CHE C’È DI NUOVO

M(I)ACRON, NEOLIBERISTA TRASFORMATORE

La stampa di tutto il mondo viene alimentata dalle scorrerie diplomatiche del Presidente francese, chi finiscono sempre più spesso in un fiasco, m lasciando in ombra le sue avventure neocoloniali. La mattina dopo della sua passeggiata sulla spianata del Louvre la Francia ha ripreso con decisione e rinnovato vigore le sue avventure coloniali, rinforzando presenza e intervento militare in Africa. D’altra parte l’economia francese ha bisogno di sostenere le sue tradizionali fonti di approvvigionamento di materie prime, – anche e soprattutto di uranio – per alimentare il suo fallimentare sistema di produzione energetica basato sul nucleare; ha bisogno di sostenere le sue esportazioni verso le ex colonie,;ha bisogno del petrolio libico, dopo aver devastato il paese.
Ma il silenzio tombale della stampa internazionale riguarda la politica interna francese. Il Presidente stà promuovendo l’adozione di una serie di trasformazioni della struttura dello Stato e del mercato del lavoro francesi destinati a smantellare in Francia il ruolo del settore pubblico sia nella gestione e amministrazione del paese che nell’economia. Sotto attacco sono gli Statuti degli impiegati dello Stato, di quelli delle autonomie locali (regionali e comunali), della sanità con l’intento di introdurre una gestione manageriale e privatistica dell’intera struttura pubblica, facendo venir meno i presupposti strutturali dell’imparzialità, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa. Ai valori repubblicani di buona amministrazione, di neutralità della sua azione si sostituirebbe un sistema basato sul rapporto individuale di lavoro con un salario calcolato sul merito e gli incentivi e non più sulla funzione.
Ciò vuol dire che verrebbe meno quel ruolo di presidio che il servizio pubblico svolge sia nella somministrazione dei servizi alla persona e nell’efficacia dell’azione amministrativa rivolta ai cittadini, sia nel diffondere e praticare un costume di rigore nell’azione professionale dell’impiegato pubblico, alimentata da un insieme di diritti assicurati dagli Statuti professionali il cui ruolo va ben al di là della pubblica amministrazione in senso stretto, prova ne sia che ad esempio i ferrovieri – non a caso anche essi sotto attacco – si vedono assicurato proprio dal loro Statuto un contratto che regolamenta lavori usuranti, pensionamento, condizioni di lavoro, trattamento economico, progressione di carriera e, libertà sindacali ecc.
Per i non francesi è difficile comprendere la natura stessa del problema se non si tiene conto del fatto che a partire dal 1946, e quindi dalla fondazione della V Repubblica, piuttosto che adottare una normativa generale di tutela del lavoro – quello che sarà per i lavoratori italiani lo Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300) – si fece ricorso all’adozione di singoli Statuti professionali, vere carte dei diritti dei lavoratori settore per settore. Questi provvedimenti legislativi hanno ad avviso dei neoliberisti “ingessato” la gestione del rapporto di lavoro in Francia, arginando le liberalizzazioni e contribuendo alla difesa dei diritti dei lavoratori che è stato più difficile smantellare, come è invece avvenuto in altri paesi.
Con questa riforma dunque il Presidente francese, riprende la strategia dell’inquisito Sarkozy, interrotta nel 2008 dalla crisi economica, che mirava allo stesso risultato e vorrebbe così concedere mano libera al padronato francese e ai circoli economici che lo sostengono per abbattere il sistema di garanzie che fino ad ora ha protetto i lavoratori francesi, assicurando all’amministrazione pubblica francese quell’efficienza e imparzialità che molti paesi le invidiano. Bisogna conoscere dal di dentro e vivere sulla propria pelle il livello di prestazioni pubbliche francese per apprezzarne i metodi che emergono evidenti nel raffronto ad esempio con l’apparato pubblico del nostro paese.
Queste cose però i francesi le sanno bene e perciò, da una parte i lavoratori dei diversi settori si impegnano e sostengono le lotte e gli scioperi continuati che sommergono la Francia, a partire dal trasporto aereo per poi passare alle ferrovie e all’apparato pubblico, alla sanità come alla scuola. Dall’altro l’opinione pubblica accorda a questa mobilitazione e a queste lotte un sempre maggiore sostegno, è solidale verso l’azione sindacale e il consenso intorno al Presidente diminuisce a vista d’occhio.
Da parte sua il governo è forte di una maggioranza consistente, artificiosamente creata dal sistema elettorale maggioritario a doppio turno che conferisce all’esecutivo una forza notevole, accentuata dal fatto che le autorità pubbliche in Francia possono utilizzare efficaci strumenti amministrativi per intervenire e rafforzare l’azione di governo, ostacolati e tenuti a freno dalla garanzie statutarie, proprio quelle che il Presidente vuole eliminare alla radice per “liberalizzare” il mercato del lavoro e la gestione dell’apparato pubblico, per liberalizzare ulteriormente il mercato del lavoro privato.
Come si vede la convergenza tra le strategie politiche renziane e il suo epigono francese sono pressoché totali e perciò ambedue vanno schiacciati con decisione. Al momento il pupazzo italiano è stato messo all’angolo dal risultato elettorale, ma i danni che ha prodotto con il Job Act, le pensioni, la scuola, rischiano di essere permanenti e il leader francese, forte del potere ottenuto grazie al sistema elettorale maggioritario, si gioca la partita. In Francia l’esito dello scontro è tutto in mano alle organizzazioni dei lavoratori e alla partecipazione alla mobilitazione alla lotta e al consenso che la sinistra saranno capaci di mantenere intorno al fronte di lotta che è sceso in campo per contrastare il disegno presidenziale.
L’esisto dello scontro non è importante solo per i lavoratori francesi ma per quelli di tutta Europa in quanto l’arresto dell’attacco neoliberista potrebbe dare fiato alla ricerca di una propria identità da parte della sinistra europea continentale che sembra averla smarrita. Sull’esito positivo delle lotte si può costruire, come stanno facendo gli inglesi con Corbin, una alternativa che passa per più pubblico e meno privato, per l’aumento delle garanzie, per l’attacco al profitto, per le nazionalizzazioni e l’aumento dei servizi pubblici.