Il Governo, alla disperata ricerca di consenso, riapre il tavolo di trattativa con le parti sociali sulle pensioni e gli invertebrati leader sindacali accettano di sedersi al tavolo di trattativa anche se la controparte ha dichiarato in premessa che la legge Fornero non si tocca e che l’età per andare in pensione continuerà ad essere quella attuale. La proposta è quell’a dell’Ape che riguarda i lavoratori over 63, progressivamente quelli nati tra il 1951 e il 1955, i quali potranno andare in pensione con tre anni di anticipo. Il sostegno del loro reddito avverrà mediante a un prestito, da restituire a banche e fondi pensioni con gli interessi nell’arco di 20 anni, con taglio sull’assegno che potrebbe arrivare fino al 15%. A parole il lavoratore non riceverà “penalizzazioni previdenziali ma chi vorrà lasciare il lavoro prima del tempo avrà una penalizzazione sull’assegno pensionistico e la rata di ammortamento, ovvero la rata che si dovrà restituire a banche, assicurazioni o fondi pensioni che presteranno al lavoratore i soldi per andare in pensione con tre anni di anticipo, costituirà comunque una penalizzazione, che potrà arrivare a incidere sull’assegno pensionistico fino al 15% del totale dell’importo della pensione.
Per avere un’idea di quello che ciò significa basti considerare che su un assegno da 1.500 euro al mese la decurtazione per venti anni sarebbe di 225 euro. Questo importo non sarà uguale per tutti in quanto degli sgravi fiscali potranno far aumentare l’assegno al disoccupato di lunga durata o a chi ha redditi bassi, riducendolo invece per “chi sceglie individualmente” e per motivi personali di andare in pensione ” in anticipo”. Questo meccanismo sarà sperimentale per tre anni e riguarderà i nati dal 1951 al 1955. Questo meccanismo verrà gestito dall’Inps il quale dovrà stabilire dei rapporti con gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo netto della pensione ai lavoratori e che certificheranno la richiesta di pensionamento anticipato.
Anche se sembra che i soldi ce li metteranno banche e fondi pensioni è del tutto evidente che in realtà sono i lavoratori a pagare ingrassando le banche le quali si vedranno in pratica autorizzate a rilasciare dei mutui garantiti dallo Stato a una platea molto ampia di soggetti e potranno così ampliare la loro sfera di azione. Visto sotto questo profilo il provvedimento è ancora una volta un affare per le banche al quale partecipano i fondi pensione spesso gestiti da organizzazioni sindacali.
Un magnifico esempio di concertazione delinquenziale a carattere consociativo alla quale si sfugge in un solo modo: morendo dopo tre anni di pensione quando il prestito è stato erogato e non dovrà essere restituito dagli eredi.
Ancora una volta una scelta criminale di questo governo all’insegna di “morire presto” come sta già avvenendo per effetto della riduzione sempre maggiore della medicina preventiva e delle cure mediche. Insomma un bel programma di eutanasia sociale!