Mentre l’idillio tra il suo elettorato e la premier non sembra finire, (anche se regge la percentuale dei votanti ma calano i voti assoluti) il Governo ci racconta che tutto va bene, che il Sud cresce più del Nord, che cresce l’occupazione e che il paese viaggia di successo in successo. Ma se si abbandona la propaganda di regime i fatti dicono tutt’altro. A ben guardare la premier e il suo Governo hanno inanellato una sconfitta dietro l’altra: i “grandi” risultati del G7 di Puglia sono stati presto ridimensionati dai mercati e la decisione più importante assunta, quella di consentire l’utilizzo dei rendimenti degli asset russi a garanzia di un finanziamento a favore di Kiev di 50 miliardi di dollari Sembra essersi dissolta al sole dell’Arabia Saudita. Avverte Bloomberg che la monarchia Saudita nell’apprendere la notizia ha minacciato di vendere i bond degli Stati del G7 nel caso di confisca degli asset russi. È da ricordare che il paese mediorientale detiene riserve valutarie per 445 miliardi di dollari, a cui vanno sommati circa 1.000 miliardi del fondo sovrano (PIF). Di questi, 130 miliardi sono investiti in Treasuries degli Stati Uniti. La minaccia è stata rivolta particolarmente alla Francia, i cui bond sono da settimane sotto pressione a causa delle tensioni politiche interne; la vendita di cospicui pacchetti del debito pubblico francese sembra aver indotto i governi del G7 a più miti consigli.
Il drastico ridimensionamento del gruppo della Meloni presso il Parlamento europeo ha notevolmente ridotto le sue capacità contrattuali nei confronti della von der Leyen e si attendono le trattative sui futuri assetti della Commissione per sapere se e come la premier italiana riuscirà a difendere gli interessi del paese ottenendo incarichi di rilievo nella futura Commissione. A ben vedere lo scaltro leader ungherese si è dimostrato ben più abile della Meloni nel far fruttare la sua rendita di posizione di leader dello schieramento di destra all’interno del Parlamento europeo, ritagliando per sé un ruolo di negoziatore sulla guerra Ucraina al al di là e a prescindere dalle ripetute rampogne degli altri paesi europei.
L’iniziativa diplomatica di Orbàn continua, complice anche quando è avvenuto negli Stati Uniti, tanto che Zelensky, fiutato un possibile mutamento del vento, propone una prossima conferenza di pace con la presenza della Russia senza porre pre condizioni.
In questa situazione Meloni non trova di meglio che ribadire al vertice NATO che a Washington ha salutato la fine della gestione dello stolto Stoltenberg, che invierà ulteriori sistemi d’arma a Kiev e che aumenterà diligentemente sia le spese militari che i finanziamenti al paese in guerra. Spaccia il vertice NATO per un successo per il fatto che l’Alleanza ha accettato di nominare un incaricato per l’Africa e il Medio Oriente, indicato dall’Italia, non rendendosi conto di quanto sia velleitaria, al limite del ridicolo, l’ambizione italiana di sostituire la Francia in Africa come principale agente della politica occidentale, con il compito di contrastare la penetrazione russa e cinese, dimentica che l’Italia non è una potenza nucleare, come la Francia, e non ha le risorse, né militari, né economiche per sostenere un tale ruolo.
I problemi del paese reale
Queste aspirazioni di grandezza del paese in politica estera hanno le gambe d’argilla, perché l’economia italiana è sottoposta ad una profonda fase di riorientamento, dovuta al venir meno della locomotiva tedesca che non accenna a riprendere la sua corsa. A pagarne il prezzo sono soprattutto le regioni del Nord Italia, la cui economia è da sempre
ancorata a quella tedesca. È questa la ragione per la quale nello scorso semestre la crescita del PIL nel Sud del paese è risultata essere maggiore per la prima volta rispetto quella delle regioni del Nord Italia e dell’Italia centrale. A determinare il fenomeno sono stati gli investimenti del PNRR, ma anche i1 riorientamento degli asset economici del paese che hanno fatto sì che calando il tasso di crescita delle regioni del Nord, quello del Sud risultasse maggiore.
La crescita del Sud si regge sui bassi salari, sul lavoro nero e precario, sul lavoro clandestino, sullo sfruttamento coloniale dei migranti, che tuttavia è diffuso ovunque sul territorio, soprattutto nel settore agricolo, ma non solo, sull’estensione anche a nord del manifatturiero clandestino e precario, nonché di quello sommerso: valga come esempio
per tutti l’incidenza economica dei grandi profitti del lavoro clandestino e precario, dei laboratori sparsi nella periferia della città del nord che lavorano per la moda, per la pelletteria, per le calzature dei grandi marchi utilizzando migranti e lavoratori impoveriti, espulsi dai settori produttivi in crisi.
La profonda crisi dell’industria dell’auto, a causa del paventato passaggio all’elettrico ha pesato non poco sul settore metalmeccanico e dell’auto, colpendo anche la componentistica, mentre crisi aziendali si susseguono sempre più numerose a segnalare il venir meno di settori produttivi tradizionali. Inoltre i danni non ripagati delle alluvioni,
soprattutto quelle in Romagna, hanno determinato un calo delle attività economiche complessive che ha inciso sui volumi produttivi del centro del paese e delle aree interessate.
Mentre la situazione, per quanto riguarda il settore finanziario, vede aumentare le problematicità, la politica fiscale procede con ulteriori condoni e interventi amicali nei confronti di settori produttivi, come le partite IVA e i lavoratori autonomi, verso i quali vengono introdotti strumenti come il concordato preventivo e forfettario, di carattere premiale per i potenziali evasori, con l’effetto di far crescere il disavanzo. Anche se il governo comunica di avere reperito le risorse per finanziare il cuneo fiscale, non si comprende dove attingerà per rispettare i vincoli di bilancio imposti dall’Unione europea con il patto di stabilità, attuando le previste diminuzioni di spesa superiori ai 10 miliardi, quando su un altro fronte aumentano le spese militari e i finanziamenti all’Ucraina. Anche se il ministro del tesoro si affanna a dichiarare che non ci saranno manovre lacrime e sangue i dubbi rimangono.
La riprova di questa carenza di risorse è data dal fatto che gli interventi sul taglio delle liste d’attesa nella sanità si sono risolti in una grida manzoniana, priva di finanziamenti, e questo mentre l’insieme del servizio sanitario nazionale si muove verso un crescente degrado, le strutture sanitarie territoriali sono sempre più prive di addetti, fatiscenti, mentre
aumenta il “turismo sanitario” tra le diverse regioni del paese.
Che dire poi dell’introduzione dell’autonomia differenziata che minaccia di distruggere definitivamente non solo il servizio sanitario nazionale e quello scolastico, ma anche di creare sovrapposizioni di competenze tra regioni e Stato, via via che si procederà al trasferimento, anche solo delle materie che non richiedono i Led e non necessitano di idonei finanziamenti, come ad esempio il commercio estero. Queste aspirazioni di grandezza del paese in politica estera hanno le gambe d’argilla, perché l’economia italiana è sottoposta ad una profonda fase di riorientamento dovuta al venir meno dei tradizionali e consolidati asset di sviluppo dell’economia del paese che non a accenna a riprendere la sua corsa.
Il paese e l’Unione Europea
Gli esiti delle elezioni europee e le vicende relative all’elezione della Commissione Ue. danno la misura dei danni che provoca al paese il doppio ruolo della Meloni di Presidente del Consiglio e al tempo stesso del gruppo dei Conservatori, ridotto ai minimi termini dall’iniziativa politica di Orbán.
Il voto negato a Ursula von der Leyen dalla Meloni, al di là e a prescindere dai ripetuti endorsement nei suoi confronti, risponde al bisogno di non resistere al richiamo della foresta: la Meloni ha bisogno, per continuare ad essere se stessa, di non avere concorrenti a destra. Ciò dimostra che non è in grado di soddisfare le domande di presa di distanza dalle sue radici fasciste, oggetto delle ossessionanti richieste di liberali e dei ben pensanti, D’altra parte i liberali hanno sempre creduto nella normalizzazione dei fascisti, lo fece perfino Benedetto Croce nei confronti di Mussolini; è quindi comprensibile che la Meloni, posta di fronte alla concorrenza a destra di Salvini e Le Pen, abbia deciso di negare il voto all’amica Ursula, confidando poi di recuperare spazio e ruolo nella sua veste di capo del governo e chiedere e ottenere per l’Italia gli incarichi all’interno dell’organigramma dell’Unione per i prossimi 5 anni Ciò che la premier non ha calcolato è che ci sono tanti modi per rispettare gli impegni formali e ci sono delle differenze tra gli incarichi ai quali aspirare e che il peso politico del commissario incaricato è frutto di un insieme di fattori tra i quali va ricompresa la sua personale collocazione politica: ne consegue che chiunque sia il commissario italiano designato esso o essa non potrà risplendere di luce propria, ma sarà espressione del suo governo.
Guardare ai tempi supplementari
Ma ben vedere si può affermare che per dare una valutazione complessiva e di insieme su come si concluderà la partita delle nomine, occorrerà guardare agli esiti delle audizioni alle quali il Parlamento sottoporrà i candidati a ricoprire gli incarichi della futura Commissione. Anche se al momento si fa il nome di Fitto come Commissario per l’attuazione del PNRR a livello europeo, poiché il fulcro del programma di legislatura dell’Unione europea per i prossimi 5 anni è costituito dagli investimenti nella riconversione industriale, ma soprattutto in quelli relativi alla difesa comune c’è da attendersi un tentativo del governo italiano di puntare a svolgere un ruolo direttivo e strategico nella costruzione del pool
industriale e finanziario che dovrà provvedere agli investimenti relativi al settore della difesa, che sarà certamente quello centrale nel futuro bilancio dell’Unione, tanto più se al di là dell’oceano dovesse prevalere l’elezione di Trump alla Presidenza degli Stati Uniti.
Tenendo conto delle personalità presenti all’interno del governo Meloni e del peso politico specifico dei diversi ministri e della appartenenza di questi ai partiti della coalizione c’è da ipotizzare che la componente che vede i propri interessi rappresentati dalla figura dell’attuale ministro della Difesa, voglia trovare, per suo tramite o per sua interposta persona, il soggetto incaricato di ricoprire ruoli decisionali, nonché operativi, nell’attuazione di questi aspetti del programma della futura Commissione . É alla luce di queste considerazioni che riteniamo opportuno sospendere, per ora, ogni valutazione sull’operato di Meloni e del governo su questa vicenda e sugli esiti finali della trattativa per i futuri
assetti e le potiche complessivamente adottate.
La Redazione