IL MINISTRO CROCIFISSO

Il Ministro – intervistato in una trasmissione radiofonica – sulla presenza del crocefisso nelle aule scolastiche ha affermato «Meglio appendere alla parete una cartina del mondo con dei richiami alla Costituzione» e questo perché il Ministro, per la prima volta da tanti anni -fa propria «una visione della scuola laica e che dia spazio a tutti i modi di pensare». Ciò detto ha poi concluso che, pur ammettendo che la questione del crocifisso in classe «è molto sentita in Italia» egli ritiene che le scuole non debbano rappresentare una sola cultura ma permettere a tutte di esprimersi». Ed ha concluso che questa è « un’altra di quelle questioni divisive che potrebbe attendere».
Per Monsignor Giovanni d’Ercole (segretario della Commissione Episcopale Italiana) “Sarebbe meglio tacere perché chi parla così ha una ignoranza culturale di fondo, frutto di improvvisazione. Il ministro evidentemente non conosce la validità di questo simbolo, al di là di quello che pensano i cristiani. Il crocifisso, oltre ad essere un simbolo religioso, è un simbolo ‘laico’ di estrema importanza”.
E poi ecco puntuali le minacce: “In futuro sia più prudente nel parlare. In Italia c’è un sentimento così profondo che non ha davvero senso urtare le sensibilità. La polemica non appartiene al mio stile ma vada prudente, signor ministro, le cose – se le deve dire – le dica nelle sedi giuste confrontandosi nel dialogo, troverà sempre persone disponibili”.
E per chiarire fino in fondo il suo pensiero il monsignore ha affermato: “Qualche tempo fa, nel viterbese, presi parte ad un dibattito nel quale esplose proprio la polemica sul crocifisso nelle aule. Ad un certo punto l’Imam prese le parola e disse ‘ma perché volete togliere il crocifisso? Mostra la perdita totale da parte vostra della religiosità e dei valori culturali’. Fioramonti rifletta”.
A riguardo rileviamo che per il monsignore il Ministro è ignorante come tutti i laici perché non conosce la laicità di un simbolo brandito proprio dalla Chiesa cattolica per giustificare l’inquisizione, per giustificare la persecuzione degli ebrei, per bandire le crociate, tutte azioni condotte in nome del trionfo della verità e della fede. Ma di questo è sterile discutere con monsignore, lui si culturalmente ignorante, come di questo è sterile discutere per il suo compare – l’Iman – che per continuare ad esistere deve sostenere l’affidabilità sul mercato della concorrenza, in modo da poter sostenere la necessità di sottoporre comunque la propria vita ad un Dio, in nome del quale uccidere ed essere uccisi.
Noi riteniamo, contrariamente a quanto affermato dalla Corte EDU, che il crocefisso sia simbolo divisivo nello spazio pubblico e che la scuola è spazio pubblico per eccellenza dove tutti i punti di vista hanno cittadinanza, compresi quelli religiosi. Marcare il territorio con un simbolo religioso, qualunque esso sia e a qualunque religione appartenga, significa porre le basi per la discriminazione per motivi religiosi.
La religiosità ebraica individuò nel tempio il luogo di Dio e questa intuizione rimane valida, perché e là che ogni fedele incontra l’entità superiore nella quale crede, lasciando liberi gli altri di fare altrettanto e liberando i non credenti di una presenza sgradita.
Noi non avversiamo la religione cristiana in quanto tale, ma le religioni, e soprattutto le loro letture fondamentaliste, siano esse cristiane, o musulmane, o indu, o buddiste, o chi più ne ha ne metta ed è per questo che vorremmo fosse consentito a tutti avere un luogo in cui pregare, costruito e gestito a proprie spese, perché il credere è parte degli esseri umani, allo stesso modo del non credere.
Consapevoli che in nome della religione si sono sostenute e giustificate guerre e omicidi, intolleranza e violenza, soppressione della libertà, consideriamo un triste retaggio del passato ogni marcatore culturale inteso a segnare e connotare lo spazio pubblico, primo tra questi la scuola pubblica che è di tutti.
Se i genitori, esercitando un potere coercitorio discutibile nei confronti dei loro figli, desiderano che vengano educati in scuole confessionali, ma senza i soldi di tutti e quindi i finanziamenti pubblici lo facciano pure: è il solo compromesso accettabile per dei laici.                                                                                                                                      Una società aperta al confronto,non marcata e marchiata dal punto di vista confessionale contiene in se gli antidoti per indurre al confronto, emarginando socialmente e politicamente ogni fondamentalismo religioso. E’ perciò che ci battiamo per una scuola pubblica libera e laica.
Una volta tanto grazie signor Ministro, anche se non siamo d’accordo che questa è questione che possa attendere.