Colpo di stato alla rumena

Il 24 novembre si è svolto in Romania il primo turno delle elezioni presidenziali con un risultato decisamente sorprendente rispetto alle previsioni che davano tra i favoriti il partito socialdemocratico del presidente uscente Laus Iohannis. Il candidato indipendente di estrema destra Călin Georgescu, ha ottenuto il 22,4% dei voti, superando tutti i suoi rivali. Inaspettatamente, al secondo posto e quindi ammessa al ballottaggio, Elena Lasconi (19,7%) del partito conservatore, fortemente sostenuta nella propaganda elettorale tra gli immigrati rumeni, appartenente Usr (Unione Salvate la Romania), che per una manciata di voti è riuscita a superare il primo ministro socialdemocratico. Marcel Ciolacu (19,5%).
Il paese attraversa una profonda crisi economica e sociale e cresce la sfiducia nelle istituzioni, anche a causa di una forte inflazione, E questo mentre l’industria e gli investimenti sono sempre più in crisi a causa delle ripercussioni nel paese della congiuntura negativa attraversata dall’economia tedesca. Quando è avvenuto ha portato a una caduta degli investimenti e alla crisi in molti settori produttivi, aggravata dagli effetti che la guerra ucraina riversa sul paese. Gli osservatori di quando avviene in Romania spesso trascurano il fatto che il paese ha il confine con il teatro di guerra più
lungo di ogni altro Stato dell’Unione e le armi e i rifornimenti all’Ucraina, le merci in uscita e in entrata per il paese, passano per il territorio e per i porti rumeni, causando non pochi problemi, come è risultato evidente nel caso dell’esportazione di grano ucraino che ha dato luogo a vendite sottocosto sul mercato rumeno che hanno gravemente danneggiato gli agricoltori rumeni, provocando un notevole disagio sociale e violente proteste.
Inoltre la presenza in Ucraina di zone di confine abitate da rumeni, come la Bucovina, e le particolari vessazioni alle quali queste popolazioni sono sottoposte anche dal punto di vista della libertà religiosa e linguistica, fanno sì che la conoscenza sull’effettiva gestione dei rapporti sociali esistenti in Ucraina venga vissuta con particolare intensità e
sensibilità dalla popolazione rumena. Da qui un crescente rifiuto generalizzato nel paese nei confronti del sostegno all’Ucraina, della sua guerra nazionalista e una profonda avversione alla politica del governo Zelensky.
I partiti di governo contavano di portare almeno uno dei candidati al ballottaggio per poter prolungare il sostanziale dominio della politica rumena da parte dell’alleanza, peraltro innaturale, tra socialdemocratici e liberali, anche se politici di lungo corso come Mircea Geoană, già vice presidente della NATO, aspiravano a succedere alla presidenza del paese. Geoană, il 3 settembre 2024 si è dimesso dalla sua carica con l’intento di candidarsi alle elezioni presidenziali, con il sostegno dalla Fondazione România Ranaste, guidata da Dumitru Borțun, professore universitario, ex consigliere
presidenziale ed ex candidato alla carica di sindaco di Bucarest del PSRo.
Dell’affollato parterre di candidati faceva parte anche Diana Iovanovici-Soșoacă, del partito SOS Romania, Parlamentare europea e no vax, dichiaratamente filorussa, ma la Corte costituzionale ha ritenuto incompatibili le sue posizioni antieuropeiste con la stessa Costituzione rumena, accusandola di schierarsi pregiudizialmente contro l’adesione all’Unione europea. Anche se alcuni politici, soprattutto di destra che ne tenevano la concorrenza, come Elena Lasconi si sono affrettati a definire questa decisione una buona notizia, le motivazioni con le quali la Corte ha proceduto a questa
esclusione appaiono deboli e soprattutto prodromiche di quando e poi avvenuto. Comunque alle dichiarazioni della Lasconi che ha dichiarato “a prima vista, questo divieto di candidatura di Șoșoacă sembra un sogno che si avvera per Marcel Ciolacu”. hanno fatto eco quelle di altri politici, come ad esempio il leader del Partito nazionale liberale Nicolae Ciucă. I liberali fanno parte della coalizione di governo con il PSD, eppure hanno criticato quanto avvenuto ,dichiarando “I rumeni capiscono quando qualcuno vuole il potere assoluto. La resa dei conti presidenziale sarà decisa dal popolo, non da manovre dietro le quinte o dalla manipolazione delle istituzioni”. Tuttavia, il primo ministro Ciolacu ha invitato la CCR a pubblicare rapidamente le sue motivazioni, che, ha sottolineato, devono essere basate su “solide basi legali e
costituzionali”. Ha aggiunto che il ruolo principale della Corte costituzionale è quello di proteggere i diritti dei candidati, “non di agire come un ostacolo alla loro partecipazione alle elezioni”.
Come è stato possibile che Georgescu – già membro, fino al 2022, del partito conservatore “Alleanza per l’unità dei rumeni”, sostenitore di posizioni antiscientifiche durante il Covid – abbia raccolto tanti consensi è presto detto: è un feroce e irriducibile oppositore del sostegno rumeno all’Ucraina, alla guerra e del finanziamento dello sforzo bellico.
Inviso perciò all’establishment filo europeo del paese, Georgescu ha rifiutato l’offerta della protezione della Polizia di Stato, garantita ai candidati alle elezioni presidenziali, e si è dotato di un servizio d’ordine costituito da ex e attuali appartenenti alla legione straniera francese, una sorta di milizia sul tipo della Wagner, che svolge attività di intervento soprattutto in Africa. I suoi critici hanno avuto buon gioco nel presentare la presenza dei Legionari attuali, insinuando una sua vicinanza alla Legione di Ferro, movimento politico di estrema destra che ha caratterizzato la vita politica rumena
negli anni 30 e collaborato con il nazismo. Tuttavia costituisce un dato di fatto che Georgescu, durante la sua campagna elettorale ha percorso in lungo e in largo il paese, fino a recarsi nelle località più isolate, conducendo da tempo una propaganda martellante che lo ha fatto conoscere nel paese ed apprezzare per la difesa dei valori tradizionali rumeni.
Ciò che sembra oggi rilevare è che Georgescu si oppone alla presenza della base missilistica NATO di Daveselu, dove sono state allestite rampe per il lancio di missili balistici puntati verso la Russia, come pure si oppone alla presenza della base aerea di Campia Turzli, gestita dagli americani e contornata dalle basi satelliti di Craivo, Cernavodà, Oradea. Si è dichiarato inoltre esplicitamente contrario alla costruzione della grande base progettata a Costantza, sul Mar Nero, che dovrebbe superare in grandezza quella tedesca di Ramstein, fortemente voluta dal presidente uscente Iohannis.
Per la verità la posizione di Georgescu ha motivazioni profonde che non risiedono solo nel rifiuto di ogni sacrificio economico per il popolo rumeno volto a sostenere lo sforzo bellico ucraino, ma ha radici nella profonda condivisione da parte sua delle ragioni e dell’ideologia del Russkiy Mir, che egli condivide profondamente, essendo nato e cresciuto in una famiglia di preti ortodossi. In una parola la sua condivisione della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa è l’elemento che motiva le sue posizioni politiche. D’altra parte questo orientamento è comune agli altri partiti di destra, come avevano già dimostrato gli esiti delle elezioni europee che avevano visto una crescita notevole del consenso per questi partiti. In particolare Georgescu, attivo per anni nel settore della protezione ambientale e della pianificazione territoriale, impegnato in organismi internazionali e in fondazioni e associazioni che si occupano di ambiente, guarda con particolare attenzione ai problemi delle minoranze rumene fuori del paese e in particolare alle popolazioni rumene dell’oblast di Černivci, particolarmente discriminate dall’Ucraina che ha inglobato questi territori. Da qui discendono gran parte delle sue posizioni critiche nei confronti dell’attuale governo ucraino.

Le elezioni politiche e il compattamento dei partiti filo – occidentali

Come previsto il 1 dicembre si sono svolte le elezioni per il Parlamento e in questo caso il risultato è stato decisamente diverso: i socialdemocratici filoeuropei hanno vinto le elezioni, anche se i partiti dell’estrema destra hanno registrato una forte crescita elettorale. Il PSD che finora era stato al governo con i liberali ha raccolto il 24,4% dei voti, classificandosi al primo posto fra i diversi partiti, e tuttavia l’insieme dei partiti di destra ha raccolto il 31% dei consensi, di fatto triplicando i consensi rispetto alla precedente tornata elettorale, a testimonianza dello spostamento a destra complessivo dell’elettorato. Nel nuovo Parlamento non sarà facile procedere alla formazione del nuovo governo che in ogni caso sarà quello chiamato a gestire la ripetizione delle elezioni per il nuovo presidente della Repubblica, mentre quello attualmente in carica di fatto gestirà la fase di transizione, avendo la possibilità di incidere sui futuri equilibri
politici del paese. Sembrano esservi tuttavia le condizioni perché intorno al partito di maggioranza si possa formare un governo che escluda la destra.

L’intervento della Corte costituzionale

Inutile dire che i risultati elettorali delle elezioni presidenziali hanno suscitato non poche preoccupazioni all’interno degli ambienti atlantici, poiché il Presidente della Repubblica svolge nell’ordinamento rumeno un ruolo particolare di orientamento delle politiche del paese .Perciò la Corte Costituzionale ha deciso di ricorrere all’articolo 52 della legge 32 del 2004, che le conferisce la facoltà di annullare una tornata elettorale “se le votazioni e la determinazione dei risultati sono avvenute con frodi tali da modificare l’assegnazione del mandato o (…) l’ordine dei candidati che possono partecipare al secondo turno elettorale”.
Si dirà che tale procedura, avrebbe dovuto essere attivata entro i tre giorni successivi all’esito elettorale del primo turno, e cioè entro venerdì 29 novembre. Tuttavia, prendendo a pretesto il previsto svolgimento delle elezioni parlamentari, la decisione è stata rimandata anche con l’intento di valutare le decisioni da prendere in relazione ai risultati del voto.
Verificato che attraverso un’alleanza sia pure forzosa dei partiti filo – occidentali era possibile raggiungere una maggioranza nel paese la Corte costituzionale composta da 9 membri, tre di nomina presidenziale tre nominati dal Senato e tre nominati dalla Camera hanno deciso di prendere in mano la situazione e di intervenire con una decisione che ha suscitato non poche perplessità e che ha indotto gli eletti ad appellarsi al nuovo presidente statunitense, anche se non è entrato in carica, per denunciare la violazione delle regole democratiche e presentare quanto avveniva come il colpo di
coda non solo dell’Unione europea ,ma anche dell’amministrazione statunitense uscente.
Ufficialmente la decisione definitiva di annullare il primo turno delle presidenziali è stata motivata dalla desecretazione di documenti dei servizi segreti di Bucarest riguardanti supposte interferenze della Russia nel processo elettorale. Sono state denunciate dai servizi di sicurezza come fraudolente le attività social del vincitore del primo turno;
secondo la Corte Georgescu si sarebbe servito di bot e account creati ad hoc per diffondere i suoi messaggi politici, manomettendo l’algoritmo di TikTok, e questo mentre dal 19 novembre si sarebbero svolti attacchi cyber contro l’infrastruttura digitale dell’Autorità Elettorale Permanente (AEP), l’istituto che si occupa di certificare i risultati delle singole elezioni, compromettendo un server cartografico.
Il mondo politico rumeno ha preso le distanze dalla decisione della Corte Mentre Georgescu l’ha definita “ridicola e antidemocratica” i suoi avversari politici temono che l’annullamento della tornata presidenziale rafforzi il candidato indipendente antisistema. Perciò si sono spinti fino al punto di definire la scelta della Corte “più catastrofica
della vittoria di Georgescu”. Mentre sono più che evidenti le difficoltà di riprogrammare le elezioni presidenziali, problematico si presenta il problema della ammissione dei candidati al voto, perché nulla assicura che quanto è successo, ammesso che la tentata frode venga dimostrata, non possa ripetersi. Al momento del paese si vive un clima di caccia alle streghe con tentativi di far confessare a diversi influencer ragioni oscure che le li avrebbero spinti a sostenere il candidato Georgescu.

L’insegnamento del caso rumeno

Comunque vada e qualunque sia la conclusione di questa intricata vicenda la crisi politica evidenziata da quanto è avvenuto è del tutto evidente. Come ovunque in Europa l’opposizione alla guerra d’Ucraina ha fatto da volano alla crescita tumultuosa e pressoché inarrestabile della destra che si è fatta carico del disagio della popolazione rispetto ad un conflitto che non sente come condiviso e a fronte del rifiuto dei sacrifici economici da sopportare per finanziare la guerra e sostenere il nazionalismo di un popolo che pretende di drenare risorse ad altre popolazioni per sostenere i propri
interessi e quelli degli oligarchi che lo rappresentano. In altre parole la guerra ucraina non è condivisa nei suoi scopi e nelle sue ragioni e questo tanto più in Romania dove la popolazione rumena sa bene in quali condizioni vivano i rumeni delle regioni di confine dell’Ucraina sottoposti a continue violazioni della loro libertà religiosa in nome degli interessi della Chiesa ortodossa ucraina autocefala, giudicata dall’ecumene delle Chiese ortodosse come scismatica e che ne sequestra i beni Si aggiunga poi che la concorrenza del grano ucraino, veicolato attraverso il territorio rumeno, a tutto danno degli agricoltori rumeni, non ha fatto certamente piacere alla popolazione che ha visto nella concorrenza ucraina un danno economico rilevante al proprio benessere.
A ciò si aggiunga l’insofferenza profonda per gli per gli oligarchi rumeni i quali varcati i confini ostentano ricchezze e si fanno ospitare il lussuoso e residenze dove impiegano i profitti derivanti dall’economia di guerra e dalla grande corruzione presente nel paese sia per effetto dell’esenzione a pagamento dal servizio militare che grazie alle tangenti percepite sulle forniture belliche e i finanziamenti a fondo perduto dell’unione europea per sostenere la spesa sociale di uno stato le cui finanze sono oggi inesistenti.
Gli eventi rumeni costituiscono un segnale significativo anche per i partiti della sinistra che vedono il consenso alle proprie posizioni eroso da un atlantismo acritico e dà una passiva quiescenza nei confronti della guerra. L’innaturale condivisione per i partiti di sinistra della guerra come strumento di soluzione delle controversie risulta essere contrario al DNA stesso che identifica la formazione politica come solidaristica e di sinistra, soprattutto preoccupata del benessere materiale del popolo che rappresenta ed intende porre al centro della propria azione politica. Il sostegno primario per il
welfare e i servizi alla persona, nonché per il benessere economico e sociale delle popolazioni delle quali pretende di rappresentare gli interessi dovrebbe sempre costituire la stella polare di ogni decisione. L’adesione invece a fini a scelte ideologiche discutibili, il nome di posizione di principio di astratta difesa della democrazia, risultano non essere credibili e comunque controproducenti rispetto ai fini fondativi della formazione politica e dell’ideologia politica che rappresentano tanto più quando è nota a tutti la natura illiberale e spesso repressiva del governo del paese che chiede solidarietà e sostegno denunciando di essere aggredito.
In base alle ultime notizie che giungono dal paese sembra che bisognerà attendere tre mesi prima che nuove elezioni presidenziali vengano indette e nella speranza che l’attenzione politica nel paese dei canti creando le condizioni per i partiti al governo di prevalere, grazie all’accordo raggiunto su una candidatura unitaria da contrapporre alla destra. In questa situazione non si capisce tuttavia come verrà gestita e da chi la Presidenza della Repubblica, posto che il mandato del Presidente in carica scade alla fine di dicembre ed una prorogatio in carica sarebbe quantomeno singolare, tanto più
che tra i compiti del nuovo presidente c’è la nomina di un giudice costituzionale, considerato che la Corte verrà rinnovata per uno dei suoi membri, in ragione del normale avvicendamento. In questa situazione si guarda con incertezza a quali potrebbero essere le conseguenze di una diversa composizione della Corte costituzionale, certificando la profonda crisi istituzionale che coinvolge il paese e che introduce un elemento di crisi e di grande debolezza dello schieramento meridionale della NATO e dell’Europa in un momento in cui Bucarest completa il proprio percorso di adesione all’Unione europea con l’estensione al paese del Trattato di Schengen, obiettivo lungamente perseguito dalla Romania ed ottenuto grazie al sostegno dell’Ungheria di Orban.
Quanto sta avvenendo in Romania dimostra che i paesi che si sono posti sotto l’ombrello NATO vivono una indipendenza a sovranità limitata anche ora che l’Unione sovietica è crollata, La strategia dell’imperialismo anglosassone di dominio del mondo persegue l’obiettivo della frammentazione degli imperi e quindi anche il progetto imperiale russo va combattuto fino a conseguire la la frammentazione dell’attuale territorio russo in tanti Stati etnici per quante sono le etnie di questi immensi territori, in modo che i popoli possano meglio essere controllati ed asserviti. Se noi italiani avevamo bisogno di una conferma della strategia della tensione e dei tentativi golpisti sviluppatesi nel paese sotto Gadio e sotto l’egida NATO ne abbiamo oggi la prova provata.

G. L.