UN FUNERALE PER DUE

Alcuni nostri lettori, dopo aver letto l’editoriale dell’ultimo numero, ci chiedono cosa ci auguriamo come risultato delle prossime elezioni.
Come si evince, anche da quello che abbiamo scritto, non ci aspettiamo risultati risolutivi di qualcuno dei problemi sociali del Paese da un evento – quello elettorale – che è per sua natura un elemento sovrastrutturale della situazione politica e gestionale del potere. Comunque vada, il governo è in mano alle classi e ai ceti detentori delle ricchezze che controllano saldamente tutti i centri di potere fino ai più piccoli, determinandone le politiche, indipendentemente da quanto possono fare coloro che sono chiamati momentaneamente dagli eventi elettorali a gestirle. Ciò avviene comunque, al di là delle volontà singole – pure importanti – perché l’insieme delle regole di funzionamento del sistema sono tali da predeterminare le scelte.

E’ alla luce di queste considerazioni di fondo che il voto diviene una scelta tattica, finalizzata a guadagnare più spazi possibili di autonomia sociale per far crescere la consapevolezza delle persone e consentire ad essi di prendere in mano la gestione della propria vita e con essa dell’interesse pubblico.
Queste considerazioni nulla tolgono alla necessità di perseguire degli obiettivi minimi volti non solo a compensare la nostra ira per la situazione nella quale viviamo, ma ad eliminare per quanto possibile i soggetti più dannosi portatori di interessi particolari, pericolosi in quanto dotati della capacità di coagulare intorno a se forze capaci di fare i danni peggiori alla collettività. Intendiamo riferirci con questa considerazione a almeno due personaggi per i quali queste elezioni dovrebbero segnare, per strade i motivi diversi – ed è quello che ci auguriamo – la celebrazione del loro funerale: Berlusconi e Renzi o se preferite Renzi e Berlusconi.

Berlusconi e la politica delle mummie.

Queste elezioni ripropongono la centralità per il Paese dell’ex cavaliere il quale, riciclatosi ai servizi sociali dove ha scontato condanne che per altri hanno comportato il carcere, va in giro ora ad offrire le ricette solite delle tante promesse preelettorali che hanno acquistato una parvenza di credibilità di fronte al disastro delle politiche praticate dai suoi avversari, i quali hanno attuato ciò che lui aveva solo promesso (abrogazione dell’art. 18, destrutturazione del rapporto di lavoro, disarticolazione della scuola pubblica, ecc.). Così ogni persona di buon senso ha cominciato a pensare che si stava meglio quando si stava peggio e che è meglio il cane che abbaia ma non morde.
Queste considerazioni di buon senso popolare non bastano da sole a spiegare il rinnovato successo delle proposte berlusconiane perché alla sua rinascita elettorale annunziata bisogna aggiungere il contributo dei faccendieri, dei potentati locali e degli interessi economici che gravitano intorno alla sua riproposizione. Una classe politica di mediocri, fatta di mezze calzette, con un probabile premier da importare dalla burocrazia europea per marcare il profondo legame con i circoli economici e politici d’oltr’Alpe che si stanno acquistando le attività produttive di questo paese per smantellarle e trasferirle altrove.
E questo al di la’ dei sovranisti della sua coalizione che abbaiano, dichiarando di voler rivendicare la leadership della destra, che forse faranno parte della coalizione che raccoglierà la maggioranza dei voti di coloro che andranno a votare, ma che sanno benissimo che sono destinati ad essere mollati dall’ex cavaliere il giorno stesso della chiusura dei seggi elettorali per veder nascere una convergenza al centro di Forza Italia e del PD, con appoggio esterno di “volenterosi”.
Eppure, malgrado ciò, assisteremo comunque al funerale del leader della coalizione!
Per ragioni anagrafiche, per mancanza di lucidità, per i suoi balbetti sempre più frequenti, per l’esaurirsi progressivo della sua tenuta a livello politico nazionale e internazionale, ma soprattutto per l’allentarsi della catena di interessi, degli intrecci di potere, che in passato egli rappresentava e che oggi non riesce più a gestire in un mercato dei poteri economici che si è fatto meno nazionale e più aperto alle incursioni di questo o quel rapinatore capitalistico, Berlusconi si avvia alla tomba. Non è più solo una questione di vecchio e nuovo, ma bisogna prendere atto del cambiamento delle forze e degli interessi in campo.

Renzi, ovvero dei pusillanimi e degli invertebrati

Sono dei pusillanimi quelle persone il cui comportamento o atteggiamento è talmente irresoluto o rinunciatario da apparire ed essere meschino e/o vile. E’ questo il ritratto di Renzi e del PD renziano di fronte all’antifascismo e ai fatti di Macerata,. Costui è giunto a descrivere i partecipanti alla mobilitazione antifascista come persone che sono andate in piazza per “urlare e sbraitare”.
Le dichiarazioni di un sindaco PD – quello di Macerata – pavido e vigliacco, di una Chiesa cattolica istituzionale prona e servile, La Diocesi di Macerata, hanno blindato una città, chiuso le chiese, alimentando nei cittadini la paura, il razzismo, il rancore sociale, la xenofobia e hanno avuto la risposta di un’opinione pubblica nazionale fatta di persone unite dal rispetto della dignità umana e dall’antifascismo, non solo a Macerata ma in tutto il Paese.
Si tratta solo dell’ultimo atto di una metamorfosi che ha fatto del partito di Renzi l’altra gamba, insieme a Forza Italia – del futuro patto post elettorale quando, a seggi chiusi. la nuova maggioranza di partiti centristi si proporrà per governare. Anche se questo progetto dovesse riuscire, nel momento stesso in cui prenderà forma, potremo celebrare il secondo funerale, quello di Renzi. Ci saremo così risparmiati un futuro Piazzale Loreto, con relativi impiccati per i piedi, in quanto i cadaveri di questi politicanti non meritano la fatica di essere issati a penzolare nel vuoto. Sarà evidente per tutti che una coalizione si fatta non riuscirà a governare e verrà fatta a pezzi sia in Parlamento che nel Paese, nelle piazze.
Con urla e schiamazzi e con molta soddisfazione accompagneremo e saluteremo la fine politica di Renzi, augurandoci che con lui si estinguano i suoi servi, sodali ed epigoni fin nelle valli dell’Alto Adige. Potrebbe sembrare dai toni che vi sia un astio particolare, un significativo livore verso costoro e forse è un po’ vero: c’è a volte in noi la tendenza a vedere in costoro dei traditori delle classi oppresse, ma questo è sbagliato, perché significherebbe riconoscere a costoro una collocazione di classe a favore degli oppressi che essi non hanno mai avuto.
Noi oggi siamo convinti della necessità di sconfiggere costoro in quanto essi sono i più decisi sostenitori delle politiche neoliberiste assimilate dai riformisti, politiche che hanno condotto al disastro le condizioni di vita delle classi meno abbienti, che hanno permesso la più gigantesca concentrazione della ricchezza nella storia, che sostengono lo sfruttamento capitalistico a livello mondiale di tutti i popoli, che consentono all’accumulazione capitalistica di governare la vita sociale, alimentando lo sfruttamento di donne e uomini di tutto il mondo.

Verso un mondo nuovo

Celebreremo dunque certamente i funerali di questi due campioni dell’oppressione delle classi subalterne, ma non pensiamo di accompagnarne i feretri con lunghi cortei, né di portarne le bare facendole tirare da cavalli neri o bianchi, ma di fare di tutto affinché rinasca la partecipazione alla gestione della propria vita, rinascano le lotte per l’affermazione dei diritti, si faccia ogni sforzo per costruire rapporti sociali più equi e egualitari, come frutto di una rinnovata alleanza di ceti e classi oppresse dal dispiegarsi in tutto il mondo dello sfruttamento capitalistico nelle sue forme più feroci e disumane.
E’ questo il solo modo per rispondere anche agli altri attori in campo i quali, o propongono la politica dell’odio, della violenza, della sopraffazione (la destra di Meloni e Salvini) oppure al grido di “onestà, onestà” propongono la loro ricetta di un colpo al cerchio e uno alla botte e di una falsa ed elitaria partecipazione per porre fine ad una situazione che si è fatta sempre più insopportabile.
I primi ed i secondi ci sembrano vivere a guardar bene come i sopravvissuti ad una guerra nucleare che, pur avendo annientato il mondo, ha lasciato sufficienti materie prime, prodotti e manufatti dei quali poter vivere una lunga decrescita felice. Perciò costoro vogliono chiudere i confini, affinché la ricchezza che fu si distribuisca fra coloro che restano, evitando che a tavola si siedano nuovi commensali, pensando che il problema, il solo problema, è una più equa e onesta distribuzione di quel che c’è, gestibile e divisibile tra chi abita ora, in questo momento il territorio, quasi che sia possibile fermare il tempo, la storia e il mutamento.
Lasciamo ai viandanti sulla via di Damasco di Liberi e Uguali cercare la ricetta per rigenerarsi, ricordando loro che continuare a spacciarsi per sinistra di governo è arduo e difficile soprattutto quando non si riesce a essere prima almeno forza di opposizione. L’esperienza insegna che solo all’opposizione il riformismo riesce a ritrovare la propria identità per potersi poi riproporre come forza di governo.
Resta lo spazio per il voto di protesta che diventa velleitario quando chi lo chiede crede ancora una volta che le istituzioni della democrazia liberale possano essere conquistate o che almeno possano servire da tribuna per diffondere un messaggio salvifico. Lo teorizzarono Lenin come Kautsky e si è visto come è finita!

La Redazione