Guerre delocalizzate

Mentre un conflitto, quello a Gaza, entra in pausa, affiorano notizie di nuove guerre dimenticate, ma che sono da tempo attive in varie parti del pianeta. Molti di questi conflitti sono legati da un filo rosso, a tratti invisibile, che tuttavia li tiene insieme e fa interagire gli attori che operano sui diversi campi di battaglia: è quando avviene nello scontro che si svolge nell’Africa centrale. Dipanare questo filo è essenziale per comprendere quanto avviene.
Apparentemente sorprende apprendere che il movimento M 23 (composto da ex ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP), un tempo parte dell’esercito congolese. ammutinatisi nell’aprile 2012), addestrato e sostenuto del governo ruandese, si è impossessato di un vasto territorio posto al confine della regione, fra il Congo e Ruanda, prendendo il controllo della città di Goma, capoluogo della provincia del Nord Kivu, con una popolazione di 750.000 abitanti. Ci troviamo ad oriente del territorio della Repubblica Democratica del Congo, nella zona dei grandi laghi, con la città collocata a poca distanza dal confine ruandese. Si tratta di un territorio ambito, poiché possiede giacimenti di oro, diamanti, uranio, rame, cobalto random, tallio, legname pregiato, petrolio; un’area molto contesa, nella quale si è svolta sia la prima che la seconda guerra del Congo, interrottasi nel 2003, che è legata alle vicende di uno dei più grandi genocidi dell’epoca moderna, quello conseguente al conflitto fra Tutsi e Hutu, le due etnie del Ruanda, poiché in quest’area si riversarono i profughi scampati alla mattanza organizzata dai colonialisti belgi nel paese africano e vittime di quel genocidio, contribuendo all’instabilità dell’area.

Le porcate del colonialismo belga

Per meglio capire le caratteristiche del territorio nel quale si sviluppa il conflitto vale la pena ricordare che quest’area dell’Africa centrale è stata soggetta alla colonizzazione belga che si è caratterizzata per una ferocia inaudita. Il territorio del Congo era stato attribuito al sovrano del Belgio, quale possedimento personale, che esercitava il dominio assoluto sul territorio e i popoli. Le potenze coloniali, a seguito della Conferenza di Berlino del 1880, si divisero l’Africa e il mondo, tracciarono i confini degli Stati, trasferendo sulla carta geografica i loro rapporti di forza e gli interessi degli
occupanti di quei territori, piuttosto che tenere conto della distribuzione delle popolazioni, delle etnie sul territorio della storia di quei popoli. Il Ruanda, già colonia tedesca, venne assegnato nel 1946 al Belgio in amministrazione, su mandato dalla Società delle Nazioni, in amministrazione fiduciaria. Il paese è situato nella regione degli altipiani fra le sponde nord-orientali del Lago Tanganica e il corso superiore del Kagera, immissario del Lago Vittoria. Il territorio era originariamente abitato dagli Hutu, che svolgevano prevalentemente attività agricole e da Tutsi dediti all’allevamento del
bestiame: tra queste due componenti della popolazione gli scambi e i matrimoni misti erano comuni e le diverse tribù facevano parte di un unico regno.
Per controllare il paese l’amministrazione criminale coloniale, a differenza di quanto fece nel vicino Camerun [1] decise che era opportuno dividere la popolazione e si prodigò nel diffondere l’idea, costruita a tavolino, di una differenza razziale basata sull’aspetto fisico degli individui. Venne diffusa così l’idea che la maggiore altezza dei Tutsi era la conseguenza della loro origine caucasica, frutto di antiche migrazioni verso quelle aree dell’Africa (tesi peraltro del tutto scientificamente inconsistente), e perciò erano quanto di più possibile vicini ai bianchi, e quindi geneticamente superiori mentre la più bassa statura che caratterizza gli Hutu li avvicinava al terzo gruppo etnico dell’area, i pigmei Twa, (1%) della popolazione, considerati una degenerazione genetica. Da questo elemento razziale discendeva il diritto dei Tutsi ad essere classe dirigente, possedere la terra e il bestiame e gestire il potere politico, mentre gli Hutu avrebbero dovuto svolgere il lavoro agricolo e sovrintendere al culto religioso: a loro erano riservate le mansioni più umili e meno retribuite.
L’odio artatamente nutrito dette i suoi frutti è così, dopo sanguinose rivolte e massacri, gli Hutu, presero il potere nel 1959–1962, e ciò coincise con l’inizio della lunga persecuzione dei Tutsi. Molti di loro fuggirono nei Paesi limitrofi, soprattutto in Uganda, altri si rifugiarono in Congo. Nel periodo del genocidio, avvenuto nel 1994, gli Hutu erano il gruppo di popolazione maggiore, ma i Tutsi avevano il controllo dell’esercito e si formassero gruppi paramilitari dall’uno e dall’altra parte: il paese venne dilaniato da una guerra civile feroce.
L’assassinio del presidente ruandese Hutu rappresentò l’innesco del genocidio nel corso del quale gli estremisti Hutu uccisero tra 500.000 e 1.000.000 di cittadini Tutsi e Hutu moderati. Paul Kagame, Presidente del Fronte Patriottico Ruandese e attuale Presidente del Ruanda, cresciuto in un campo di sfollati in Congo, assunse la leadership della componente Hutu, riprese la guerra civile e pose fine al genocidio con una vittoria militare, restando al potere fino ad oggi: il suo ultimo mandato è stato rinnovato nel 2024. C’è lui dietro l’addestramento militare del M 23 e la stabilizzazione del territorio nel quale da sempre imperversano le compagnie di mercenari e di miliziani dalle più diverse provenienze. Le enormi ricchezze presenti su quel territorio rendono infatti conveniente per le compagnie che si sono appropriate dei diritti di sfruttamento di queste risorse investire una parte dei profitti in sicurezza, dotandosi di eserciti privati, a garanzia della possibilità di mantenere il controllo dei loro investimenti.
Il governo centrale congolese non vuole rinunciare ad esercitare la propria giurisdizione su questi ricchi territori e pertanto, come molti dei governi dell’Africa centrale ha fatto ricorso a mercenari, optando improvvidamente per i servizi offerti dalla Amani Sarl, compagnia di mercenari, filiale congolese della società bulgara Agemira, controllata dai servizi segreti francesi, costituita ad imitazione della Wagner da Horatiu Potra, un mercenario rumeno che ha fatto parte della Legione straniera francese negli anni Novanta, è stato la guardia del corpo principale dell’emiro del Qatar fino alla fine degli anni ’90 e ha prestato servizio nella Repubblica Centrafricana sotto l’ex presidente Ange-Félix Patassé. Svolge un ruolo nella crisi rumena fornendo il servizio di guardia del corpo al candidato Georgescu contrario alla guerra in Ucraina. La soddisfazione dei militanti del M 23 deve essere stata grande quando senza colpo ferire e dimostrando efficienza e disciplina, hanno accettato la resa dei mercenari bianchi, imbarcandoli su dei pullman per espellerli dal paese, ma garantendo loro la salvezza della vita senza
combattere.
Orientando in tal modo l’operato di M 23 Kagame, presidente del Ruanda ha dimostrato di avere ben appreso la lezione sull’utilizzo dei proxy, lanciando il messaggio che è in grado di garantire il controllo del territorio Molto meglio e con più efficacia di quanto possano fare le milizie private al servizio degli sfruttatori delle risorse del territorio. La presenza di una forza militare regolare, controllata da uno Stato, mette infatti al riparo da iniziative non infrequenti di questi gruppi mercenari che improvvisamente decidono di rompere il contratto con il committente, mettendosi in proprio, e dandosi alla macchia, dopo aver prosciugato o sfruttato convenientemente i giacimenti e le risorse che controllano.
La presa di possesso del territorio è stata completata dal contemporaneo dissolvimento delle unità militari dell’esercito congolese dipendente dal governo centrale che ,pur di aver salva la vita, si sono consegnati alla missione dell’ONU presente sul territorio con funzione di peacekeeping, dopo aver consegnato loro le armi e avere indossato abiti civili forniti dalla popolazione.

La crisi irreversibile del neo-colonialismo francese

Se è vero che al momento ciò che è avvenuto in Congo fa emergere la novità costituita da un esercito nazionale africano che si rivela capace di arginare ruolo e funzione di mercenari nel sostenere il controllo del territorio africano, non così è avvenuto nella fascia di Stati dell’Africa centrale che si colloca a nord dei confini congolesi. In paesi, quali il Burkina Faso, il Mali, la Repubblica Centrafricana, il Niger, il Ciad, il Sudan, il Sud Sudan si sta insediando con sempre maggiore pervasività e determinazione la presenza militare russa che recentemente è riuscita a far sbarcare in Ghana un numero imprecisato di blindati che si sono diretti verso il Mali a sostegno delle forze li schierate. Questo mentre è segnalata la costruzione di aeroporti e di basi russe nel sud della Libia, all’intersezione con i paesi del centro Africa dove sono stati avvistati anche qui blindati e convogli in movimento a garanzia della presenza russa nello sfruttamento delle risorse.
È del tutto evidente l’intenzione della Russia di colpire gli interessi della Francia in Africa, la quale deve registrare il fallimento della sua politica neo-coloniale e prendere atto dell’odio profondo e del risentimento che essa ha lasciato nelle popolazioni, che salutano la partenza dei soldati francesi come una liberazione. Se si guarda a quanto sta avvenendo si comprendono le ragioni delle apparentemente improvvise impennate di Macron che a fasi alterne non tralascia occasione per dichiarare la necessità di un intervento armato in Ucraina con l’intento di contrapporsi militarmente alla Russia sul campo di battaglia, mostrando in tal modo di coltivare un interesse geostrategico per confrontarsi con essa a livello globale.

Materie prime e strategiche, corridoi commerciali e infrastrutture tra Cina e USA

Quando sta avvenendo a Goma interagisce con l’azione di altri importanti attori che operano nel territorio immediatamente contiguo a quest’area e che dovrebbe ospitare le strutture della logistica destinate a servirla. Gli USA sono interessati alla realizzazione del Corridoio di Lobito, una ferrovia lunga circa 1.600 chilometr i che collegherà la località di Kalumbila, nello Zambia settentrionale, alla costa angolana, passando attraverso il sud della Repubblica Democratica del Congo. Il progetto, che ha un costo previsto di circa 1 miliardo di dollari, alcuni dei quali stanziati dalla Banca africana di sviluppo (AfDB) e della Africa Finance Corporation – migliorerebbe il trasporto dei minerali critici della cosiddetta Copper Belt africana (Congo Meridionale, Zambia Settentrionale) verso i porti atlantici dell’Africa meridionale. A costruire la linea ferroviaria sarà un consorzio denominato “Lobito Atlantic Railway”, alla cui testa figura
la società svizzera Trafigura. Con la realizzazione di questa infrastruttura si ridurrebbero i tempi di percorrenza delle merci, si migliorerebbe la loro sicurezza e il volume trasportato e quindi verrebbe potenziata la catena di rifornimento globale per l’economia occidentale. Inoltre, il rinnovamento infrastrutturale conseguirebbe lo scopo accessorio di incentivare gli investimenti stranieri nel settore minerario, sia estrattivo che della raffinazione, possibilmente incrementando la quota delle aziende occidentali. Obiettivo non secondario di questa iniziativa è quello di contrastare la penetrazione economica cinese, la quale, da parte sua, intende rivitalizzare la ferrovia TAZARA (Tanzania-Zambia Railway), ammodernandola: Goma è parte fondamentale del tracciato, L’iniziativa permetterebbe a Pechino di controbilanciare il corridoio di Lobito sul versante orientale e di tagliare a est verso il porto tanzaniano di Dar Es Salaam.
Ma i cinesi per investire cercano stabilità, senza avere pregiudizio alcuno  sull’orientamento dei governi con i quali collaborano ed intervenire nelle loro questioni interne. Il Ruanda l’ha capito e intende fare la sua parte offrendo loro quelle garanzie di stabilità politica che essi cercano.

[1] La Redazione, Assalto all’Africa, Newsletter Crescita Politica, n. 182 febbraio 2024.

La Redazione