LA CANTASTORIE  FRANCESCA PRESTÌA RACCONTA LA CALABRIA

Quando il fuoco della passione resta soffocato per tanto tempo, come è avvenuto per Francesca Prestia, prima o poi esplode ed erutta come un vulcano che non brucia e non porta distruzione, ma  genera una lava culturale  che  diventa un naturale humus per far germogliare e riportare in vita antiche tradizioni musicali.

Così dopo anni in cui ha preferito dedicarsi all’educazione delle due figlie, la cantastorie calabrese è tornata a far sentire la sua voce, il suo impegno, proponendo canzoni, ballate e storie che parlano di uomini e donne calabresi, per dare voce e promuovere la cultura calabrese, un bisogno quasi viscerale di “cuntari e cantari” come ama dire lei, raccontare e cantare il coraggio e la voglia di riscatto del popolo calabrese. Francesca Prestìa è una cantastorie ma prima di tutto è una donna che ama la sua terra e la sua gente e che vuole mettere il suo talento, la sua competenza per far conoscere le tante storie di riscatto delle tante donne che si sono ribellate alla ‘ndrangheta ma anche di quelle donne che piangono in silenzio che rimangono soggiogate e sottomesse ai capifamiglia e a quella cultura dominante che stenta ad essere sconfitta.

Già i suoi primi lavori, l’esordio discografico  “Mina Ventu” del 2003 e poi  “A Cantastorij” del 2007, sono intrisi di una forte passione e sono il risultato di serie e approfondite ricerche sul campo riguardanti ogni tipo di fonte, i testi curati e le musiche originali rendono un risultato stilistico perfetto. Mi piace ricordare la sua capacità di spaziare in tutte le arti, dal teatro al cinema e alla letteratura per non parlare delle tante collaborazioni con artisti, cantanti, musicisti, attori, in cui ha dato il suo contribuito a fondere la cultura con la passione. Nella primavera del 2008 compone la colonna sonora dell’opera musico-teatrale JOFHA’, figura del teatro della Commedia dell’arte calabrese, cura lo spettacolo musico-teatrale Penny Petrone che affronta il tema scottante dell’emigrazione ispirandosi agli scritti dell’autrice calabro-canadese Serafina Petrone, affrontando il processo di spaesamento e di disgregazione vissuto dai calabresi in America storie intrise di vecchie melodie tradizionali.

Nell’estate 2009 da vita ad una iniziativa musical-letteraria denominata “Muse calabresi”, dedicata a figure femminili che hanno ispirato la fantasia ed il pensiero di scrittori calabresi quali Mario La Cava, Corrado Alvaro, Franco Costabile, Saverio Strati, traendo spunto per discutere, confrontare le condizioni della donna nel passato, anche se letterarie, con quelle del presente. Nella primavera del 2010 cura la sceneggiatura e le musiche per lo spettacolo musico-teatrale “La Rivolta di Casignana” dello scrittore calabrese Mario la Cava con testimonianze dirette inerenti la prima rivolta contadina nella Calabria degli anni venti. In qualità di cantastorie popolare durante l’estate avvia il progetto “Aedi Viandanti” per raccontare e cantare il quotidiano e lo straordinario, il lavoro, la fame, il mondo dei potenti, la guerra, la violenza, l’amore e l’odio, per far conoscere, per educare e per non far dimenticare. Otello Profazio l’ha definita la sua erede «Qualche anno fa mi presentai a Profazio – ama raccontare Francesca – con la mia chitarrina battente e i miei teli dipinti. Lui si sedette e disse: Vediamo cosa sai fare. Allora incominciai a cantare. E’ stato molto critico ma ha gradito il mio coraggio e oggi ribadisce che sono la sua successora». In effetti Francesca Prestia rappresenta il naturale proseguimento culturale dell’eccellente lavoro di Otello Profazio nella valorizzazione e nelle promozione delle tradizioni musicali e umane della terra calabrese.

Con la giusta ironia ed intelligenza e con straordinaria caparbietà cerca di far emergere gli aspetti positivi del suo popolo, spezzando e ridicolizzando i tanti luoghi comuni che vengono attribuiti alla sua gente. Il suono utilizzato è, quasi sempre, la tarantella calabrese suonata con voce appassionata e chitarra battente, così inizia i suoi viaggi nella celebrazione della bellezza e della storia della regione, non mancano, però, le ballate e i suoi racconti coinvolgenti affollati di personaggi coraggiosi che, per amore della propria terra, lottano per la giustizia, la libertà e per un meritato riscatto sociale e culturale. Francesca ha restituito al cantastorie la sua funzione primaria, quell’impegno sociale che nel tempo era stato abbandonato per lasciare il posto ad una più “tranquilla” tradizione popolare.

Le ballate di Francesca nascono da incontri normali, dal quotidiano “Io ascolto e mi lascio interrogare da ciò che accade intorno a me o da quello che leggo nel giornale”. Un esempio per tutti è : la “Ballata di Lea” (Ciangiti assema a mia, ciangiti forti! Ciangiti ‘e chista donna ‘a dura sorti! Piangete insieme a me, piangete forte! Piangete di questa donna la dura sorte! Almenu ppe mia figghja ncuna cosa ha da cangiàra. A iddha nci dugnu a vita cchi a mia non po’ tornàra – Nu jornu fu rapita e Lea neppuru l’umbra. Nta l’acidu, si dicia, sciogghjutu u corpu fu » ( «Almeno per mia figlia qualcosa deve cambiare. A lei darò la vita che a me non può tornare – Un giorno fu rapita, di Lea neppure l’ombra: nell’acido, si dice, disciolto il corpo fu») che si ispira alla vicenda della pentita di ‘ndrangheta, trucidata dal suo stesso compagno e padre di sua figlia. Francesca Prestìa rappresenta la voce  che tiene in vita la tradizione musicale e di denuncia nel sud, sulla scia di altre grandi interpreti del passato, dalla siciliana Rosa Balestrieri a Giovanna Marini: il cantastorie, con le sue ballate, – afferma –  ha il compito di fare cronaca, oggi nessuno canta il presente e allora bisogna comporre.

Il suo repertorio, come dicevo, è dedicato alle querce del Meridione a quelle  figure femminili straordinarie che nel loro piccolo si sono ribellate:  non possiamo – dice Francesca – lasciare in eredità alle giovani generazioni questa Calabria dove le eccellenze, le persone in gamba, i lavoratori, vengono sconfitti da una classe politica marcia, collusa con la ndrangheta che porta voti alle elezioni. La mia generazione può giocarsi una carta importante con i figli, educarli al coraggio, a condividere un progetto di Calabria diversa. Solo una alleanza al femminile può salvare questa terra, io lotto come donna di cultura, lotto con la mia chitarrina per risvegliare gli animi e costringere i cittadini a reagire, del resto fare il cantastorie è una scelta politica. Mi sento un’agente politico della società, che attraverso i teli e la chitarra lascia messaggi più impressi che un comizio elettorale. Questo in sintesi il messaggio forte di Francesca che non deve rimanere confinato alla Calabria, ma che va esportato, perché i problemi della Calabria sono, quasi sempre, i problemi dell’Italia intera.

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