LE GRANDI MANOVRE

Le grandi manovre per la formazione del governo sono in corso applicando una logica spartitoria-appropriativa degli incarichi istituzionali. Lentamente, ma inesorabilmente, i nuovi assetti del potere si vanno configurando, lasciando a bocca asciutta il PD. Anche se i nuovi arrivati si rivelano quanto mai rapaci è con soddisfazione che ci liberiamo finalmente della fastidiosa presenza degli appartenenti al “Giglio magico”, i quali sono impegnati a spartirsi da buoni sciacalli i resti della ”ditta”.
Restiamo in attesa che il partitone diventi un cadavere sempre più putrescente, posto che il liquidatore fallimentare, formalmente dimessosi, è ancora in carica e detiene le chiavi di casa. Intanto le donne della “ditta” si svegliano dal loro torpore e scoprono con ritardo che le pluricandidature delle copiste di tesi di dottorato e delle grandi giuriste esperte di riforme costituzionali pasticciate, per vedersi garantite la rielezione, hanno fatto da grimaldello all’elezione dei maschietti Poco male: la differenza tra lobotomizzati maschie e femmine non è poi essenziale, anche quando qualcuno che ha fallito sia come dirigente di partito che come Presidente di una Regione fa l’autocritica.
E’ una fase che viviamo con molta soddisfazione, anche se dobbiamo pagarne il prezzo, costituito dalla ricorrente presenza della nomenclatura della destra che spadroneggia sui media, a rappresentare le opinioni della classe politica: vecchi fantasmi, nipoti del duce, imprenditrici da sempre fasciste dalle opinioni aberranti e altro ciarpame. Il disgusto che proviamo per le loro idee, per la loro stessa presenza, si sopporta pensando che costoro sono avversari di classe da sempre, hanno il buon gusto di dirlo, mentre quelle altre e quegli altri si presentavano come difensori degli interessi di classe per poi colpirli ad ogni occasione. E allora meglio fare pulizia mettendo alla porta prima i falsi amici e poi i nemici.
Resta un’incognita: la conoscenza degli ex movimentisti ora vittoriosi, i quali si muovono ancora con passi felpati, attenti a non scoprirsi e incerti sulle scelte da fare. Costoro si muovono con inattesa destrezza, convinti come sono che forse il balletto elettorale non è finito e che siamo solo in attesa di un secondo round destinato a stabilire chi è il migliore e a ridistribuire le carte delle mutate appartenenze.

La fame leghista e della destra

Nella spartizione delle cariche istituzionali la destra si è vista riconoscere, dopo una piccola schermaglia procedurale, la presidenza del Senato attribuita a un personaggio a dir poco ignobile, un ex avvocato già membro del CSM reazionaria, appartenente alla guardia di ferro dei giuristi imbarcati dall’ex cavaliere a difesa delle sue stronzate del tipo “Ruby nipote di Mubark”. Un indice del degrado della classe politica! Per il resto la spartizione dei posti ha funzionato con cronometrica precisione. Ne è prova la presidenza della commissione che dovrà visionare il DEF e vigilare sulle prossime spese. Il piatto forte delle nomine verrà a breve, quando ci sarà da mettere mano alla presidenza di una serie di organi istituzionali e a incarichi nei diversi enti e li non abbiamo dubbi che gli appetiti si scateneranno.
Le capacità manovriere del leader della Lega, che ha prontamente dismesso le felpe per indossare giacca e cravatta istituzionale e una certa confusione presente tra i berlusconiani, ha indotto non pochi forzisti a pensare a una ricollocazione dell’ex cavaliere nel rendere “dichiarazioni spontanee”, nell’intervenire sui conduttori dei programmi delle sue reti da un possibile misterioso prestito o fideiussione da lui fatte alla Lega, rimasta a secco di risorse dopo il congelamento dei suoi fondi operato dalla magistratura a causa delle passate grassazioni sulle quali indaga la magistratura .

La fame grillina

Così operando i grillini dimostrano di aver ben studiato. Le le loro mosse relative al programma hanno avuto l’effetto di alzare una grande cortina fumogena finalizzata a nascondere le vere intenzioni e i reali contenuti della loro azione politica. Le misure significative a favore del reddito di cittadinanza e di lotta alla povertà attraverso la riforma dei centri per l’impiego restano vaghe, altrettanto dicasi per l’impegno a mettere mano al Jonb Act e alla scuola. Insomma tutto resta indefinito e nascosto dietro lo slogan del premierato per il loro leader.
La presenza fuori campo di un battitore libero (Di Battista) nell’eventualità di nuove elezioni e con la funzione di agit-prop dimostra quanto attentamente abbiano assimilato e introiettato le tecniche che furono della sinistra nel condurre una politica insieme di lotta e di governo e come si siano impossessati di una memoria che i “gattopardo demo-comunisti” hanno smarrito. Bene avrebbero fatto anche gli appartenenti a liberi e Uguali a rileggere criticamente e in nodo evolutivo la storia della sinistra. Avrebbero così scoperto quanto meno che il termine «propaganda» significa «diffusione, disseminazione d’idee». e che l’attività e gli obbiettivi dell’agit-prop sono quelli di diffondere idee e di spiegare la politica attuata dal partito in differenti contesti e di insegnare tutti i tipi di saperi utili, in modo da rendere possibile l’orientamento delle masse. Avrebbero forse compreso che è compito dell’«agitatore» spingere le persone ad agire conformemente alle progettualità d’azione dei dirigenti e avrebbero avuto sentore della distanza crescente dai ceti e dalle classi deboli della società.
Per ora i 5stelle possono contare sul rancore e l’odio che esiste nei confronti di un ceto politico del cosiddetto partito democratico, in quanto il male che costoro hanno fatto, quel che hanno seminato, non smette di rilasciare un fumo nauseabondo di macerie, ma se quando – col tempo – questa sensazione si attenuerà non vi saranno fatti positivi potrà ricominciare la ricerca di una soluzione reale ai problemi che sta solo nell’auto organizzazione della partecipazione politica.

Un governo per il paese

E’ in corso una trattativa, com’è d’uso nei paesi con un sistema elettorale proporzionale, anche se di forma bastarda, a causa di una legge elettorale costruita per truccare il risultato. I suoi difetti non sono quelli di non assegnare a qualcuno un premio di maggioranza, ma piuttosto la delimitazione dei collegi e le candidature plurime. A destra le Lega aspetta per logorare gli alleati, perché da sola conta poco e deve prosciugare e assorbire le truppe berlusconiane. Al centro i grillini propongono un governo di programma, illudendosi che un contratto possa vincolare le parti nel tempo, quasi pensando che in politica ci sono gli impegni d’onore e che la linea politica non si costruisce attraverso una contrattazione continua, una mediazione tra interessi contrapposti. Che è costante e cambia nel tempo.
Quello di cui ambedue le parti forse cominciano a rendersi conto è che la maggioranza non ce l’ha nessuno e che non c’è ancora un partito interprete del capitale che fa da agenzia d’affari per conto di un progetto di relazioni sociali stabile, ma che almeno per ora le forze in campo sono magmatiche e si stanno studiando. Gli stessi padroni non sanno ancora chi scegliere e stanno sondando il mercato per decidere quali sono i loro referenti, muovendosi soprattutto tra i presunti nuovi esperti che si offrono per costruire la nuova burocrazia, i quadri intermedi di gestione delle relazioni politiche e economiche sul territorio. Mentre la destra li seleziona attingendo a un ceto politico formatosi nelle amministrazioni locali, i grillini ricorrono alla Casaleggio associati per effettuare la selezione, muovendosi a tentoni nel mondo universitario e delle professioni.
L’altra cosa che tutti non hanno ancora capito e che i vincitori delle elezioni dovranno comunque fare i conti con i territori perché hanno fatto troppe promesse e qualcuno gliene chiederà il conto alla prima occasione. Senza la camicia di forza di una burocrazia dai poteri forti e consolidati si apre forse lo spazio per i rapporti sociali, si apre la ricerca per ritrovare valori e bisogni, per poter chiedere e imporre che vengano rappresentati. In questo spazio si può inserire la sinistra sociale, la sinistra che nel paese c’è, che è smarrita, priva di rappresentanza politica, incerta perfino nel riconoscere i propri reali interessi: bisogno di superare l’indigenza e avere una vita con un minimo di dignità, con qualche prospettiva e qualche certezza, con un po’ di sicurezza.
Il primo passo è ricucire reti di solidarietà, cominciando dagli strati più marginali di coloro che si trovano in questo paese, cominciando con il ricostruire una rete di diritti che tengano conto di un rapporto dignitoso fra salario e lavoro, che diano delle garanzie sul rispetto della salute e della dignità umana, che abbiano attenzione al rispetto del rapporto uomo donna nelle relazioni sociali, ma anche sul lavoro, mediante la corresponsione di uguali salari e diritti, che consentano a tutti l’accesso alle cure, che permettano una vecchiaia dignitosa, che garantiscano il diritto alla casa e a un’istruzione utile e continua.
E’ con queste istanze che gli eletti di tutti i partiti dovranno confrontarsi, rassegnandosi a voler crollare i muri impalpabili ma reali che recingono e difendono i luoghi dei ricchi, che vanno penetrati e sventrati, contaminati, quanto meno rivendicando una eguale gestione dei servizi pubblici, rimodellando la scuola e le risorse disponibili per accompagnare una reale trasformazione sociale.

Gianni Cimbalo