The Gang

INTERVISTA ESCLUSIVA A MARINO E SANDRO SEVERINI DEI GANG A CURA DI JANKADJSTRUMMER “1° PARTE”

L’incontro con i Fratelli Severini è quanto di più appagante potessi immaginare; Marino è un fiume in piena bastano poche battute e si lascia andare a parlare di rock, di politica, cultura popolare ma anche di filosofia, arte e di economia globale, un autentico concentrato di cultura e di conoscenza. Marino ha tante cose da dire e lo fa con estrema semplicità ma con la lucidità di chi ha combattuto nella sua vita tante battaglie e ne va orgoglioso. L’intervista per questo motivo sarà pubblicata in due parti in modo da poter meglio approfondire il “Gang-pensiero”:

I Gang, band storica del rock italiano nata all’inizio degli anni 80, con 10 album all’attivo, eredi italiani delle sonorità del periodo punk londinese, sono nati dal progetto dei fratelli Severini, Marino e Sandro, nativi di Filottrano in provincia di Ancona. Da sempre politicamente e socialmente molto attivi e impegnati, sono una delle più note band militanti nel panorama musicale italiano e disponibili in svariate situazioni a mettere la loro musica al servizio di ideali e progetti con un unico grande filo conduttore: i diritti umani e la solidarietà.
Durante il loro percorso il rapporto con l’arte e la musica si è modificato rispetto all’idea originaria, sviluppando così nel tempo la metafora e il linguaggio profetico come antidoto alla perdita della memoria individuale e collettiva: uno dei mali della società italiana contemporanea. Il progetto è quindi quello di fondere il rock con la tradizione popolare, nel senso di dare una vera identità culturale alla propria musica, che vuole essere, in mezzo alla lotta delle contraddizioni, un punto di riferimento e uno strumento di aggregazione, un genere più folk, o meglio combat folk.

Jankadjstrummer : Partiamo dagli albori, siete nati come gruppo punk ma vi siete liberati molto presto o forse non lo avete mai assorbito il lato nichilista del fenomeno, quindi niente esteriorità, niente violenza stupida ma voglia di incanalare la rabbia di tanti giovani verso un percorso di lotta capace di riconquistare tanti spazi vitali e far valere i propri diritti, una idea di punk diversa forse mutuata dalle lotte delle minoranze etniche presenti nella Londra fine anni ’70 tanto presenti nel suono e nelle liriche dei Clash, in questo contesto come era vista la provincia da due giovani musicisti? Era un azzardo esportare in Italia questi fermenti? Tutto sommato il terrorismo e la disillusione aveva messo in crisi sia il movimento studentesco che quello operaio…

Marino Severini: …Alla Fine degli anni 70 ci siamo trovati, sia io che Sandro, in mezzo ad una palude, dopo tanto correre ci sembrava essere arrivati a fine corsa, eravamo alla fine di un sogno. Era la sconfitta e con essa il disorientamento, la sfiducia e la paura. Nell’estate del 1979 facemmo un viaggio a Londra e li “sul campo “ ci accorgemmo che il movimento Punk non era quello che veniva descritto e raccontato anche sui quotidiani del Movimento, ma era tutta un’altra Storia! Poi il concerto dei Clash a Bologna il 1 giugno del 1980 fu una vera e propria illuminazione. Per noi non fu la “ solita“ scoperta, ma la risposta nel vento alla solita domanda :“ Che fare ? “. Quello che stavano facendo i Clash, potevamo farlo anche noi, è stata quella la lezione più contagiosa, l’esempio da seguire, la Chiamata! Si poteva ricominciare a stare in mezzo alla mischia, a ritrovare aggregazione e appartenenza non più attorno ai fuochi della politica ma a quelli della Musica o meglio del rinato Rock’n’Roll, l’espressione più importante della Cultura popolare del ‘900. Il nostro essere “provinciali“ fece allora la differenza perché quel giorno provammo la sensazione precisa che la crepa c’era, ed era stata fatta da Strummer e dalla sua Band, e da lì che decidemmo di passare, per trovare una nuova possibilità di partecipazione e protagonismo, liberi e liberati da quella egemonia della “sinistra“ tutta italiana. La rivolta che si annunciava e che bisognava portare anche in Italia era quella dello “stile“, della strada e delle sue subculture, gli “ultimi” che diventano i primi, sono stati loro a reagire al Nuovo Modello Occidentale imposto da Thatcher/Reagan. La finanza che vinceva sull’industria, il fare i soldi con i soldi. Il “punk “ reagì senza mediazione, proclamando culturalmente lo scontro frontale….. E fu così che rinacque anche il Rock’n’Roll che da anni era agonizzante e ostaggio delle regole della spettacolarizzazione e del profitto. Da troppo tempo era stato messo in gabbia dalle leggi del Mercato….

2) Jankadjstrummer : i Gang non hanno mai fatto mistero che il faro, la loro fonte di ispirazione era il “combat rock” dei Clash, anche la scelta dei testi in inglese e la struttura dei brani seguivano quel cliché, cosa trovavate di dirompente in Joe Strummer e soci e perché ne eravate affascinati? Pensate sia ancora attuale il loro modo di scrivere il rock?

Bisogna tenere conto della nostra collocazione nel Tempo, solo ora possiamo avere la consapevolezza che i Clash sono fuori dal Tempo e che la loro opera appartiene al mito, con loro rinasce la forma Canzone, per circostanze storiche se volessimo trovare delle affinità o delle analogie dovremmo tornare ai tempi di Woody Guhtrie, quindi all’inizio di quella canzone Popolare che trova un nuovo protagonismo nella narrazione del Mito. I Clash come Guthrie sono dei Cantori. Prima di questa forma canzone di Guthrie, a narrare il Mito erano stati altri linguaggi ed altre culture, il Teatro, il Cinema , il Romanzo , la Musica Classica…..poi ci fu la Canzone “popular “ secondo l’accezione anglosassone in cui si canta e si narra di Unità, un seme capace di dare vita ad un’espansione culturale tanto grande che è il Rock’n’Roll inteso come l’ultima grande stagione dell’Umanesimo … perché’ l’Umanesimo che è radice della nostra cultura italiana, non è unica ma è frutto dell’incontro di tante culture diverse, è l’espressione più alta della Cultura Popolare del ‘900; ecco allora che la stessa cultura, durante la stagione del Rock’n’Roll, riacquista e riafferma la sua caratteristica più importante, la sua unicità, la sua essenza: l’Eternità. Ritengo che la cultura popolare non è universale, non va bene a tutti ed è utile solo a chi è ultimo, a chi viene respinto, chi viene spinto ai margini, sfruttato, umiliato, sconfitto. Torna così con questa cultura un protagonismo che è quello del Bandito, del Fuorilegge che viola le leggi per affermarne il principio. In questo contesto va inserita la “Canzone“ dei Clash! E non va assolutamente ristretta, immiserita o ridimensionata dentro delle “gabbie“ tipo combat rock o punk o cose del genere utili solo ai commessi dei negozi di dischi o a riviste musicali brave a mettere nelle riserve il grande Spirito Guida del Rock. I Clash inoltre riuscirono con la loro opera ad abbattere le mura d’Occidente e li riversarono verso il Villaggio Globale. Il disco “Sandinista” resta l’opera principale, la sintesi riuscita di tutto il lavoro artistico, culturale e politico dei Clash, ma come per Guthrie anche per i Clash ritengo sia ora che venga resa giustizia al loro lavoro. Inoltre vorrei chiarire quello che ci riguarda a proposito dei Gang detti per anni “i Clash italiani“, tanto per intenderci.

L’originalità è una categoria che riguarda il presente ed è per sua natura transitoria, vedi nell’arte la cosiddetta “performance“, nell’ Antichità, per esempio, si credeva che l’imitazione di un modello nobilitasse la “copia“, reiterare i moduli che hanno resistito all’usura del Tempo è un modo per iscriversi all’ Eternità….. per farne parte. Se teniamo conto di questo avremmo la consapevolezza di ciò che sono e hanno rappresentato molte forme artistiche, molti linguaggi che nel tempo si sono susseguiti non bisogna dare una lettura del lavoro dei Gang o dei Clash solo attraverso le lenti di militanza o di impegno, non bisogna metterci nel gioco alla fune fra ideologia e politica, perché è un gioco a cui non partecipiamo più da tempo. Io sono un comunista ma proprio perché attraverso e mi faccio attraversare da culture che appartengono al Mito e all’Eternità, (prima fra tutte quella del Rock’n’Roll) partecipo alla Politica senza il fardello ideologico, pur restando, ripeto, un Comunista!

3) Jankadjstrummer: “tribe Union” è il vostro primo EP autoprodotto, sono passati quasi 30 anni da quella uscita, e nonostante i ciuffi ingrigiti, vedo che avete tanta voglia di partecipare attivamente al rilancio della musica italiana, pensate di essere ancora un punto di riferimento? perché leggo di molti vostri progetti per il futuro…

La SCENA è quello che conta, quello che da sempre ha permesso di far venire alla luce molte energie creative. Se un torrente non arriva al fiume non raggiungerà mai l’oceano e presto o tardi diventerà palude. Dopo tanti anni la cosa che mi fa più piacere e mi fa sentire oggi più di ieri parte di una realtà’ culturale è proprio la mia presenza in più di 140 lavori di altri gruppi italiani….e la “storia “ continua …. Tenendo conto che le nostre canzoni sono presenti in altre 50-60 raccolte e compilation posso dire che tutto questo per me è la stupenda prova di una vera Appartenenza .

L’invito a partecipare ad un lavoro è sempre un gesto che dimostra stima e affetto e di ciò vado fiero e orgoglioso. Soprattutto oggi che non ho alcun “valore di mercato “.

Nessuno mi invita perché con la mia presenza vende di più…è solo Appartenenza.

Il riferimento o il confronto penso non sia solo musicale ma va aldilà, riguarda un modo di fare e di essere, lo Stile, col quale fra alti e bassi anche in mezzo a centomila contraddizioni siamo riusciti ad attraversare questi 30 anni.

4) Jankadjstrummer : mi dite qualcosa di più sul progetto di rilettura di brani “Calibro 77“, canzoni di lotta in auge in quegli anni di grandi fermenti ed, ancora, sul nuovo disco di inediti che dovrebbe uscire dopo 13 anni?

Nell’Officina dei Gang ci sono molti lavori e progetti non ancora realizzati, uno di questi, al quale tengo molto, è CALIBRO 77. Una rilettura di quelle canzoni che sia per me che per Sandro fanno parte delle nostre radici musicali e che hanno contribuito a formare il nostro Stile, il nostro immaginario e che sono anche parte del corredo musicale e culturale di quella che Balestrini chiamava Orda D’Oro, cioè la nostra meravigliosa generazione! Già dal titolo si capisce che vogliamo giocare alla rovescia con i cosiddetti “anni di piombo“ e che vogliamo raccontarli dalla Nostra prospettiva e allora cosa c’è di meglio se non le canzoni a cui siamo ancora oggi più legati: De Andrè’, Lolli, De Gregori, Guccini, Area, Stormy Six, Ivan Della Mea, Pietrangeli, Manfredi, Gaber, Bennato, Riki Gianco….Che erano la colonna sonora di un grandioso assalto al Cielo!

C’è poi questo disco nuovo dopo 14 anni! Quest’anno i Gang compiono 30 anni dall’uscita del primo disco Tribes Union. Non c’è modo migliore per festeggiare come si deve. Il titolo è SANGUE E CENERE. Sono 11 canzoni. E’ prevista la collaborazione e la presenza di molti musicisti, sarà un disco “corale“! Molti di questi sono americani quindi c’è da parte nostra la volontà di realizzare un disco che sia anche un incontro ravvicinato con il sound della “frontiera“. Molte delle storie che ispirano le canzoni sono facce, abbracci, racconti che ho incontrato in questi anni, partigiani di ieri e di oggi, operai, migranti , costruttori di Pace…tutti in cammino come me verso Cosmopoli !

5) Jankadjstrummer : la dimensione live è un elemento caratterizzante del progetto Gang, c’è voglia di sinergia col pubblico, voglia di condividere, di scambiare sentimenti e stati d’animo senza nessuno steccato, qual’ è la vostra forza? E cosa ricevete dai vostri fans?

Da molti anni ho rinunciato a portare le mie canzoni ovunque, mi lascio portare da loro. Un po’ come fanno i pastori con le pecore ed un Buon pastore sa quali sono i pascoli migliori dove l’erba è più buona e non contaminata da sostanze nocive, sa dove scorre l’acqua più fresca e più pulita. A questa “ verità “ mi sono arreso. E facendo così mi ritrovo sempre a casa! Non fra “fans “ che è una parola che non ho mai usato e che non mi piace… ma fra compagni, fratelli, con i quali si condivide un sogno e un progetto di libertà, di emancipazione, di memoria da tenere viva, di Gioia e Rivoluzione. Il live è un momento in cui, dopo aver viaggiato su tante strade diverse, ci si incontra e si canta, come una volta l’umanità faceva attorno al fuoco, era ed è il modo migliore per affrontare la notte, il buio, la paura e il grande freddo. Le canzoni sono belle se sono utili e viceversa. Cantarle insieme ci restituisce il senso di una Comunità. Quando questo accade non ci sono più steccati, palchi, transenne …. Siamo una cosa sola, quella Canzone!

6) Jankadjstrummer: Libertà creativa, autonomia nelle scelte, volontà di non piegarsi alle logiche di mercato sono sempre gli elementi che fanno scegliere agli artisti sia essi musicisti che altro di auto prodursi e di non lasciarsi condizionare, consigliereste ai giovani artisti di ripercorrere la strada da voi intrapresa, in sostanza, riconoscete di aver fatto degli errori in questi lunghi anni di attività o non avete niente di cui recriminare?

Molti ci stimano per la coerenza, io penso che la coerenza non è altro che una roba da funamboli, non è altro che la capacità di stare in equilibrio sulla fune, a volte anche ad altezze elevate e quindi pericolose. Ecco, noi ci siamo riusciti, abbiamo imparato ad essere dei bravi funamboli.

L’unico consiglio che mi permetto di dare ai più giovani è soltanto quello di saper “Pungere e Volteggiare“, quindi di agire in base alle circostanze imparando ad agire al tempo e al luogo. Pungere e Volteggiare, come faceva Mohammed Alì, il più grande combattente di tutti i tempi. Quanto a noi, ci siamo permessi molti sbagli nella vita, ma se non l’avessimo fatti non avremmo imparato e lo abbiamo imparato sulla nostra pelle. Questo pareggia il conto. Per il resto non penso proprio che esista qualcuno in questo “ambiente“ che si può permettere di scagliare verso di noi, la prima pietra. Quello che mi permetto di aggiungere è che noi siamo stati sempre molto “fortunati“ nel senso che eravamo e siamo ancora molto ricchi di cultura quindi di buone relazioni, soprattutto umane. Questo ci ha permesso di poter sempre scegliere e assumerci quindi le responsabilità derivanti dalle scelte. E qui la colpa è di tutto l’universo della sinistra, dall’ Arci ai tanti centri sociali quelli che, in tutti questi anni, non hanno saputo costruire un circuito, un territorio comune e libero, dove attrarre le migliori energie. Prendersela con i gruppi e le band, soprattutto singolarmente, è solamente una vigliaccata utile a perpetrare lo sfascio in atto, la fine della rivolta dello “stile” in Italia.