriale e immettendola sul mercato. L’apparecchio modificato possiede una micro carica esplosiva che viene innescata con un segnale radio. Così a mezzogiorno del 17 settembre i cerca persone sono esplosi ovunque si trovassero, uccidendo o ferendo indiscriminatamente chiunque nel loro raggio di azione.
Come è del tutto evidente siamo di fronte ad un’azione terroristica volta a prolungare e estendere il conflitto per raggiungere il vero obiettivo della guerra in corso: la totale espulsione dei palestinesi dai territori di Gaza come della Cisgiordania, realizzano quindi l’obiettivo di consentire allo Stato ebraico di raggiungere i suoi confini storici. Ma se il
sionismo vuole portare a termine il suo progetto deve poter contare sulla acquiescenza degli Stati arabi e islamici, Tuttavia la contemporaneità tra la guerra ucraina e le operazioni israeliane a Gaza e Cisgiordania rischia di giocare un brutto scherzo a Israele, perché la Russia, pressata dalla necessità di ottenere il sostegno iraniano al suo sforzo bellico
in Ucraina, potrebbe fornire all’Iran l’assistenza tecnica necessaria a dotarsi dell’atomica, sconvolgendo così gli equilibri geopolitici di tutta l’area mediorientale. Potrebbe essere proprio questa la risposta russa, sussurrate alle orecchie di Biden, al via libera all’Ucraina di colpire in profondità la Russia con armi occidentali.

G. L.