Malgrado che Raffaele Fitto abbia fatto sfoggio di tutte le sue qualità di ex democristiano i suoi sforzi per cancellare le sue scelte sovraniste non sembrano aver ha avuto successo, anche a causa dei veti incrociati della sua candidatura con quella della candidata socialista spagnola Teresa Ribeira, socialista.
I calcoli della Meloni che pensava di avere blindato la sua candidatura grazie all’asse stabilito con Ursula von der Leyen sempre più debole e bisognosa di sostegno da qualunque parte venga rischiano di rivelarsi sbagliati. D’altra parte e tutto lo staff della nuova commissione che è estremamente debole e fa la figura dei vasi di coccio che devono viaggiare sullo stesso carro insieme a quelli di acciaio rappresentate da Trump e dai suoi fiancheggiatori la debole. La debolezza della presidente della commissione sta proprio nel fatto di dover cercare sostegno in quelli in coloro in quelle forze che
svolgono il ruolo di agenti che operano nell’unione europea il nome per conto di chi ha interesse ad indebolirla, ovvero dell’amministrazione Trump e del e della Gran Bretagna che hanno tutta l’intenzione di portare a compimento il processo di ridimensionamento della Germania e di sostanziale smembramento dell’unione europea.
La strategia di indebolimento viaggia su alcuni assi portanti che paradossalmente sono condivisi dalla nuova Commissione nella quale regna l’infantilismo politico e la vacuità di due donne presenzialiste ed arroganti, la von der Leyen e la Metzola, che piene di sé, pensano di essere delle grandi politiche. Non si rendono conto che fare di tutto per
allargare l’Unione a Ucraina, Moldavia, Georgia e quant’altro, costituisce una leva per indebolire l’Unione alimentandone la sua eterogeneità, immettendo paesi che non possiedono i parametri per farne parte organicamente, indeboliscono l’Unione e le sue capacità decisionali. Accollando sulle sue spalle la ricostruzione dell’Ucraina ne compromettono le capacità economiche e finanziarie e mettono in crisi il welfare degli Stati che ne fanno, parte assorbendone le risorse.
Millantando che ciò costituisce un affare che porterà benefici economici a tutti, omettono di dire che dell’eventuale ricostruzione di quello che dell’Ucraina resterà dopo che i russi l’avranno spolpata, avranno da guadagnare le imprese che vinceranno gli appalti, mentre a pagare sarà l’Ue e quindi i popoli dei paesi che ne fanno parte. L’Ucraina è uno stato fallito e non è pensabile che la pace preveda il pagamento da parte dei russi dei danni di guerra, in qualsiasi forma.
Il leader del cristiano sociali Weber lo sa bene: non ama particolarmente l’Europa ma dalla ma da un lato oltre ad aspirare a sostituire la von der Leyen vuole riportare la Germania al centro della politica europea e comprende l’utilità di una partnership con un futuro cancelliere del suo stesso partito che garantisca un lavoro di squadra e unità di intenti. Le prossime elezioni che si svolgeranno in Germania sono l’occasione per mettere in atto questa svolta e aprire alla destra sfruttando come terreno comune l’opposizione alla guerra, oggi resa più agevole dalle politiche trumpiane.
E perciò ben venga la crisi della commissione perché in ogni caso quella eletta sarà un organismo debole, sottoposto agli umori di una maggioranza variabile è sempre incerta, come il voto sulla legge sulla forestazione ha dimostrato, e questo in un momento nel quale l’Europa avrebbe bisogno di una guida forte e di una leadership coesa, caratterizzata da chiarezza di vedute politiche e da unità di intenti. Per questi motivi lo stallo è destinato a durare sin quasi a protrarsi fino all’esito delle elezioni in Germania che comunque avranno profonde ripercussioni sui destini futuri della Commissione europea.
Un investimento sbagliato di sei milioni di euro
Chi rischia di restare bruciato da queste politiche inconsistenti della Commissione è il governo italiano, il quale ha stanziato – come si legge nella Finanziaria – ben sei milioni di euro per l’organizzazione il 10 e11 luglio 2025 a Roma una conferenza di quegli investitori che dovrebbero spartirsi gli appalti per provvedere alla ricostruzione dell’Ucraina. Un affare che vale centinaia di miliardi di euro e che fa gola alle principali imprese europee.
Le principali voci di spesa: 1,9 milioni tra affitto, adattamento e allestimento dell’evento, 875 mila euro, catering (6 coffee break da 30 euro per 3.500 persone e una colazione e una cena al costo di 70 euro), un milione per i servizi di accoglienza, 600 mila euro per quelli di accredito, 300 mila euro per il sito web e la comunicazione e altrettanti per due
eventi preparatori, 150 mila per la consulenza di think tank.
Per l’ospitalità della delegazione ucraina particolarmente numerosa: vitto e alloggio per due notti al costo di 250 euro per circa 350 persone (in totale 175 mila euro) e 350 mila euro di spese aeree (ogni biglietto i mille euro !). Inoltre, “l’elevata incertezza del quadro militare e politico che caratterizza la crisi ucraina” consiglia di “riservare una quota per
imprevisti”, di 250.000 affidati alla gestione diretta del ministero degli esteri. Le gare riservate agli amici degli amici per accaparrarsi gli appalti sono aperte!
Considerato che gli esiti della guerra lasceranno nelle mani dei russi larga parte delle aree produttive del paese gli interrogativi relativi a chi avrà da guadagnare da tutto questo rimangono, e non bastano comunque a giustificare le politiche del Partito democratico e in particolare di suoi esponenti come la parlamentare europea Giuseppina Picerno ex vice presidente, che, non a caso, dopo avere tenacemente sostenuto l’impegno nella guerra ucraina, lavora per una convergenza sul nome di Fitto.
La Redazione