NATO, ALLEANZA CRIMINALE

Tra lo sconcerto generale degli eterni guerrafondai nostrani, grandi difensori della “democrazia occidentale e della libertà”, ossessionati dall’idea che i russi si stiano preparando ad abbeverare i cavalli nelle inesistenti fondane di San Pietro, l’amministrazione Trump ha manifestato l’intenzione di ridimensionare la sua presenza nella NATO e contemporaneamente quella delle truppe americane in Europa. Francamente, dopo ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, che ha visto l’Italia sconfitta, sarebbe ora che cessasse finalmente la messa sotto tutela dell’Italia. Nel nostro paese infatti fin dal 1951 sono presenti basi militari americane, le più note delle quali sono quelle di Aviano, Napoli, Sigonella, Camp Ederle (Vicenza), Ghedi (Brescia) Camp Darby (Pisa) e Gaeta (Latina), ma nel loro insieme ammontano, secondo notizie pubblicate su Internet, a più di 120 (tra quelle note e le tante ignote). Queste basi ospitano intorno a 12.000 militari americani e un numero imprecisato di testate nucleari installate su vettori missilistici, in grado di portarle sugli obiettivi decisi dalla Casa Bianca, unitamente ad armi nucleari in dotazione agli aerei di stanza nelle basi italiane, nelle navi e in dotazione ai reparti. A tale riguardo non è dato sapere come vengono gestiti le scorie di materiale radioattivo prodotte da tali armi e dove vengono stoccate. Inutile dire che queste basi avrebbero dovuto essere smantellate dopo lo scioglimento del patto di Varsavia, in quanto era venuto meno il pericolo di aggressioni potenziali da parte russa, ma pur tuttavia queste basi sono rimaste sempre attive, anzi molto attive, ma spesso per attività “improprie.”

Il ruolo delle basi NATO e USA in Italia

Per comprendere qualsiasi stato il vero ruolo di queste basi dal momento della loro istituzione ad oggi e come esse abbiano influito nella vita politica e sociale del paese, occorre rispondere alla domanda: quali leggi valgono al loro interno? Quelle italiane o non piuttosto quelle degli occupanti e ancora, chi decide l’utilizzo delle bombe atomiche li custodite? Nelle basi dovrebbero valere le leggi italiane, ma nelle aree militari le leggi civili possono essere legalmente ignorate a seguito degli accordi stipulati, per motivi di sicurezza nazionale. e di questa eccezione le basi sia NATO che USA in Italia hanno fatto largo uso nel tempo, organizzando come le inchieste successive hanno dimostrato, gruppi paramilitari e di sovversione interna che hanno partecipato sia all’attuazione del “Piano Solo” del generale De Lorenzo, primo tentativo di colpo di Stato, sia al più noto e pericoloso piano “Gladio”, gestito come è noto ed ormai acclarato dalla loggia massonica P2 e da Licio Gelli, utilizzando strutture dell’Alleanza, come i processi con sentenze passate in giudicato hanno inequivocabilmente dimostrato. La letteratura a riguardo è vastissima, al punto che non vale la pena
citarla.
Queste attività ancorché illegittime sono state coperte dalla struttura militare dell’alleanza che più che il compito di difesa esterna aveva quello di impedire l’ascesa al potere dei partiti comunisti, a prescindere dal risultato elettorale e dalle opzioni degli elettori. Evitarlo con ogni mezzo era quindi considerato attività lecita, coperta dalla giurisdizione militare che si caratterizza per l’assoluta impunità di ogni comportamento. Ma non c’è stata solo la politica e di tale impunità si è avuta la dimostrazione in occasione del cosiddetto incidente della funivia del Cermes (1998) quando un aereo americano, volando ad una quota largamente inferiore a quanto concesso, in violazione dei regolamenti, tranciò un cavo della funivia, facendo precipitare la cabina e provocando la morte di 20 occupanti, i piloti statunitensi in quell’occasione, stavano divertendosi a filmare il panorama. È bene ricordare che i due piloti, sottoposti a processo, vennero assolti dalle accuse di omicidio, anche preterintenzionale e colposo. Gli istruttori dei gruppi paramilitari fascisti che organizzarono la strategia della tensione in Italia e tentarono di sovvertire l’ordinamento del paese furono invece premiati e i manovali largamente protetti.

Il ruolo delle basi NATO e USA oggi

Guardando la posizione strategica dell’Italia abbiamo forti dubbi che purtroppo, malgrado l’annunciato ritiro degli Stati Uniti la presenza USA nel nostro paese venga smantellata, in considerazione della posizione strategica che l’Italia ha nel Mediterraneo. Non a difesa dell’Italia ma dei propri interessi gli Stati Uniti hanno tutta l’intenzione di continuare ad utilizzare il territorio italiano come una sorta di portaerei protesa nel Mediterraneo a causa della sua configurazione naturale. Da Sigonella anche oggi partono le attività di ricognizione sia con aerei che con droni di sorveglianza di tutto il Mediterraneo orientale e sull’Africa, attività che si spingono fino al Mar Nero, bordeggiando i confini della Russia, e permettono agli Stati Uniti di esercitare la sua attività di gendarme a garanzia dei sionisti israeliani che costituiscono il vero avamposto statunitense nel Medio Oriente, svolgono la funzione di gestione dell’area in nome e
per conto della potenza statunitense. Abbiamo inoltre forti dubbi che gli USA ritirino la presenza della flotta dal Mediterraneo, perché questo significherebbe ridimensionare il loro controllo delle rotte marittime sulle quali si fonda il loro potere imperiale. Per questo motivo il porto di Napoli e la base li localizzata è probabilmente uno degli altri insediamenti inamovibili degli americani in Italia.

La NATO scudo di pace

Ma vi sarebbe un’altra ragione a giustificare la presenza militare statunitense: quello di protezione verso aggressioni esterne. Scadendo nell’aneddotica c’è chi ama raccontare di Berlinguer che lasciando l’Unione Sovietica per l’ultima volta avrebbe tratto un sospiro di sollievo, dichiarando di sentirsi al sicuro rientrando in Italia proprio grazie alla
copertura offerta dalla NATO; tanto sicuro da dover formulare la strategia del compromesso storico proprio, a seguito del golpe cileno che dimostrava quanta poca sicurezza vi fosse all’ombra degli Stati Uniti per la libertà e la democrazia.
Dunque, niente di più falso perché in questi ultimi 80 anni l’Alleanza è stata protagonista di almeno 13 guerre che possiamo definire illegali se partiamo dal principio che dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, con l’istituzione nel 1945 delle Nazioni Unite, il diritto internazionale ammette la guerra come legittima silo in due casi: il diritto all’autodifesa e la possibilità di condurre una guerra su esplicito mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ebbene questi principi sono stati trasgrediti e la responsabilità è soprattutto dell’Occidente e del suo potere militare per il tramite dell’Alleanza è entrato in guerra in Iran (1953), Guatemala (1954), Egitto (1956), Cuba (1961), Vietnam (1964), Nicaragua (1981), Serbia (1999- 2025…), Afghanistan (2001), Iraq (prima e seconda guerra, 2003), Libia (2011), Ucraina (2014– 2022…), Yemen (2015…), spargendo morte e distruzione. Soffermando l’attenzione sui cosiddetti “conflitti maggiori” vale la pena richiamare l’attenzione della memoria sulla disastrosa campagna nei Balcani, costellata da bombardamenti e massacri, le cui tracce restano ancora oggi, visibili e purulente. Che dire poi dell’aggressione immotivata all’Iraq per impossessarsi del suo petrolio che ha distrutto uno dei pochi regimi laici di gestione di una popolazione islamica, fomentando di fatto lo sviluppo rigoglioso dello jihadismo e producendo le condizioni che hanno dato vita all’Isis: quella guerra venne scatenata agitando due provette di liquido incolore, ostentate dal segretario di Stato degli Stati Uniti all’ONU che affermava trattarsi di gas letali: tutto falso.
Ma è meglio di se si fa per dire, la NATO l’ha dato nella guerra in Afghanistan dove per 20 anni ha devastato il paese per poi lasciarlo ignominiosamente nelle mani degli integralisti islamici, abbandonando collaboratori e sostenitori della libertà occidentale e dei valori che diceva di affermare da un giorno all’altro, senza protezione alcuna e lasciando che fossero carne da macello ad opera dei talebani.
Ora dovremmo piangere perché l’ombrello offerto da questa Alleanza sembra essere finito, mentre invece noi crediamo che sia giunto il momento di festeggiare per quanto sta avvenendo. Si dice che senza la NATO l’Europa è priva di difesa, alla mercé della Russia che ambirebbe ricostruire lo spazio di dominio dell’URSS e riprendere il controllo non solo dell’Europa orientale, ma di tutto il continente. Niente di più irrealistico e sbagliato perché la Russia attuale, con una popolazione di 144 milioni su un territorio così vasto da essere il doppio di quello europeo non ha e non può avere la
forza di controllare un territorio come quello europeo che costa di 600 milioni di abitant circa, anche se tutti i paesi che ne fanno parte fossero completamente disarmati.
Oggi il dominio su un popolo si esercita con altre forme, manipolandolo, orientandolo, condizionando la sua economia e le sue istituzioni e per questo non c’è bisogno di eserciti. Non è un caso che il progetto politico della NATO di spingersi fino a cingere i confini della Russia da ogni parte estendendo le basi dell’Alleanza ha costituito lo strumento di aggressione e di condizionamento dello Stato russo per perseguire la sua frantumazione istituzionale affinché fosse meglio governato e gestito dalle economie egemoni dell’occidente. È perciò nostra convinzione che possa essere ripristinata la coesistenza pacifica tra gli Stati d’ Europa e il mondo slavo, Russia compresa, a condizione di rinunciare a pretese egemoniche da ogni parte. Lo scontro in corso è l’ultima fase di una complessa battaglia politica e culturale che mira a cancellare gli effetti della grande tragedia costituita dalla seconda guerra mondiale e questo affinché una nuova guerra mondiale sia possibile.

Politica di pace e coesistenza pacifica

All’indomani della fine della seconda guerra mondiale i popoli europei, ammaestrati dai lutti e dalle rovine prodotte dalla guerra decisero saggiamente che mai più quando era avvenuto avrebbe dovuto ripetersi. Movimenti robusti e vigorosi come quello contro le armi nucleari guidato da Beltran Russel instillarono nella coscienza dei popoli il rifiuto
della guerra nucleare e fecero scegliere al mondo la strada del ridimensionamento dell’arsenale nucleare. Cavalcando quell’epoca di pace vi fu spazio per i movimenti sociali di crescere e rivendicare giustizia sociale e un welfare sempre più diffuso. Per una fase economica e storica, purtroppo troppo breve, il lavoro erose una parte del profitto capitalistico a vantaggio dei popoli. Nacque quella cultura, si sviluppò quell’attenzione sociale che portò al maggio 68 e dette inizio ad una fase di sviluppo e di ricerca di valori nuovi e della felicità possibile sulla terra.
Ma le esigenze insaziabili di rilancio dell’accumulazione capitalistica e la finanziarizzazione crescente dell’economia pretendono oggi che si torni al conflitto, anche in aree come quella europea, che sembravano essere riuscite ad escludere il ricorso alla guerra come soluzione delle controversie. Ciò rappresenta la cesura definitiva della falla che si è aperta nel controllo da parte delle élite sui popoli. In qualche modo costituisce la chiusura di un contenzioso tra capitale e lavoro tra masse ed élite, fra popolo e oligarchie. L’uso scientifico dell’Ucraina come proxy per condurre
una guerra per procura nei confronti della Russia ha riportato il conflitto sul territorio europeo con tutte le conseguenze che ne derivano in ordine alla perversione del sentire sociale di un’intera popolazione, quella Ucraina, indotta a militarizzarsi e a sposare la logica della guerra, quella europea chiamata a condividere, a finanziare la guerra, a schierarsi a mo’ di tifoseria.
Ciò ha di fatto provocato la distruzione pressoché totale di un popolo, attestata non solo dalle centinaia di migliaia di morti, certificata dalle rovine dei beni materiali, ma soprattutto avvelenata dal disastro ambientale, sociale, dovuto alla presenza di migliaia di mutilati, a un’intera generazione spazzata via, ad un popolo disperso nella diaspora, a conflitti sociali crescenti, anche religiosi, a conflitti etnici, al disadattamento sociale per i traumi di una guerra che ha emarginato i valori di umanità, solidarietà, fratellanza, che ha lasciato spazio alla speculazione, al sopruso, all’arricchimento derivante dall’economia di guerra. In altre parole ad un’economia e a rapporti malati che sono di ostacolo allo sviluppo della convivenza tra le genti e fra i popoli.
Ora che la guerra guerreggiata sembra volgere al termine, se non altro che a causa della sconfitta militare di uno dei contendenti, un ulteriore disastro si prepara con il piano di riarmo deciso dalla burocrazia europea senza passare attraverso il voto del Parlamento e dei popoli, di fatto imposto ai cittadini d’Europa, chiamati a sacrificare il loro benessere, il loro welfare, i loro diritti, senza poter scegliere se farlo.
Ma quale democrazia è quella che vara i crediti di guerra senza votarli, quale Stato  democratico è quello che priva i cittadini del voto proprio nello scegliere tra la pace e la guerra?

G. L.