Moldova e Georgia:l’appetito vien mangiando

Mentre i 27 Stati che costituiscono l’Unione europea, mantengono da decenni in lista d’attesa ben 5 Stati balcanici (Albania, Montenegro, Bosnia, Macedonia del nord, Serbia) e un quasi-Stato, il Kosovo, aspettando che maturino i requisiti per essere ammessi nell’Unione, se ne infischiano delle carenze che possiedono e predispongono un percorso privilegiato di adesione per Ucraina, Georgia e Moldova, che non hanno e sono ben lontani da aver maturato i requisiti richiesti. Ovviamente, le ragioni sono di carattere politico-strategico, ma operano una torsione dei Trattati costitutivi dell’Unione, rischiando di snaturarne le caratteristiche, soprattutto con riferimento all’aequis comunitario.
Non vi sono dubbi che gli impegni presi nell’euforia di adottare azioni di sostegno all’Ucraina, consegneranno all’Unione un paese in stato comatoso, dopo una sconfitta militare rovinosa, ormai inevitabile, completamente distrutto e da ricostruire e quel che è più grave, avvelenato nelle sue istituzioni democratiche, di fatto mai decollate, affetto da persecuzioni religiose, privazione dei diritti, e dalle conseguenze di una guerra devastanti. Della sua ricostruzione i paesi europei dovranno sopportare i costi, spalmandoli sui loro magri bilanci e sottraendo risorse ai propri cittadini. Tutto questo nell’interesse di ben individuati gruppi economici e consorzi di aziende che cercheranno di spartirsi il bottino di una ricostruzione del tutto ipotetica e comunque problematica, di un paese distrutto, privo di un futuro demografico, problematico dal punto di vista della
composizione sociale. Non in condizioni migliori saranno Moldova e Georgia, qualora il processo di adesione di questi paesi giungesse rapidamente a compimento, anche se per comprendere cosa potrebbe accadere è il caso di prendere in esame la situazione specifica dei due paesi che presentano problematiche non molto diverse tra loro.

L’adesione della Moldova

Anche se il governo della Moldova ha chiesto l’adesione all’Ue nel marzo del 2022, in realtà la libera circolazione dei cittadini moldavi nei paesi europei è iniziata da tempo, facilitata dal fatto che, soprattutto per quanto attiene coloro che provengono dalla Bessarabia, regione di lingua rumena, ciò è stato facilitato dal rilascio da parte del governo rumeno del doppio passaporto. Inoltre da tempo il paese è aperto agli investimenti occidentali e alla delocalizzazione di attività soprattutto manifatturiere da parte di aziende anche italiane che hanno le case madri nell’Ue. Il paese è ufficialmente bilingue e vi si parla il russo e il rumeno, tanto che le leggi e i documenti ufficiali sono redatti in ambedue le lingue; al suo interno operano due Chiese ortodosse, una legata al Patriarcato di Mosca, ma largamente autonoma, l’altra alla Chiesa Ortodossa Rumena. Questa particolare configurazione del paese si riflette sulla struttura sociale e sull’assetto territoriale, tanto che coesiste con lo Stato moldavo una autorità autonoma che gestisce la regione della Transnistria, che di fatto si auto-amministrata e si considera un retaggio dello Stato sovietico, al punto da conservarne ufficialmente lo stemma e l’inno.
La grande povertà del paese ha costretto i cittadini moldavi ad emigrare in due direzioni: quella tradizionale verso la Federazione russa, sostenuta dall’affinità linguistica e culturale e dai legami familiari risalenti alla comune appartenenza della
Moldova all’Unione Sovietica, calcolata in circa 500.000 persone e una emigrazione di pari entità verso Occidente, soprattutto verso l’Ue, avvenuta a partire dal 1991, dopo il crollo dell’URSS. Tuttavia mentre il governo moldavo ha provveduto ad organizzare in molte città europee seggi nei quali i migranti hanno potuto esprimere il loro voto, non altrettanto è avvenuto in Russia, dove sono stati istituiti esclusivamente due seggi a Mosca, ai quali sono state inviate solo 10.000 schede. Il paese è andato alle urne il 20 ottobre per leggere il Presidente della Repubblica. Il primo turno ha ristretto la competizione a due candidati, la presidente uscente Maya Sandu e Alexandr Stoianoglo, ex procuratore sostenuto dai socialisti filorussi.
Nell’intermezzo tra il primo e il secondo turno gli elettori sono stati chiamati a pronunciarsi sul referendum costituzionale per l’inserimento in Costituzione della possibile adesione del paese all’Ue. La vittoria del “si” è stata di misura, grazie a qualche migliaio di voti, mentre inchieste giornalistiche hanno fatto emergere tentativi di influenzare e condizionare il voto con una campagna di disinformazione svolta da ambedue le parti. In particolare, mentre la presidente viene accusata di avere pilotato il voto della diaspora moldava ad Occidente i contrari all’adesione all’Ue avrebbero beneficiato del sostegno di abitanti della Transnistria, trasportati con pullman messi a disposizione da oligarchi filorussi per votare, approfittando del fatto che, pur abitando nella regione separatista ,sono cittadini moldavi e conservano il diritto di voto.
Domenica 3 novembre si è svolto il secondo turno delle elezioni presidenziali che sono state vinte da Maya Sandu con il 55% dei voti, dopo che fino all’ultimo lo spoglio delle schede aveva favorito il candidato dell’opposizione. Il ribaltamento del risultato si è avuto con lo spoglio delle schede della capitale Chisinau. e l’arrivo dei voti della diaspora moldava l’occidente.
L’andamento del voto dimostra quanto il paese, che conta due milioni e mezzo di abitanti, sia diviso non solo per effetto dei diversi orientamenti che caratterizzano le diaspore ad Oriente e ad Occidente, ma anche a causa della sua particolare posizione sul confine dell’Unione, conteso tra i legami economici e culturali con la Romania ,e per suo tramite, con l’Europa e invece l’appartenenza al mondo slavo e ai rapporti con la Russia. Guardando al voto si registra una polarizzazione tra gli abitanti della Bessarabia e quelli della capitale, orientati verso Occidente, ,mentre le campagne e le periferie del paese guardano al mondo russo, come a un punto di riferimento politico e culturale, oltre che religioso.
Il risultato elettorale è stato salutato con favore da Ursula von der Leyen, sottacendo che il paese non possiede i requisiti, anche minimi, per aderire all’Unione né per quanto riguarda la sua legislazione che le strutture fiscali ed economiche che ne permettano l’integrazione nel tessuto produttivo e politico-istituzionale. Un suo ingresso richiederebbe inoltre un impiego notevole di risorse per consentirne il decollo, anche se offrirebbe all’Unione un’ulteriore territorio nel quale continuare a delocalizzare attività produttive, aggravando così ancor più la crisi occupazionale e produttiva dei paesi membri.

L’adesione georgiana

Anche in Georgia si è votato avendo lo sguardo rivolto all’Europa, ma il 27 ottobre il partito populista e filorusso Sogno Georgiano, che governa il paese da ormai 12 anni, ha vinto le elezioni legislative ottenendo quasi 54% dei voti. La coalizione d’opposizione filo-europea, della quale fanno parte da quattro partiti, guidata dalla presidente della Repubblica, Salome Zourabichvili, ha raccolto il 37% circa dei consensi. A suo avviso l’esito del voto è frutto di una “operazione speciale russa”, finalizzata ad allontanare la Georgia dall’Europa e, contestando l’esito del voto, la Presidente ha invitato i cittadini a
scendere in piazza, trovando ascolto principalmente nella capitale Tbilisi, dove si concentra la gran parte di coloro che chiedono l’adesione del paese all’Unione.
Anche in Georgia l’esito del voto dimostra l’esistenza di una profonda spaccatura nel paese tra città e campagna, testimoniata dal ripetersi nella capitale di manifestazioni a favore dell’adesione del paese all’Ue, posizione questa che certamente lede interessi geostrategici della Russia, ma trova sostegno nelle periferie. Diversi osservatori interessati, tra cui OSCE, UE e NATO, hanno sostenuto che il voto sarebbe stato caratterizzato da pressioni e violazioni, oltre che abusi finanziari e casi di compravendita di voti. Paradossalmente anche il partito Sogno Georgiano sostiene l’ingresso del paese nell’Ue ma entro il 2030, posto che solo lo scorso dicembre l’Ue ha concesso a Tbilisi lo status di paese candidato e che in passato il paese si è pronunciato all’80% per l’adesione. Tuttavia Sogno Georgiano sembra operare in direzione, opposta considerando che ha proposto e fatto approvare una legge che mira a considerare l’ONG straniere che operano nel paese come agenti di altri Stati,
ricalcando la legge russa a riguardo ed include tra queste le organizzazioni che sostengono la comunità LGBT, inducendo l’Ue a congelare l’adesione georgiana per “arretramento democratico” e violazione dell’aequis comunitario.
Va detto che il caso georgiano dimostra l’incoerenza e l’opportunismo dell’Ue la quale non ha formulato rilievi analoghi all’Ucraina, benché questa, molto più che la Georgia, abbia adottato provvedimenti del tutto in contrasto con l’aequis comunitario, a partire dalla palese violazione della libertà religiosa.
Non vi è dubbio comunque che oggi anche la Georgia è un paese spaccato tra città e campagne Le differenze tra zone urbane e rurali sono un dato di fatto e sarebbe bene che i politici di Bruxelles ne tenessero conto perché questa divisione rischia di spingere il paese verso la guerra civile. La rivitalizzazione del processo di adesione passa necessariamente da un rilancio del processo democratico di crescita del paese che pure in passato lo ha caratterizzato, se non si vuole che l’adesione venga vissuta
da una parte della popolazione come annessione e distacco da radici culturali pur presenti in modo significativo nel paese.
Inoltre, sia nel caso della Moldova che della Georgia una crescita tumultuosa dell’Ue e una sua rapida espansione – come la storia dell’Unione dimostra – avviene a discapito della coesione e non aiuta quel necessario processo di revisione dei meccanismi decisionali che, soprattutto in questa fase politica istituzionale sarebbe necessaria. Quanto più l’Unione è composita e vive diverse fasi di coordinamento degli ordinamenti degli Stati che ne fanno parte, tanto più essa è debole e incapace di avere voce nel panorama internazionale.

La Redazione