DOSSIER INTERNAZIONALE – COLONIALISMO: IL PIÙ PULITO HA LE PULCI

Viaggiando per l’America latina il “demagogo errante” dei 5Stelle ha scoperto che esiste ancora il colonialismo ma essendo effetto da strabismo ne ha visto e scoperto solo uno, quello francese in Africa, e lo ha individuato come causa dell’emigrazione. Così l’analisi complessa del fenomeno migratorio è diventata: la Francia sfrutta l’Africa che perciò non si sviluppa e quindi gli africani emigrano. Così anche i sassi possono capire che bisogna votare contro i francesi e Macron che sfrutta l’Africa con il franco CFA. Ora, Macron è tutt’altro che privo di colpe e non ci sono ragioni per votarlo, ma di cosa si tratta?

Il franco delle colonie francesi

Nel 1945 la Francia, riordinando i suoi possedimenti coloniali creò il franco delle colonie francesi d’Africa (franco CFA) e il franco delle colonie francesi del Pacifico (franco CFP). Dopo la conquista dell’indipendenza, Marocco, Tunisia, Algeria e Guinea abbandonarono il sistema. La Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC) e l’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) costituirono le due aree del franco CFA. L’UEMOA comprende otto stati: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau (ex colonia portoghese entrata sistema nel 1997), Mali, Niger, Senegal e Togo. La loro moneta comune è il “Franco della Comunità Finanziaria dell’Africa” (franco CFA), emesso dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO) con sede a Dakar, in Senegal. Il CEMAC comprende sei stati: Camerun, Repubblica centrafricana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea equatoriale (ex colonia spagnola entrata nel 1985) e Gabon. La loro moneta comune è il “Franco della Cooperazione Finanziaria dell’Africa” (franco CFA), emesso dalla Banca Centrale degli Stati dell’Africa Centrale (BEAC) con sede a Yaounde, Cameroon. Fino alla fine degli anni ’70 sia la BCEAO che la BEAC avevano sede a Parigi.
Ma non è il controllo della moneta di questi, paesi ancorata all’Euro, né la detenzione delle loro riserve auree in Francia né la stampa in Francia delle monete a costituire lo strumento di sfruttamento coloniale francese dei territori africani. E’ piuttosto il fatto ad esempio che la Francia, con 17 imprese, ha comprato 629mila ettari di terra che coltiva e sfrutta. Possiede le risorse minerarie, estrae in particolare l’uranio che viene utilizzato dai suoi impianti nucleari. Inoltre la Francia è tra i Paesi che forniscono più aiuti monetari a una sua ex colonia, il Madagascar, per poterne orientare la politica. E’ ancora la Francia ad aver destabilizzato la Libia attaccandola per scalzare la presenza dell’Italia, soprattutto nell’estrazione del petrolio e del gas, agendo di concerto all’Egitto nel sostenere il governo libico di Bengasi del generale Khalīfa Belqāsim Ḥaftar contro quello di Tripoli.
Accanto a quello francese svolge un ruolo molto attivo il colonialismo inglese, uno dei più rapaci tra quelli europei in questo particolare business con una lunghissima storia coloniale. Sono 60 le imprese britanniche che hanno comprato terre all’estero. E lo hanno fatto per ben 1,9 milioni di ettari, che è più o meno l’estensione del più grande parco naturale del Sud Africa, paese nella quale si trova poco più della metà delle terra di proprietà di aziende britanniche.
Al terzo posto c’è l’Italia che, con lo stesso numero di aziende, possiede 615mila ettari di terreno nel mondo. Nell’elenco delle aziende che possiedono terreni all’estero ci sono, ad esempio, Agrioils, Arkadia, Avia che hanno comprato terreni in Ghana, Tanzania e Mozambico per produrre biocarburanti. Ma c’è, soprattutto, l’Eni che, per lo stesso scopo, ha comprato terreni in Mozambico, Angola e Congo. Tra le 17 aziende che hanno comprato terre nell’Africa orientale e occidentale ci sono anche imprese di cui si sente poco parlare come la Tozzi (Madagascar), la Tampieri (Senegal), la Sogein (Mozambico) e la Maccaferri (Mozambico).
Abbiamo non ha caso parlato di acquisto e sfruttamento della terra perché proprio togliendo alle popolazioni autoctone la disponibilità del suolo e delle risorse i paesi sviluppati hanno distrutto l’economia locale di sussistenza, hanno desertificato il terreno, hanno espulso le popolazioni dalle terre migliori, privandole delle capacità di sostentamento e poi di sviluppo. Lo sfruttamento intenso ha prodotto nel 2010 come nel delta del Niger lo sversamento di ingenti quantità di petrolio compensate con 6000, si proprio 6000 €,  di indennizzo offerte dall’ENI !
Ne le attività di rapina si sono fermate alla terra perché le navi delle multinazionali della pesca continuano incessanti a dragare i mari al largo delle coste africane, nelle aree più pescose come le coste dal Ghana fino all’Angola riducendo alla miseria i pescatori locali, Risulta così particolarmente devastato l’habitat naturale di intere regioni della Nigeria ad opera dell’ENI che ha inquinato con le sue estrazioni i fiumi rendendoli inadatti a sostenere l’agricoltura e la pesca. Così il delicato equilibrio che consentiva ameno un’economia di sussistenza delle popolazioni è diventata impossibile.
Ma per tutti uno dei business più importanti è certamente quello della vendita delle armi, funzionale a mantenere in vita i governi della borghesia nazionale che gestisce come sub agenti delle multi nazionali e degli Stati il potere e quindi lo sfruttamento di questi popoli. Così i finanziamenti ricevuti come contributo allo sviluppo finiscono per pagare le forniture belliche e perpetuare lo sfruttamento.

Gli investimenti cinesi in Africa e il declino della presenza statunitense

Ma oggi il maggior investitori in Africa è l’imperialismo cinese che sta sperimentando il proprio colonialismo di mercato, guadagnando consensi tra la popolazione locale, allettata da investimenti nelle opere pubbliche e nelle infrastrutture. Investendo anche nelle strutture finanziarie di molti paesi africani la Cina è riuscita a ottenere il controllo dei principali settori economici e strategici di quelle economie. I cinesi detengono ormai più del 65% dei contratti di infrastrutture e amministrano le grandi imprese minerarie, petrolifere, di telecomunicazioni ed energetiche, producono in Africa prodotti a bassa tecnologia che esportano anche in Cina. Nel solo 2016 gli investimenti diretti non finanziari delle imprese cinesi in Africa sono cresciuti a un ritmo del 31%.
Prova ne sia che Pechino negli ultimi anni ha superato Washington quale principale partner commerciale in Africa: il commercio della Cina ha raddoppiato quello degli USA al primo posto , che sono così stati relegati al terzo posto, l’Unione europea nel suo complesso
Sono passati decenni da quando i paesi africani hanno ottenuto l’indipendenza. Tuttavia, questa indipendenza è stata sostituita da una relazione di dipendenza dai paesi dominanti, nota come post-colonialismo. Si ha dipendenza dai paesi dominanti quando un paese è in grado di partecipare in modo definitivo o determinante al processo decisionale di un altro paese, mentre il secondo paese non è in grado di avere la stessa influenza nel processo decisionale del primo paese. Le politiche estere e interne delle nazioni africane indipendenti continuano ad essere influenzate da potenze esterne, in particolare i dai paesi dei loro ex colonizzatori.
La verità sta nel fatto che i paesi africani nel loro insieme sono produttori ed esportatori di materie prime, tra cui petrolio, minerali, legname, prodotti e materie prime agricole, merci che sono estremamente sensibili alle fluttuazioni dei prezzi mondiali sui mercati e alle politiche commerciali dei loro partner, principalmente l’UE e degli Stati Uniti, le cui attività di rapina sono capillari dispiegano la loro efficacia tenendo bassi i prezzi delle merci da acquistare.
Questo fatto spiega l’interesse a mantenere lo statu-quo e la tendenza ad assicurare la stabilità, facendosi carico attraverso la spedizione di corpi militari del contenimento dell’espansione dell’estremismo islamico. E’ quanto fanno le forze armate francesi nel centro Africa, subito al di sotto della fascia Sahariana impiegando gli effettivi della Legione straniera e dei corpi scelti dell’esercito francese.

Aiutiamoli a casa loro

Quindi quando individui come l’ex leader del PD, senatore di Rignano, o i partiti dell’attuale maggioranza ciarlano di aiutare gli abitanti dell’Africa a casa loro bisogna guardare con sospetto alle loro proposta perché gli “aiuti allo sviluppo” erogati sono nella migliore delle ipotesi delle tangenti pagate alle classi dirigenti locali e ai politici in cambio della mano libera lasciata allo sfruttamento.
Come meravigliarsi allora del fatto che chi può scappa dalla miseria, dalla fame, dalla morte certa, da una vita di stenti e privazioni, ben consapevole di rischiare anche in questo caso la vita, ma disponibile a rischiare pur di avere e coltivare una speranza. Il primo passo per fermare l’esodo è quello di fermare lo sfruttamento e di impedire la rapina continuata e programmata, permettendo agli abitanti dell’Africa di vivere delle loro risorse.
Contro lo sfruttamento, ogni donna, ogni uomo ogni bambino ha diritto di ribellarsi in difesa dei propri diritti umani e di quelli di tutti i popoli.
Il “demagogo errante” perciò o parla spiegando ruolo e funzione dell’Italia in queste vicende, sollevi il velo sugli affari di Stato a danno delle popolazioni dell’Africa, oppure taccia, continui a fare il turista del volontariato e cerchi di scuotersi di dosso le pulci della vergogna.