Nel quartiere del Fenar di Istanbul, affacciato sulle rive del Bosforo, si trova la chiesa di San Giorgio e accanto ad essa, un palazzone in mattoni rossi (la cosiddetta scuola rossa) che ospita ragazzi greci. Nella chiesa dalla facciata neoclassica e nei locali contigui del complesso edilizio ha sede il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Nella chiesa, ricca di icone e di preziosi addobbi, un trono intarsiato d’oro del V secolo ospita il patriarca che si aggira insieme ad altri monaci nei locali attigui alla chiesa, organizzati come la cancelleria di uno Stato.
Sì, perché il Patriarcato ambisce ad essereuna sorta di Vaticano per gli ortodossi – per
quanto questa definizione sia impropria. Bartolomeo I, che attualmente ricopre il
ruolo di Patriarca, è un anziano signore ottantaquattrenne, ex sotto tenente dell’esercito turco, oggi dal corpo emaciato, dalla barba bianca, rada e filacciosa, avvolto
nella sua veste nera, come si conviene ad un prelato ortodosso.
Sovente addobbato di ricchi paramenti ama ricercare alleanze e sostegni al suo
sogno di ridare giurisdizione fisica e territorio al suo Patriarcato e perciò si
impegna sovente in concelebrazioni con presuli delle altre Chiese per stringere alleanze, stipulare accordi, consolidare relazioni, organizzare nuove Chiese volte ad accrescere l’influenza sull’ecumene ortodossa della sua sede patriarcale. Attorniato dai suoi monaci, ai quali ha distribuito incarichi ecclesiastici e diocesi dall’antico nome, ma di fatto inesistenti, il Patriarcato di Costantinopoli può essere definito come una struttura virtuale, immateriale, governata dal Santo Sinodo, che pretende di governare il mondo, rivendicando a sé la gestione delle diocesi (eparchie) costituite nei diversi paesi dalla diaspora ortodossa e che opera al di fuori della giurisdizione delle Chiese autocefale, (in genere a dimensione nazionale), formalmente Chiese sorelle, ma ritenute dal Patriarcato stesso ad esso subordinate, anche se su di esse il Patriarcato di Costantinopoli rivendica
esclusivamente un primato d’onore. (Ciò comporta che viene citato per primo nei dittici quando e all’inizio della messa si prega per i patriarchi defunti dell’ecumene ortodossa).
Questo Patriarcato, erede di quello che fu il Patriarcato della capitale dell’Impero bizantino, facendo agio sulla tradizione, pretende di incarnare lo spirito della Chiesa ortodossa e si oppone a livello globale al Patriarcato della “terza Roma”, ovvero al Patriarcato della Chiesa ortodossa russa, che a sua volta rivendica di essere l’erede del Patriarcato di
Bisanzio, seconda Roma e punto di riferimento dell’ortodossia nel mondo.
Tra i diversi Patriarcati non vi sono differenti visioni teologiche o dottrinali, ma a dividerli è l’esercizio della giurisdizione sui fedeli e il potere. Queste due entità combattono una guerra senza esclusione di colpi per il dominio politico del mondo ortodosso, sconosciuta all’opinione pubblica, ma che incide pesantemente sulla vita degli abitanti del mondo, con una intensità e con effetti sottovalutati, a causa della mimetizzazione con la quale il loro operato viene nascosto all’opinione pubblica mondiale.
Valga come esempio ciò che sta accadendo in Africa dove ad esercitare la giurisdizione era il Patriarcato d’Alessandria d’Egitto che si è schierato con quello ecumenico nel riconoscere la Chiesa ortodossa ucraina scismatica.
Ebbene il Patriarcato di Mosca ha costituito l’Eparchia dell’Africa del Nord e quella dell’Africa del Sud, incentivando economicamente il clero ortodosso a transitare nelle nuove strutture ecclesiastiche. corrispondendo loro un salario di circa 1300 € mensili, svuotando così il vecchio Patriarcato dall’interno e svolgendo opera di evangelizzazione, ad esempio, in Sud Sudan dove crescono gli interessi russi.
L’egemonia nel mondo ortodosso e la guerra d’Ucraina
Lo scoppio della guerra d’Ucraina ha fatto conoscere all’opinione pubblica mondiale il ruolo rivendicato in questo scontro tra Stati dal Patriarcato di Mosca e dal suo Patriarca Kirill, sodale di Putin e suo mentore, che si attribuisce l’elaborazione dei valori del «Russkiy mir», per i quali Putin afferma di combattere e che oppone come un insieme dei
valori della tradizione all’ ”occidente degenerato”. Certamente meno conosciuto è il disegno che muove il Patriarcato ecumenico che sostiene l’identico armamentario valoriale. Ciò impedisce di comprendere alcune delle ragioni profonde di quanto sta avvenendo in Ucraina, paese che costituisce il terreno di scontro sul quale l’egemonia rivendicata dai due Patriarcati si confronta senza esclusione di colpi, producendo di fatto l’ecatombe di due popoli, quello ucraino e quello russo. È necessario sapere che la Chiesa ortodossa russa è nata a Kiev e da qui, nel tempo, ha trasferito la propria sede
centrale a Mosca. L’Ucraina è quindi stata convertita all’ortodossia grazie al principe Wlodomir che impose il cristianesimo ortodosso ai suoi sudditi, volendo assumere su di sé prestigio e poteri dell’imperatore bizantino, del quale si considerava erede avendone sposato una delle figlie.
Dopo la dissoluzione della URSS, e con essa dello Stato, erede dell’impero zarista, il Patriarcato di Costantinopoli, privo di un territorio proprio, a far data quantomeno dalla nascita della Repubblica turca, (1920), persegue una strategia di rifondazione del proprio territorio canonico che non può che avvenire strappando lembi di giurisdizione ad altri Patriarcati. Disporre di un proprio territorio canonico per una Chiesa ortodossa è essenziale perché solo in tal modo essa ha giurisdizione sui propri fedeli e soprattutto può chiedere ed ottenere da essi le risorse economiche necessarie alle sue attività e disporre di tutti quei benefici materiali e immateriali, economici e sociali, che permettono al suo clero di esercitare l’egemonia su coloro che ritiene parte del proprio gregge. L’esercizio del potere costituisce una libido profonda per chi esercita la funzione ecclesiastica, sostitutiva e largamente compensativa delle rinunce alle quali la vita monastica e la dedizione a Dio richiedono. (In Sicilia si dice: “cummannari è megliu ca futtari”).
Per raggiungere questo scopo il Patriarcato ecumenico ha operato ed opera su più fronti: da un lato essendo privo di un territorio sul quale esercitare la propria giurisdizione, poiché lo Stato che lo ospita è dichiaratamente islamico, rivendica la propria giurisdizione su tutti quegli ortodossi che non risiedono in uno Stato nel quale opera una Chiesa ortodossa autocefala, ovvero una Chiesa che rivendica e si vede riconosciuta la giurisdizione sui cittadini ortodossi che vivono nel territorio dello Stato.
Essendo ormai un fenomeno diffuso la distribuzione degli ortodossi nel mondo, è del tutto evidente che coloro che afferiscono a questo culto hanno dato vita a strutture ecclesiastiche che a loro volta hanno formato eparchie, ovvero giurisdizioni vescovili. Ebbene su di esse il Patriarcato ecumenico rivendica la giurisdizione e pretende di ricevere i proventi delle attività ecclesiastiche che avvengono sui quei territori. In tal modo verso Istanbul e il Patriarcato ecumenico, vengono convogliati i proventi di molte diocesi canadesi, statunitensi, australiane e degli altri paesi nel mondo che non dispongono di una Chiesa autocefala, garantendo a questo Patriarcato proventi immensi, alimentati ulteriormente dall’afferenza ad esso di monasteri e strutture sparse nel mondo, a cominciare da alcuni monasteri storici di Monte Athos.
Ma la cupidigia dei prelati del Patriarcato non si ferma qui poiché il Patriarca di Costantinopoli ritiene di avere l’esclusiva autorità nella concessione alle Chiese che si formano sui territori, dell’autocefalia, mediante la redazione di un Tomos, un documento che definiremmo impropriamente un contratto, con il quale si riconosce l’autocefalia della Chiesa.
L’autocefalia è uno status ambito dalle Chiese nazionali e di solito coincide con la conquistata indipendenza di uno Stato; per vedersela riconosciuta perciò le Chiese sono disponibili a sopportare gli oneri imposti dal Patriarcato che la concede; quello di Costantinopoli ha acquisito l’abitudine di chiedere in cambio la cessione della giurisdizione sulle diocesi che le Chiese nazionali hanno costituito al di fuori del territorio dello Stato, in tal modo accumulando sempre maggiori profitti e potere.
L’Ucraina, ospitando la gran parte delle parrocchie e eparchie della Chiesa ortodossa russa, costituiva in quest’ottica un boccone succulento ed è perciò che, accogliendo le istanze di gruppi di ortodossi costituitisi in piccole Chiese locali, il Patriarcato di Costantinopoli ha rivendicato la giurisdizione sull’Ucraina, dichiarando decaduto “il
vincolo giuridico della lettera sinodale dell’anno 1686” con la quale la aveva ceduta al Patriarcato russo e ha promosso e gestito l’unificazione di tali Chiese in Ucraina, dando vita ad una Chiesa ortodossa scismatica, dichiarata autocefala, che si è assunta come obiettivo di sottrarre la giurisdizione sui fedeli ortodossi alla preesistente Chiesa ortodossa Ucraina canonica e di promuovere il nazionalismo ucraino in funzione anti-russa.
La nascita della Chiesa ortodossa Ucraina scismatica è di poco recedente allo scoppio delle ostilità con la Russia.
Essa avviene con il favore del Governo nel 2019, a seguito di una negoziazione del Governo nazionalista ucraino presieduto da Poroscenko con il Patriarcato ecumenico, durante la quale vengono definite le condizioni economiche per lo sviluppo dell’operazione, la portata politica dell’iniziativa, la strategia di progressiva delegittimazione della Chiesa
ortodossa Ucraina canonica legata al Patriarcato di Mosca. In altre parole la fondazione della Chiesa ortodossa Ucraina scismatica, sostenuta dal Governo, è strumento di costruzione del nazionalismo ucraino, di riscrittura della storia e delle tradizioni religiose del paese, tanto che questa Chiesa propone ed ottiene il mutamento delle date nelle quali si festeggia il Natale e la Pasqua ortodossa, acquisendo quelle proprie della tradizione cattolica d’occidente, persegue la cancellazione dai santi di origine russa dal calendario ufficiale ortodosso ucraino, ma soprattutto promuove il passaggio di chiese e monasteri dall’afferenza alla Chiesa ortodossa canonica a quella scismatica.
Questa operazione è resa possibile dalle peculiarità del diritto canonico ortodosso, secondo il quale la proprietà dell’edificio di culto e l’afferenza della parrocchia alla confessione, avviene sulla base della decisione dei fedeli che afferiscono a quell’edificio, i quali riunitisi nella sede parrocchiale, deliberano a maggioranza una diversa afferenza. Così con la complicità dei servizi di sicurezza dello Stato le chiese della confessione ortodossa canonica vengono invase da nazionalisti a ciò addestrati, i quali si dichiarano fedeli di quella chiesa e deliberano durante un’assemblea l’afferenza alla confessione scismatica. Gli enti locali e le autorità che le governano certificano la correttezza della procedura, determinando la spoliazione dell’edificio di culto a favore della Chiesa ortodossa scismatica. Con questa procedura, accompagnata da violenze e pestaggi, arresti e vessazioni nei confronti dei ministri di culto e dei fedeli, in questi due anni e mezzo di guerra è avvenuto il passaggio di più di 350 chiese e monasteri nella direzione della Chiesa ortodossa scismatica, con violazione di ogni principio di libertà religiosa.
Complicità e connivenze
Non bisogna farsi fuorviare dalle apparenze credendo che quanto avviene è esclusivo frutto della guerra o anche la conseguenza malata di un nazionalismo esasperato, traslato sul terreno dell’afferenza religiosa. Tutta l’operazione ha complicità e connivenze importanti e si basa sul sostegno del rappresentante del Patriarcato ecumenico a Washington dove ha sede quella che può definirsi l’ambasciata del Patriarcato presso il governo degli Stati Uniti (Stauropegia). Il suo titolare è Elpidophoros (Lambranidis), Arcivescovo d’America, sostenitore dell’attuale Presidente Biden, è stato uno degli illustri partecipanti alle convention del partito democratico e successore in pectore di Bartolomeo; da buon opportunista oggi partecipa alla convention repubblicana. Egli agisce in stretto coordinamento con il Dipartimento di Stato e con i servizi dell’amministrazione che si occupano del sostegno alla libertà religiosa nel mondo, redigendo un rapporto annuale che fotografa lo status della libertà religiosa secondo, vista co i parametri del governo degli Stati Uniti.
Ne il Patriarcato ecumenico si limita a prestare i suoi servigi in Ucraina; la sua è l’azione di un agente globale che dà vita a strutture scismatiche ortodosse nei paesi nei quali esistono già Chiese afferenti al Patriarcato moscovita, come ad esempio nei Paesi baltici e tenta di esercitare la propria influenza nell’elezione dei Patriarchi, come è avvenuto il 30
giugno in occasione dell’elezione del Patriarca della Chiesa ortodossa bulgara. Tuttavia, non sempre le operazioni vanno a buon fine, come in questo caso, perché l’eletto è schierato su posizioni a sostegno del Patriarcato moscovita e considera scismatica la Chiesa sostenuta da Bartolomeo in Ucraina. L’esito del voto sinodale bulgaro segna al tempo stesso la sconfitta dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, irriducibile e nazionalista, fanatico sostenitore della Chiesa scismatica ucraina, principale consigliere di Zelensky per gli affari ecclesiastici, che aveva messo in campo tutta la sua influenza perché venisse istituita una commissione sinodale di vescovi della Chiesa ortodossa bulgara per studiare la posizione da prendere nei confronti della Chiesa ucraina scismatica.
Quanto detto ci fa comprendere quanto vasta e articolata sia la strategia di espansione del ruolo del Patriarcato ecumenico i cui obiettivi non sono solo economico-finanziari, ma concernono anche il piacere profondo per il potere e il denaro di chi gestisce queste strutture. Se i nazionalisti ucraini non tralasciano mezzi ed occasioni per promuovere il loro disegno strategico di riscrittura della storia del paese, il Patriarca ecumenico e il suo clero si sentono investiti di una missione, si ergono a depositari della verità rivelata, presentano le loro azioni come finalizzate al trionfo della “verafede,” ma anche all’affermazione del loro personale ego, affascinato dall’esercizio del potere.
Vista sotto questo profilo la partecipazione all’esercizio del culto di questi prelati, i loro sontuosi paramenti sacri, le loro preziose icone, le loro lunghe candele e la magnificenza della liturgia, i loro canti, ereditati dalle tradizioni bizantine, costituiscono l’esercizio più palese della vanità e della grettezza d’animo che li lascia indifferenti di fronte al fatto che le loro azioni contribuiscono e non poco a produrre ed alimentare la guerra e con essa la morte di uomini, donne e bambini, siano essi ucraini o russi, contribuendo a scavare un fossato profondo tra i popoli, a produrre inimicizie secolari, rancori, odi in nome di un obiettivo perseguito, ovviamente, per la maggior gloria di Dio e della Sua Chiesa.
Su un piano più concreto mentre per gli Stati Uniti è in discussione l’equilibrio politico e il controllo delle attività di culto dei paesi occidentali, per il Patriarcato ecumenico si tratta di espandere sempre più la propria rete, perché il suo disegno egemonico, fortemente contrastato dai Patriarcati delle Chiese autocefale dei diversi paesi, nonché, ovviamente,
dal Patriarcato di Mosca, si realizzi. Attualmente solo quattro patriarcati ortodossi di minore importanza riconoscono la neonata Chiesa ortodossa ucraina scismatica, considerando invece la Chiesa ortodossa canonica, legata al Patriarcato di Mosca, come Chiesa ortodossa del popolo ucraino che si è vista riconosciuta una autonomia amministrativa dal Patriarcato di Mosca così larga, al punto che la Chiesa ortodossa ucraina canonica gode di una maggiore indipendenza e autonomia rispetto a quella scismatica e si è pronunciata condannando ufficialmente l’invasione russa del paese.
Questo conflitto inter ecclesiale si sviluppa parallelamente ai combattimenti sul fronte e colpisce il popolo ucraino nei sentimenti più profondi, relativi al suo rapporto con la tradizione, con la propria storia, con la libertà religiosa e di coscienza, violata in nome di una strategia politica nazionalista da parte di un gruppo di interesse che sulla carta si
dice sostenitore dei principi liberali e dello Stato di diritto e ambisce di entrare in Europa per sfruttarne per sé e per il proprio gruppo di interessi i vantaggi economici e finanziari che ne derivano.
G. C.