Il costo delle leggi sui diritti civili
Questa legislatura è finita ed è tempo di bilanci.
Durante questi cinque anni gli italiani hanno subito la rottamazione di diritti faticosamente conquistati come quello della tutela dai licenziamenti non motivati da una giusta causa (art 18 dello Statuto dei lavoratori), della precarizzazione del rapporto di lavoro, della “mala scuola” che mette ulteriormente in crisi uno dei capisaldi della tenuta della coesione sociale nel paese. Il divario tra ricchi e poveri è cresciuto e sono cresciuti i poveri, il paese si spopola di giovani al ritmo di 120.000 l’anno e le condizioni di lavoro diventano sempre più precarie e peggio pagate.
Na sotto un aspetto sembra che la vita sia migliorata: sul piano della tutela dei diritti della persona: Non a caso l’ex Presidente del Consiglio rivendica la legge sull’apertura dei matrimoni, quella sul “dopo di noi”, e ora quella sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Si dice che si tratta di riforme che non costano ed è vero ma producono effetti economici e sociali: sui bilanci delle famiglie, sui costi el vivere insieme, sul costo delle curie inutili per non parlare delle sofferenze sul piano morale e umano che le situazioni di disaggio che queste leggi cercano di affrontare producono.
Come avviene questo: la globalizzazione costringe anche il nostro paese ad aprirsi rispetto al dibattito internazionale sui diritti, la circolarità del diritto tra i diversi paesi si apre anche all’Italia; le leggi adottate sono monitorate nelle loro efficacia, attraverso una verifica annuale del loro funzionamento; i problemi etici e morali vengono superati dalle tecniche di procedimentalizzazione, evitando il confronto sul piano ideologico ed etico.
Perché avviene: il capitalismo ha bisogno di bilanciare ciò che ti toglie sul pano materiale con quello che ti concede sul piano della libertà di gestione della tua vita, individualizzandola, spezzando il legame di coesione collettiva. Intendiamoci nessuno di noi nega l’importanza del recupero dei diritti della persona anche perchè come anarchici portiamo dentro una componente liberale che ci fa amare la libertà ma siamo anche comunisti e allora non possiamo non rilevare che la perdita dei diritti materiali di ognuno non si può barattare con le libertà; che non c’è libertà se non anche dal bisogno materiale di vivere; che il nostro progetto di società è solidale e che quindi i rapporti umani vanno improndati alla solidarietà sociale perché e questa che aiuta la coesione delle unioni affettive, soccorre nell’affrontare la malattia, aiuta nel rispondere ai bisogni materiali che rimangono il fulcro del principio di uguaglianza.
E’ perciò che non potremo mai concordare con i radicali e i loro partitini nella difesa dei diritti civili non tanto perché difenderli e rivendicarli non sia giusto, ma perché non basta; e perciò non si può difenderli restando liberali in economia e sostenitori del capitalismo, alleati secondo convenienza di questi e di quelli, a seconda di quanto spazio danno ai diritti civili.
L’uguaglianza, la libertà e la fraternità – valori tanto cari ai radicali – si misurano innanzi tutto sul piano economico, sull’accesso alle risorse, su una vita dignitosa perché libera dal bisogno, sulla dignità sul posto di lavoro, sul comune accesso alle risorse, sull’esrcizio concreto e cosciente del potere di autodeterminazione della vita che non può riguardare solo i diritti individuali ma nutrirsi di esercizio del potere e gestione collettiva della società.