Anche se si assiste al proliferare dei conflitti e sempre più forti si fanno le spinte per adottare politiche di riarmo, crescono le difficoltà nei paesi occidentali per reclutare i militari occorrenti a formare gli eserciti. Per questo motivo in molti governi si predispongono proposte per l’introduzione della leva obbligatoria che coinvolga, sia pure con modalità diverse, tutta la popolazione considerata abile alle armi donne comprese.
Era stato per primo il Regno Unito, alla fine degli anni 50, a decidere di abolire il servizio militare obbligatorio quando nel 31 dicembre del 60 ne venne disposta la sospensione. Prendendo atto delle trasformazioni avvenute sul campo di battaglia il governo inglese decise che l’esercito necessitava di personale specialistico e perciò ricorse ai volontari, costituendo un esercito professionale considerato più consono ai bisogni di una guerra moderna. Questa scelta venne condivisa dalla Francia solamente con la legge 97-1019 del 28 ottobre 1997, con efficacia a partire dal 1998, voluta dal presidente Chirac, in coincidenza con la smobilitazione effettiva della presenza coloniale francese. Bisognerà attendere la legge del 2004 n. 226 perché l’Italia segua la stessa strada affinché dall’anno successivo si ponga termine alla leva obbligatoria in non casuale coincidenza con la medesima decisione assunta nel 2004 dagli Stati Uniti. Il processo si diffuse negli altri paesi europei ad eccezione di Cipro, Grecia, Austria, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Svezia e Danimarca, dove il servizio militare obbligatorio è rimasto in vigore con modalità sia pure diverse.
Sotto la spinta della guerra in Ucraina oggi si comincia a delineare una inversione di tendenza adottando soluzioni che prevedono chiamate alle armi parziali o temporanee che dipendono in parte dalla indisponibilità dei cittadini a svolgere il servizio militare, in parte dalla situazione demografica dei diversi paesi, in parte dalla constatazione che un
esercito moderno necessita comunque di personale specialistico, anche se non può fare a meno della massa d’urto costituito dalla totalità dei coscritti.
Il problema demografico e l’uso dei mercenari
Limitando le nostre considerazioni agli Stati Uniti e ai paesi europei notiamo che soprattutto per quanto riguarda questi ultimi l’inverno demografico che molti di essi attraversano impedisce numericamente la possibilità di disporre di eserciti di massa mancando la materia prima costituita da persone in età di svolgere queste attività. Si pensa allora di estendere la platea della popolazione coinvolta introducendo come fa la Svezia il servizio militare obbligatorio per le donne in modo da aumentare il numero degli effettivi ma soprattutto nel breve periodo si pensa di risolvere il problema ricorrendo all’arruolamento di volontari, dando vita ad un esercito professionale che in parte risponde in modo coerente al bisogno di specializzazione tecnica delle truppe da schierare sul campo di battaglia. Processo sembra essere agevolato dal diffondersi della guerra elettronica che permette di schierare sul campo competenze tecniche possedute da personale militarizzato che può essere anche di sesso femminile.
Cresciuto interesse degli Stati per i volontari disponibili a svolgere le attività di militari far riscontro la crescita nella società occidentale di volontari che per ragioni diverse scelgono di offrirsi per combattere già da ora nelle guerre in corso. Tra questi dobbiamo annoverare certamente coloro che compiono questa scelta per motivi ideali decidendo di sposare una causa per motivi ideali, politici, religiosi o di appartenenza etnica ma certamente la gran parte di essi è costituito da persone che fanno delle attività combattente un mestiere e che quindi decidono di intraprendere l’attività di combattente militando in compagnie appositamente costituite da privati come da entità statali, da reclutare secondo le necessità per difendere sia lo Stato committente che il privato imprenditore che decida di tutelare il suo investimento, supportandolo attraverso la forza militare.
Può accadere anche che sviluppando la propria organizzazione e rendendosi conto della crescita di capacità operativa queste compagnie militari divengano esse stesse soggetti che decidono di operare sul mercato in difesa di uno spazio di investimento in proprio come vera e propria azienda, per cui l’apparato militare è solo una parte essenziale e necessaria della struttura organizzativa operativa della compagnia che provvede a garantire sul campo l’investimento.
Numerose tanto da essere non censibili sono queste agenzie nei paesi occidentali come in Russia dove la più nota di essa la Wagner e ormai conosciuta da tutti come uno degli strumenti operativi del governo russo, ma tante altre sono quelle che operano sul mercato. Possiamo anzi affermare che soprattutto per quanto riguarda territori come l’Africa ma anche l’America Latina molti investimenti di compagnie minerarie o estrattive di gas e petrolio si reggono su strutture di questo genere o si offrono come braccio armato degli Stati per assicurare il controllo del territorio all’autorità politica di turno, naturalmente dietro lauto pagamento o una compartecipazione all’attività di sfruttamento delle risorse naturali del paese “protetto”. La potenza economica raggiunta da molte società multinazionali che hanno bilanci che superano quelli di alcuni Stati permette loro di sopportare i costi che il sostegno di tali strutture comporta, operando in quelle aree dove il controllo del territorio da parte delle autorità politiche è debole.
I soldati di ventura
Ancora più diffuso è il fenomeno dei volontari individuali che decidono di farsi reclutare per combattere al servizio di una causa, qualunque essa sia, purché a condizioni economiche da essi giudicate vantaggiose. Questa pratica, da sempre esistita, tanto che il governo francese pensò di istituzionalizzarla con la costituzione della legione straniera, fondata dal re Luigi Filippo di Francia il 10 marzo 1831, a supporto della conquista francese dell’Algeria, incorporando tutti gli stranieri che avessero voluto firmare volontariamente un ingaggio, è oggi in uso sui fronti della guerra in Ucraina,
soprattutto da parte dello Stato ucraino e dei paesi occidentali che lo supportano, i quali hanno messo a disposizione le risorse economiche per il reclutamento di combattenti e che ha consentito la costituzione di unità militari composte da questi soggetti, stante la carenza di uomini di cui l’Ucraina dispone, il grande numero di diserzioni tra i coscritti nel paese, costretti con la forza ad imbracciare le armi.
Di queste formazioni fanno parte anche militari già volontari in esercito occidentali, formalmente congedati, ma di fatto incaricati dai rispettivi eserciti di far esperienza sul campo di battaglia per poter poi tornare nelle unità di provenienza a fare da formatori alle truppe sulle tecniche moderne di combattimento apprese sul campo di battaglia. La
guerra, infatti, come tutte le esperienze umane, comporta la sperimentazione di soluzioni ai problemi che si presentano, che hanno carattere innovativo e quindi contribuiscono a rafforzare le capacità operative di combattimento e pertanto un esercito che non disponga di esperienza sul campo di battaglia è certamente svantaggiato rispetto ai propri competitors: da qui discende la necessità per gli Stati maggiori di disporre di un numero congruo di questi soggetti.
È del tutto evidente che l’impegno militare di questi soggetti è circoscritto alle regole di ingaggio, ivi compreso il periodo nel quale il servizio viene prestato e le condizioni economiche alle quali esso avviene e non costituisce alcuna garanzia di continuità non essendo sorretto dalla doverosità insita nell’appartenenza alla nazione che fa degli eserciti nazionali una diretta emanazione di almeno una parte delle popolazioni.
Non vi è dubbio comunque che quando sta avvenendo dimostra plasticamente la poca propensione delle popolazioni europee ad impegnarsi nella guerra e la loro difficoltà a subire il costo economico e sociale del riarmo consistente non solo nell’evidente sacrificio della vita ma anche in una drastica riduzione del loro tenore di vita dovendo
destinare una parte consistente delle risorse al riarmo, sottraendole alle spese per il welfare e per il benessere dei cittadini.
Una minaccia per la libertà dell’occidente: il piano di pace di Zelensky
Di tutto questo sembra essersi reso perfettamente conto il presidente ucraino Zelensky come traspare in modo del tutto evidente dal suo cosiddetto “Piano della vittoria” laddove egli al punto cinque propone l’esercito ucraino per “sostituire parte delle truppe statunitensi di stanza in Europa poiché, grazie all’esperienza maturata durante la guerra, gli uomini di Kiev possono contribuire significativamente al mantenimento della pace nel continente”. In altre parole Zelensky propone che gli ucraini svolgano la funzione di pretoriani d’Europa, che in mancanza di forza e volontà di combattere da parte di una popolazione imbelle, rammollita dagli ozi, pacifista, fungano da guardiani a pagamento delle loro libertà e delle istituzioni democratiche, mantenuti dalle popolazioni, per garantirne loro la sicurezza, ovviamente rispetto ai russi che vorrebbero sfruttarli. Ovvero l’alternativa allo sfruttamento russo sarebbe costituita dal mantenere a spese degli europei gli ucraini, indomiti guerrieri.
Francamente nel leggere queste proposte viene da pensare che dalle parti di Kiev si pensi che in occidente i popoli sono tutti costituiti da imbecilli, che non sanno riconoscere i mali profondi prodotti nelle menti e nelle intenzioni di chi formula queste proposte da una guerra impregnata di nazionalismo xenofobo verso le popolazioni russe iniziata nel 2014, reprimendo le richieste di autonomia dei territori del Donbass e della Crimea che chiedevano il rispetto dei loro diritti linguistici, economici e di libertà religiosa a fronte di una svendita delle proprietà collettive da parte dello Stato
centrale ucraino e dell’introduzione della Chiesa di Stato.
Oggi l’Ucraina non è solo un immenso territorio inquinato dalla guerra e dai disastri ecologici che essa ha prodotto, coperto di rovine, ma anche distrutto nel tessuto sociale, nella compagine nazionale, nel comune sentire e soprattutto privo di istituzioni che rispettino lo stato di diritto almeno quanto avviene parallelamente nella Russia
putiniana che gli ucraini combattono.
D’altra parte non c’è da meravigliarsi perché era già questo l’obiettivo che perseguiva il governo inglese quando nel 2022 Boris Johnson fece di tutto per fermare i negoziati di pace in Turchia, riuscendovi. Se si fosse raggiunta la pace non avrebbe potuto continuare a dispiegarsi il piano di riforme già in atto nel 2020 quando il governo britannico affiancò Kiev nella stesura di riforme sul lavoro finalizzate a ridurre i diritti dei lavoratori e a limitare l’influenza dei sindacati. È dimostrato che ingenti fondi di cooperazione sono stati utilizzati per “convincere un pubblico ostile a rinunciare ai diritti
dei lavoratori e ad attuare politiche antisindacali”, premendo sulle strategie di comunicazione (fonte; Steigan).
Queste informazioni sono confermate sono state confermate nel 2021 da Epu, rete europea a difesa dei lavoratori, la quale ha sostenuto che “il Regno Unito sta finanziando la propaganda per creare un clima contro i sindacati ucraini”.
Le riforme sono state applicate subito dopo l’invasione russa del 2022 tramite una legislazione d’emergenza che consente ai datori di lavoro di annullare contratti collettivi e influisce su orari, diritti e condizioni di lavoro, licenziamento e risarcimento. Poi la conferenza per la ripresa dell’Ucraina in Svizzera nel luglio 2022, dove, racconta Steigan, si pianifica “il taglio delle leggi sul lavoro, l’apertura dei mercati, l’abbassamento delle tariffe, la deregolamentazione delle industrie e la vendita di beni statali a imprese di investitori privati”. Intanto la casa finanziaria Rothschild & C. si occupava di riorganizzare il debito di Kiev ma presto, secondo gli analisti norvegesi, “richiederà la sua libbra di carne”.
Come è evidente tutto si tiene!
G.L.