RENZISMO FASE SUPREMA DEL COMUNISMO (ITALIANO)?

Correggo. La traduzione della famosa opera di Lenin suonerebbe come “fase attuale”, ma è piaciuto molto di più in questi decenni  il concetto di “suprema”, che non è un sinonimo, ma vuol dire proprio un’altra cosa.

E il fatto che sia stata scelta questa declinazione la dice lunga sulla teleologia storica, o meglio teologia, che ha accompagnato la visione che apparteneva ai militanti di quel partito, in salsa italiana.

Voglio anche io, quindi, mantenere questa impostazione così inesorabile, non dichiarando che il PD Renziano si configuri come la  “la fase attuale del PCI”, ma, anzi, affermando l’inevitabilità dell’era renziana come espressione del suo massimo compimento.

Leggo e vedo in giro grandi richiami ad un partito che fu per attaccare la dirigenza che c’è. Eppure c’è qualcosa in questa nostalgia (che spesso porta con sé anche soggetti che, o per motivi politici, o per motivi anagrafici, quel partito proprio non l’hanno né seguito né conosciuto) che non mi torna.

Capita, a volte, che per motivi contingenti ci si trovi d’accordo con alcune posizioni delle quali, però, nel nostro intimo e a causa della nostra storia, non siamo affatto convinti.

Io, per la mia storia personale non ho conosciuto il partito comunista degli anni ’50. Ma di quello della fine degli anni ’70 mi ricordo bene. E mi ricordo benissimo dei suoi militanti e iscritti.

E, se unisco quelli alla nostalgia attuale che sembra a volte prendere anche il sottoscritto,  qualcosa non mi torna.

Oggi va di moda attaccare la figura dell’ottuso renzismo e del militante che, seguendo le mille giravolte del proprio capo, è disposto ad ammettere tutto e il contrario di tutto. E pure a crederci.

Con la stessa sincerità con cui ieri credeva a Bersani, poi a D’Alema e via tornando indietro.

Del resto la Bolognina non provocò una vera scissione nel partito, ma la fuoriuscita di un gruppo che si richiamava al PCI degli anni ‘60, poi finito nel gorgo del movimentismo, del pacifismo, del Bertinottismo. Ma si trattava di una  minoranza, anche grande in alcuni periodi, visto che il PRC ha raggiunto anche punte del 12%.

Consenso esauritosi, credo, anche per motivi anagrafici. Senza contare la successiva scissione sponsorizzata da D’Alema, con la nascita del PDCI e lo strapuntino offerto a Diliberto per fare la guerra al Kosovo con la Nato. (1).

Insomma l’ex PCI era con Occhetto, o almeno una sua grande maggioranza. Convintamente e sicuro di andare con la parte giusta della storia.

E la parte giusta della storia, seguendo il precetto realista-hegeliano-staliniano, è quella dove si vince. E si vince accettando e ben adattandosi la realtà, anche se la realtà impone scelte che vanno in direzione opposta all’ideologia. Un percorso interessante per i figli e gli adepti di chi aveva scritto che la filosofia non si doveva più limitare a interpretare il mondo, ma a cambiarlo.

Questo nocciolo duro è stato quello che in 70 anni di storia repubblicana ha stoppato, a volte con le buone (la propaganda) a volte con le cattive (delazione e repressione), ogni reale progetto rivoluzionario nel nostro paese.

Mi si dice che la rivoluzione fosse impossibile vista la situazione geopolitica italiana. Bene,  ma allora se siamo hegeliani fino in fondo l’unica cosa da fare è prenderne atto e trasformarsi in un partito socialdemocratico.

Mai offesa fu più grande per un partito-chiesa come il PCI “socialdemocratico?” giammai, meglio democristiani!

E infatti, di fronte a movimenti di massa che probabilmente non ritorneranno nei prossimi 100 anni, il

PCI scelse da che parte stare: da quella dello Stato borghese, scelse gli accordi di vertice con una lettura ottusa del golpe cileno (gli USA facevano golpe in Cile, ma avevano bisogno di consenso e consumatori in Europa).

Quando sento ex-pci citare le socialdemocrazie europee, oggi che non ci sono più, mi verrebbe da mettere mano alla pistola, come diceva il celebre nazista.

Anche perché le socialdemocrazie odierne sono solo le ancelle del capitale finanziario.

So che questa lettura sarà urticante per molti, e, alla fine, pure per me. Forse è anche ingiusta, ma credo che quello che ha scritto Leonardo Paggi qualche tempo fa sia del tutto corretto (2): Ovvero seppellire il cadavere del Partito Comunista Italiano.

Perché quel cadavere ancora ci appesta con miasmi e deviazioni.

Ad esempio sull’antifascismo, che rimane una minestra buona per tutti gli affamati. Ma chi mai potrà NON dirsi antifascista oggi, se non alcuni sparuti “eversivi” di Casa Pound, usati come merda per attirare le mosche. Il corteo antifascista, lo sdegno dell’Anpi, la solidarietà del….PD. Ma NON può NON essere antifascista oggi quel partito che è il legittimo erede del più grande (e inutile?) partito comunista d’occidente.

Probabilmente Bordiga aveva le sue ragioni quando sosteneva che fra i peggiori lasciti del fascismo vi era, certamente, l’antifascismo.

Lo scandalo per la torsione di Gramsci (fin dal titolo dell’Unità) a fini “aziendali” non dovrebbe in effetti intimorire più di tanto militanti che sulle  torsioni (e ritorsioni) ci hanno campato per decenni.

E l’ottusa adesione al capo non dovrebbe porre molti problemi di coscienza. Ovviamente fra Lenin e Renzi c’è la sua notevole differenza ma, si sa, c’è anche quella storia della tragedia e della farsa.

Gli anarchici sono stati accusati di aver messo il carro davanti ai buoi teorizzando la fine dello Stato prima della sua conquista. Diciamo che, fin dalla stesura di “Stato e Rivoluzione”, loro avevano le idee più chiare: intanto conquistiamo lo Stato, con calma lo trasformiamo e poi, caso mai, lo estinguiamo. (3)

Nel frattempo, mentre lavoriamo accanitamente per l’estinzione, perché non godercelo questo Stato?

Credo che il punto, alla fine sia qui. O si fanno i conti con questa storia, una volta per tutte, oppure ci troveremo ogni volta a contestare il Renzi di turno, e per contestarlo, ad allearci con quelli che sembrano più a “sinistra” (termine che a me oggi pare quasi un’offesa), trovandoci alla fine sempre più a destra, sempre più a difesa dell’ultimo strapuntino rimasto, lontani dal  mondo reale, che nel frattempo sarà lì a osannare il vincente di turno.

Lasciamo a questo PD tutta l’eredità del Partito di Togliatti e chiudiamo questa faccenda una volta per tutte.

Se è vero che dal letame nascono i fiori, continuare a stare nella merda potrà alla fine infettarci tutti.

 Andrea Bellucci

1) Mi chiedo dove fossero le minoranze interne di quel partito quando il PDS D’alemiano (sponsorizzato da Cossiga) bombardava il Kosovo provocando centinaia di morti fra i civili e danni permanenti alle strutture di quel paese

2) Comparso sul Manifesto del 26 aprile, ma reperibile qui http://www.sardanews.it/bloggers/215634-la-memoria-di-gramsci-pu %C3%B2-andare-in-naftalina-di-leonardo-paggi. Ovviamente l’articolo è stato completamente frainteso (oppure inteso troppo bene?) dai comunisti al cubo di Contropiano http://contropiano.org/interventi/2016/04/28/lenin-del-prof-leonardo-paggi-078408

3) Come avrebbe detto il Monni “intanto si va avanti 2 o 3000 anni con la dittatura del proletariato, poi si vedrà” tratto dal film “Berlinguer ti voglio bene” .