È la democrazia, bellezza!

È una vita che ci spaccano i maroni sostenendo che gli Stati Uniti sono il tempio della democrazia e che, per quanto male si possa dire e per quanto grandi siano i suoi limiti, quella democratica è la forma di governo migliore. Tuttavia le condizioni miserevoli nelle quali si ritrova il Presidente degli Stati Uniti ci inducono a domandarci: ma chi comanda veramente a Washington. Le recenti performance pubbliche di Biden ci hanno mostrato un anziano signore. vittima dei suoi acciacchi, incerto nel camminare, sempre più in difficoltà nel formulare ragionamenti coerenti e conseguenziali, con un’evidente perdita delle facoltà cognitive in progress, con ridotte, non sappiamo quanto, capacità di reazione in un lasso di tempo ragionevole e soprattutto necessario ad adottare decisioni rapide, incisive e ahimè foriere di gravi conseguenze. Visti i suoi compiti e le sue responsabilità dobbiamo ragionevolmente desumere che egli non sia soltanto affiancato da uno staff di consulenti ed esperti, come è logico che sia per un Presidente di un paese così potente, ma che egli venga sistematicamente sostituito e bypassato, tutte le volte che si registra un ritardo nelle sue decisioni, un tentennamento nelle sue scelte, la prospettiva di dover assumere decisioni importanti e irrevocabili.
Se ciò fosse vero, ed è vero, bisogna concludere che da tempo il vero Presidente non è lui, non è colui che gli elettori hanno designato a ricoprire questa carica e che quindi siamo di fronte ad una finzione, tipica della società dello spettacolo nella quale viviamo, dove una marionetta comunica un messaggio mediatico. mentre fili invisibili la sostengono è una voce ignota e soprattutto una mente sconosciuta ne formula i pensieri. Ciò fa sì che quel rimprovero che viene mosso agli Stati a regime autocratico, retti da personaggi designati sulla base di voti plebiscitari, come è il caso di Putin, oppure selezionati da una gerarchia articolata di partito, come il caso di Xi Jinping, sia del tutto inconsistente e fuori luogo, perché nella più grande democrazia del mondo, se vogliamo in quella più antica, o in una delle più antiche, insomma, negli Stati Uniti, chi comanda non è il popolo, ma ora questa ora quella lobby, a condizione che riesca a mettere insieme la quantità più rilevante di contributi elettorali, li investa nella ricerca del consenso dell’elettorato, e scommette
su un nome, un personaggio fantoccio, che assume il ruolo in pubblico di Presidente. Da questo punto di vista il da noi tanto criticato Zelensky, già attore, già, comico e uomo di spettacolo, non è l’eccezione, ma, purtroppo, la regola: peccato che sia anche un nazionalista guerrafondaio, oltre che il sodale di un gruppo di oligarchi ucraini che si contrappongono ad un altrettanto criminale gruppo di oligarchi russi e, in nome dei loro interessi, portano al massacro due popoli.

Una domanda

Ciò detto una domanda sorge inevitabile: quali motivi ci sono che possano giustificare la guerra, quali ragioni, quali principi, possono essere così grandi e irrinunciabili da valere la morte, le sofferenze, le distruzioni, le atrocità, la miseria, che una guerra porta con sé. Dobbiamo purtroppo prendere atto della natura miserabile degli esseri umani che si sono inventati concetti come la nazione, la patria, la razza, guardando il colore della loro pelle diversa, l’odio di genere non accettando le differenze e le diverse sensibilità tra uomini e donne, si sono battuti l’un contro l’altro per accaparrarsi più beni e ricchezze. nella convinzione che comandare sia il massimo del piacere, che sottomettere l’altro sia indice di potenza e di potere, strumento di piacere, sadico esercizio del comando. È una logica per noi difficile da comprendere posto che noi continuiamo a ritenere che:
“Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà ed un pensiero ribelle in cor ci sta. Dovunque uno sfruttato si ribelli noi troveremo schiere di fratelli. Passiam di plebi varie tra i dolori de la nazione umana precursori.”
Perciò, con convinzione e determinazione, siamo contrari alla guerra, per difendere una sciocca idea di nazione e di patria,. quando sono invece le condizioni materiali, i bisogni, gli interessi per una vita migliore e degna di essere vissuta. i veri valori per i quali vale la pena di combattere. Consapevoli di ciò sosteniamo la necessità di darsi istituzioni e
forme di rappresentanza caratterizzate dal rifiuto della delega, dall’esercizio del potere popolare attraverso forme di partecipazione diretta, che consentano l’attribuzione revocabile di funzioni, sottoposte a costante controllo.
Questa forma di gestione della società e di partecipazione alle scelte da parte di tutti non può che essere frutto di una crescita di coscienza e consapevolezza graduale, di un cammino molto lungo, ma è forse la sola strada per evitare che le guerre fratricide e false forme di democrazia dilanino la carne e la vita di donne e uomini, di bambine e bambini, di
vecchi e giovani, come avviene a Gaza, come avviene sui campi di battaglia in Ucraina e ovunque nel mondo dove le lotte per contendersi potere e beni si impongono sulla vita, sulla libertà e la serena convivenza delle persone.

G. L.