Una scuola “buona” per chi?

Premessa 1

Renzi, all’atto del proprio insediamento al Governo, ha enfatizzato il ruolo della scuola e ha proclamato che essa era la priorità del mandato che assumeva. Ad un anno di distanza, dopo l’annuncio di oltre cento pagine fatto con una grafica accattivante (per bimbi grulli!) e dopo una consultazione farsesca e senza contraddittorio, fatta attraverso il sito “la buona scuola” e l’ascolto degli amici ha partorito questo il disegno di legge. Delle cose annunciate molte sono scomparse e nuovi conigli sono usciti dal cilindro del maghetto e non è detto che nuove funamboliche invenzioni non intervengano nell’iter legislativo. Ogni commento, pertanto, è decisamente provvisorio, come improvvisata è l’azione dell’Esecutivo, che propone qualcosa, per vedere l’effetto che fa ed aggiusta il tiro.

Premessa 2

Il testo del ddl, come vedremo più dettagliatamente in seguito, è in linea con quanto sopra detto: ha caratteristiche molto strane per un articolato e assomiglia per molti verso all’ennesima sfida esemplificativa, cui ormai siamo assuefatti. Si dettano obiettivi alle scuole, si indicano le cose che bisognerebbe fare, si prevede un’alterazione delle discipline di insegnamento, ma senza specificare come ciò verrà attuato: non esiste un quadro orario, le indicazioni delle risorse sono risibili, quando non rinviano a quelle già stanziate o quando non si specifica che tutto va fatto a spesa costante.

Premessa 3

Il Governo Renzi si è distinto per il ricorso costante alla decretazione d’urgenza, anche quando di urgenza non vi era neppure il sentore. Questa volta che un’urgenza vera c’era, – l’immissione in ruolo dei precari, ordinata dalla Corte di Giustizia Europea cui è necessario ottemperare pena sanzioni pesanti – stranamente ha optato per un disegno di legge complessivo. Perché? Presto detto. All’art. 8, comma 1, si detta il termine del 30 magio p.v. per la determinazione dell’organico che dovrebbe permettere di avviare le procedure di assunzione. Al 30 maggio mancano meno di due mesi, il tempo necessario per la conversione in legge di un decreto. Ciò significa che in questo scorcio di tempo le Camere dovrebbero approvare in via definitiva (doppia lettura) l’intero ddl, con tutto quello che vi è contenuto, che non è certo poco. Quindi esistono solo due vie: o si sceglie di non discutere nulla, approvando il tutto a scatola chiusa, oppure si sceglie di entrare nel merito e di approfondire la materia e i precari non potranno essere assunti, cosa che sarà ascritta alla responsabilità dei parlamentari e dei senatori. Diabolico!

La scuola dell’autonomia

Tralasciando il Capo I, fatto solo di alcune enunciazioni di principio, il testo si apre con la declinazione renziana dell’autonomia scolastica. Il primo ossimoro lo incontriamo subito al secondo comma dell’art. 2: le istituzioni scolastiche effettuano le proprie scelte in merito agli insegnamenti e alle attività curricolari, extracurricolari, educative ed organizzative e determinano il proprio fabbisogno di attrezzature e infrastrutture materiali, nonché di posti dell’organico dell’autonomia di cui all’articolo 6. Con quali risorse? Sull’organico funzionale torneremo subito, ma il primo lato molto oscuro riguarda il fabbisogno di attrezzature e infrastrutture materiali, che può anche essere individuato, ma non certo soddisfatto con le attuali dotazioni del contributo ordinario attribuito alle scuole, al cui aumento non si accenna, che spesso non soddisfano neanche la manutenzione ordinaria.

Al comma 3 vi è un lungo elenco delle meravigliose prospettive di intervento garantite dall’organico dell’autonomia, ben 15 obiettivi la cui completa realizzazione prevederebbe il raddoppio dell’attuale organico. In questa declaratoria sono contenute tutte le promesse circa l’allargamento dell’offerta formativa su cui il presidente ha presentato le proprie slide (inglese, musica, educazione motoria e chi più ne ha più ne metta). Il Ministero ha pubblicato una tabella molto spiritosa in cui sostiene che le supplenze annuali di quest’anno scolastico ammontano a circa 50.000 e che quindi con l’assunzione di 100.000 precari (ma ad ottobre scorso dovevano essere 150.000) ne rimarebbero 50.000 per l’organico funzionale. Anche così i posti per istituzione scolastica sarebbero circa sei, ben pochi per tutte la attività previste; ma la realtà è ben diversa e ci dice che le supplenze in corso superano abbondantemente le 100.000, che quindi nulla resterà per l’organico “dell’autonomia” e che anzi molti precari non troveranno sistemazione e già stanno partendo i ricorsi. Ciliegina sulla torta alla lettera k) addirittura si prospetta la possibilità della riduzione degli alunni per classe (la scomparsa delle “classi pollaio” su cui si è fatto bello il nefando), che comporterebbe ben altro aumento di organico.

L’arcano si svela al comma 6: il Dirigente Scolastico predispone il piano triennale dei fabbisogni, lo invia al Ministero, che lo approva e conferma le risorse destinabili alle infrastrutture materiali e il numero di posti dell’organico dell’autonomia effettivamente attivabili, nel limite delle risorse disponibili. Aspettate fiduciosi e state sereni.

L’art. 3 invece istituisce il “curriculum” del singolo studente che può scegliere insegnamenti opzionali, ulteriori rispetto a quelli già previsti dai quadri orari per lo specifico grado, ordine ed opzione di istruzione, cui aggiungere le proprie esperienze anche sportive e di volontariato: Il modello di riferimento è quello anglosassone, quello delle peggiori performance internazionali1.

L’art. 4 riforma l’esperienza di alternanza scuola-lavoro: infatti al comma 6 la rende possibile anche agli adolescenti al di sotto dei sedici anni. A parte la difficoltà di reperire luoghi di lavoro che accolgano degli allievi ancora poco motivati, si tratta di un avvio troppo precoce ed un pesante ritorno indietro, in quanto si prevede il lavoro per gli adolescenti. Viene insomma istituito il garzonaggio di Stato dimenticato che già il diritto romano proteggeva i minori dei 14 anni e che esiste una legge minorile, la L. n.977/67, integrata dal D.Lgs. n.345/99, che verrebbe violata.

Infine l’art. 5 è dedicato alla didattica laboratoriale (di cui si parla dal 1971, ma con altri intenti), ed è un peana acritico alle nuove tecnologie, cui però il Ministero ed i suoi tanti occupanti ci hanno ormai abituato da anni. Il lato carino è che al comma 6 viene stanziata per il pretenziosamente sedicente “Piano Nazionale Scuola Digitale”, a partire dal 2016. la consistente cifra di 30 milioni di €, che corrispondono a meno di 5.000 € a scuola, meno di un laboratorio!

Organico

È questo l’argomento del capo III. Nulla di nuovo nell’art. 5 che ribadisce che l’organico dell’autonomia previsto dal Dirigente nel proprio piano triennale verrà soddisfatto solo nei limiti delle risorse disponibili.

L’art. 7 sancisce che sarà il Dirigente Scolastico a chiamare i docenti iscritti agli Albi Territoriali predisposti dagli Uffici Scolastici Regionali, in cui non saranno inclusi i docenti assunti a tempo indeterminato prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina; come sarà regolamentata la mobilità futura di questi ultimi non viene detto. I nuovi assunti verranno chiamati e sceglieranno la scuola che preferiscono tra quelle che li richiedono. Ovviamente le scuole periferiche godranno dei meno richiesti. Ma soprattutto il Dirigente chiamerà il docente in base al profilo pubblicato nell’albo e, trascurando fenomeni di malaffare che nella scuola sono meno presenti che altrove, il pericolo è che le istituzioni scolastiche rischiano di connotarsi in base alle preferenze didattiche del Dirigente (e forse non solo didattiche) con un risvolto di dubbia costituzionalità, in quanto tende a violare il principio chiaramente sancito della libertà di insegnamento.

Dulcis in fundo, i dirigenti scolastici saranno valutati sulla base dei criteri utilizzati per la scelta, valorizzazione e valutazione dei docenti e dei risultati dell’istituzione scolastica, con particolare riguardo alle azioni specifiche messe in campo dal dirigente scolastico per migliorarli. I dirigenti delle scuole più periferiche ed in difficili contesti saranno ovviamente penalizzati.

L’art. 8 tratta del piano nazionale di assunzione, già drasticamente ridotto di un terzo rispetto a quello annunciato, e come detto del tutto insufficiente, anche a far fronte alla sentenza europea che ha condannato l’Italia.

Altra novità è quella relativa al periodo di prova dei neoassunti, prevista dall’art 9. Fino ad ora il periodo di prova veniva valutato da un apposito comitato eletto Collegio dei Docenti e presieduto dal Dirigente. Con le nuove regole l’anno di prova verrà valutato direttamente dal Dirigente sulla base di un’istruttoria del docente con funzioni di tutor, sentiti il Collegio dei docenti e il Consiglio di istituto e se l’esito dovesse essere negativo non sarà più consentita la sua ripetizione, ma lo stesso dirigente passerà al licenziamento senza preavviso (comma 5). Questa situazione crea una ricattabilità inaccettabile per ogni docente. L’incostituzionalità è palese per contrasto con l’art. 33 della Costituzione.

L’art. 11 è dedicato alla “valorizzazione del merito”. Vengono stanziati 200 milioni di € (pari a 25.000 € per istituzione scolastica) di cui il Dirigente scolastico disporrà per remunerare i propri docenti sulla base della valutazione dell’attività didattica in ragione dei risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, di

rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, di progettualità nella metodologia didattica utilizzata, di innovatività e di contributo al miglioramento complessivo della scuola. Una pericolosa discrezionalità, che va ad aggravare quanto previsto nell’art.7.

L’art. 12 è un’autentica beffa. L’Italia, come si è visto, è stata condannata in sede europea a procedere alle assunzioni del personale mantenuto per anni in situazione di precariato. Invece di cercare una soluzione permanente a questo problema di civiltà il pinocchietto valdarnese prevede che non si possa assumere un/a docente a tempo determinato per più di tre anni e così, pensa lui, il gioco è fatto e non incorreremo più in sanzioni. Ma cosa succederà se la persona più in alto in graduatoria e più titolata dopo tre anni non sarà stata assunta a tempo indeterminato? Gli verrà negato il lavoro solo perché l’Amministrazione è stata inadempiente? Così si nasconde la polvere sotto il tappeto!

Agevolazioni fiscali

L’art. 15 stabilisce che le istituzioni scolastiche potranno essere beneficiare del 5 per mille delle dichiarazioni fiscali dei cittadini. Considerando l’esiguità degli stanziamenti, la loro polverizzazione e la circostanza che non tutto il devoluto viene corrisposto, si tratta di ben poca cosa.

L’art. 17 inserisce tra gli sgravi fiscali previsti dalla normativa fin dal 1986, anche quello relativo alle tasse scolastiche versate agli istituti privati fino a 400 €, con la scusa che fanno parte del “sistema di istruzione”, un’infausta innovazione del mai rimpianto ministro Luigi Berlinguer. Stranamente lo sgravio è previsto solo per il primo ciclo di istruzione, per l’appunto quello che sta tutto dentro l’obbligo scolastico.

Un lungo articolo (19), viene dedicato all’edilizia scolastica ed alla messa in sicurezza degli edifici. Sono 14 lunghi commi che raschiano il fondo del barile di tutte le risorse messe a disposizione dell’argomento negli anni scorsi, da tutti i governi che hanno preceduto l’attuale, ma nonostante un’attenta disanima del testo non è rintracciabile alcuna risorsa nuova.

Adeguamento legislativo

E siamo al fantastico articolo 21, cinque commi lunghi oltre sei pagine, con sottocommi, lettere e correlati. Praticamente vi viene elencata tutta la legislazione concernente la scuola (ripeto “elencata”), compreso assunzioni, contratti di lavoro, sistema di valutazione, ordinamenti scolastici, esami finali, compresi quelli di acceso alle professioni, organi collegiali di scuola e territoriali, fondazioni degli Istituti Tecnici Superiori, revisioni delle classi di concorso etc., etc. Tutto questo è oggetto di delega, ma una delega senza indicazione di obiettivi, senza scopi da perseguire, senza risultati da raggiungere. Un mero elenco di titoli su cui il Governo chiede la delega per agire poi come meglio crede. A questo proposito nel comma 1 dell’art. 23 si prevede persino che i successivi decreti delegati non devono essere sottoposti al vaglio dell’organo collegiale consultivo nazionale della scuola. Le Commissioni parlamentari che vaglieranno i decreti delegati formuleranno, come previsto dalla Costituzione, dei pareri obbligatori ma non vincolanti; il problema è che esse potranno esprimersi circa la coerenza dei provvedimenti con i criteri previsti nella delega, ma che la delega non contiene. Una delega in bianco sull’universo mondo della scuola e dintorni, che rende ancora più inquietante il ricatto sottolineato nella premessa 3 relativo all’assunzione dei precari.

Una delega si fatta costituirebbe se approvata, un ulteriore decisivo passo verso lo smantellamento della scuola della Repubblica e la sua definitiva aziendalizzazione. L’ampiezza e indeterminatezza lascia mano libera al governo per intervenire ulteriormente sul rapporto tra scuola pubblica e privata anche confessionale.

Conclusioni e proposte

Il profilo di scuola che esce da questo ddl risulta nebuloso ed emerge chiaramente solo che l’autonomia scolastica rivisitata dal renzi-pensiero è centrata sull’autonomia del Dirigente Scolastico, dispensatore di gratifiche e che può, se collocato in una scuola prestigiosa, scegliersi il personale giudicato più adeguato ai fini che si prefigge. Nessuna garanzia che questi fini siano legati ai principi della laicità dell’insegnamento ed alla pluralità delle opinioni e una certezza: tutto ciò concorrerà ad aumentare il divario tra scuole “buone” e scuole “disagiate”. Emerge altrettanto chiaramente un disegno dirigistico dell’Esecutivo che tende a portare sotto il proprio controllo politico l’intero assetto del sistema dell’istruzione italiana.

Da tempo le forze sane della scuola hanno messo a punto un disegno di legge popolare sull’argomento che è rimasto nascosto nei cassetti senza che il parlamento venga chiamato a discuterne. Faremo ogni sforzo per sostenere questa iniziativa insieme a tutte le forze che operano per il sostegno alla scuola pubblica, alla sua laicità, per le garanzie alla libertà dell’insegnamento e quindi di apprendimento degli studenti.

Saverio Craparo

1 Ermanno Bencivenga, matematico italiano docente a Princeton ed attento osservatore della scuola statunitense scriveva su Il Sole 24 Ore del 1 ottobre 2000, p. 32: “Bisogna anche dimostrare di essere dei leader e di avere a cuore gli interessi della comunità. Per il primo aspetto conta soprattutto lo sport: chi sa guidare una squadra in campo domani saprà guidare con la stessa aggressività e sicumera un’azienda. Per il secondo si tratta di fare del gran volontariato, creando così la situazione più divertente che si possa immaginare: i perfetti egoisti di domani sono oggi dediti anima e corpo alla salvezza e al ristoro di infelici (drogati, anziani, malati di Aids) cui per la maggior parte della propria vita non mostreranno alcun interesse