Chi chiede a Giorgia Meloni di dichiararsi antifascista sbaglia profondamente e lei fa bene a non dichiararsi tale, perché è fascista, lo è fino al midollo, nell’animo, nel DNA, nella formazione della sua personalità intellettuale e morale: perché ne condivide la storia, ne accetta l’eredità e cerca di enuclearne i principi, rielaborandoli sulla base di una cultura politica fascista. Prendendo le mosse da una, a suo modo, precisa e datata analisi delle classi sociali, la capa del partito fascista sviluppa termini, modi e forme di gestione del potere, che promanano da una società che ha al vertice una oligarchia, della quale assumono la guida soggetti che si ritengono superiori per geni posseduti, razza, colore della pelle, formazione culturale, elementi dai quali discenderebbero intelligenza, preparazione politica, visione prospettica, per effetto della loro appartenenza ad una classe, ritenuta superiore, che possiede una visione del mondo e le conferisce concretezza.
Giorgia Meloni è fascista nell’aspetto e nella pelle, in quel suo proporsi plasticamente con cipiglio marziale, abbarbicata alla visiera di un mezzo militare, mentre sfila in rassegna le truppe schierate, in occasione di una manifestazione d’arma. A guardarla provoca ripugnanza, ribrezzo e disgusto, una sorta di fastidio fisico, come si avverte
per le persone che hanno l’epidermide perennemente sudaticcia e umida, che emanano un odore da rigurgito fognario, che sono repellenti al tatto e all’olfatto.
Giorgia Meloni alimenta il suo fascismo con le reminiscenze e i ricordi che le sono stati trasmessi dai frequentatori di via della Scrofa, dai repubblichini e delle repubblichine che raccontavano della loro giovinezza di giovani fasciste e di balilla e ha poi sedimentato le sue convinzioni negli scontri e negli odi contro i militanti della sinistra
di classe, consumati negli anni 70, traendone alimento per uno smisurato desiderio di rivincita.
Dobbiamo imparare ad apprezzare la sua sincerità, la sua trasparenza, la sua onestà nel restituirci l’immagine profonda di se stessa, lo squallore della sua persona, il ribrezzo per tutto ciò che rappresenta, il disgusto per l’eredità che incarna, per i valori che intende trasmettere, per la società nella quale ambisce di vivere e di far vivere gli abitanti di questo paese, per la sua idea di nazione, per il suo amore per l’ordalia del sangue, per il suo dichiarato amor di patria, che rappresenta la sintesi di tutti i valori negativi della solidarietà umana e dell’egoismo, poiché interpreta l’appartenenza ad
un territorio e ad una tradizione come un valore esclusivo, da opporre agli altri, attraverso l’esercizio e la pratica condivisione del sopruso e della violenza.
Noi non pretendiamo assolutamente che lei si dichiari antifascista, poiché questo intorbiderebbe le acque, non farebbe altro che seminare confusione e disorientamento, sporcherebbe l’antifascismo, finirebbe per legittimare la reintroduzione di scelte, rapporti e valori propri del fascismo, facendoli accettare, resi irriconoscibili, da una retorica antifascista mistificante.
Esistono perciò tutti i motivi per ringraziarla della sua determinazione nel condividere ed accettare valori ed eredità del fascismo, Apprezziamo perciò la sua determinazione e la sua coerenza nel ribadire con le proprie scelte e le proprie decisioni, in ogni momento, la natura fascista della sua gestione dello Stato e della società e ricavare da questo
comportamento tutte le ragioni e una forte determinazione nel combatterla, nel contrastare le sue idee, nell’ostacolare le sue azioni, nel ritenerla incompatibile come parte di una convivenza possibile.
Di tutto questo la Meloni è consapevole, prova ne sia che ha come obiettivo prioritario la distruzione della Repubblica, nata dalla Resistenza, attraverso l’introduzione di modifiche costituzionali come il premierato, così profonde, da stravolgere l’architettura istituzionale esistente, per poter ragionevolmente affermare che una nuova Repubblica è nata dal suo governo, una Repubblica afascista, corporativa, oligarchica, frutto evoluto e modernizzato del fascismo, del quale condivide la visione di classe, il rapporto tra le classi sociali, le modalità di gestione ed esercizio del potere.
Per tutti questi motivi Giorgia Meloni e i suoi manutengoli vanno combattuti con un impegno costante e continuo, con determinazione, a partire da quelli più immondi, tra i quali primeggia l’attuale ministra della famiglia, ex abortista itinerante, oggi pentita, ex militante radicale, folgorata sulla via di Damasco da un rigurgito di cristianesimo integralista che cerca oggi di vomitare con ipocrisia assoluta sulle donne, che si prefigge di torturare sadicamente, inviando i propri accoliti nei consultori a speculare sulle loro difficoltà. In particolare verso questa immonda feccia si riversa tutto il nostro
disprezzo e la nostra opposizione.
Nello stesso tempo, siamo stanchi di vedere gli scampoli della sinistra riformista e le cosiddette persone perbene continuare a chiedere alla Capa dei fascisti professione di antifascismo, quasi che una parola finalmente pronunciata possa bastare a cancellare comportamenti, intenzioni, programmi così palesi ed evidenti che bisogna essere ciechi per non vedere, sordi per non sentire, muti per non protestare.
Sarebbe preferibile che costoro, superando ogni contrasto, si adoperassero per mettere a punto e realizzare politiche alternative, capaci di rispondere ai bisogni dei cittadini, di migliorare le loro condizioni di vita, di dare loro diritti maggiori e garantiti, alla salute, all’istruzione, alla solidarietà sociale, a salari più dignitosi, garantendo la sicurezza
sul lavoro invece che mendicare l’antifascismo della premier.
La Redazione