Con il crollo repentino del regime siriano la guerra mondiale a pezzetti allarga ulteriormente il suo raggio di azione: la guerra principale, ovvero quella che vede l’Ucraina condurre una guerra per procura in nome e per conto degli Stati Uniti, dell’Inghilterra e dell’Unione europea contro la Russia, si arricchisce di ulteriori terreni di scontro. La guerra che si combatte sul territorio ucraino è in realtà solo una parte di uno scontro globale che vede coinvolti il Medioriente, ma anche l’Africa, settori nei quali agiscono gli attori principali, contornati di volta in volta da portatori di interessi locali più circoscritti, che vanno tuttavia inseriti nello scontro globale in atto.
Dove e come tutto è iniziato
Nel 2006 negli Stati Uniti esplode una crisi economica che tra il 2007 e il 2013 e si diffonde, a seguito della ”crisi dei subprime” che fa da volano a quella che investe il mercato mondiale. I principali fattori che condizionano quanto avviene sono costituiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, petrolio in primis ma anche dell’energia,
accompagnati da una crisi alimentare mondiale e del mercato mondiale del commercio e degli scambi che rischia di sfociare in una recessione a livello globale. in una crisi creditizia, seguita a quella bancaria, con conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici.
A disegnare le linee di una risposta globale provvede un ristretto gruppo di politici, soprattutto britannici, fortemente legati alla borsa di Londra e al mercato americano dei capitali, che ruota intorno a Wall Street, che, operando a margine degli ambienti NATO, sviluppa una strategia che, col tempo, si articolerà secondo linee sempre più complesse.
Questo gruppo di interesse. nato in seno al capitalismo anglosassone, individua l’Europa come l’anello debole della struttura che il mercato va assumendo con l’ingresso della Cina nel WTO e concepisce come primo step di questa strategia il suo indebolimento, mettendo in atto il progetto della Brexit, al doppio fine di svincolare il capitalismo anglosassone che fa capo alla borsa di Londra dagli interessi europei continentali e dall’altro di restituire ai paesi anglosassoni, e segnatamente all’area costituita da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Australia, l’egemonia nell’economia e nel commercio mondiale. Ritenendo che il punto di forza del modello produttivo adottato dall’area continentale del capitalismo europeo è costituito dall’asse che lega l’economia di questi paesi a quella russa questo gruppo di politici e faccendieri, decide che costituisca obiettivo prioritario recidere questo legame.
Costoro individuano già da allora nel nazionalismo ucraino l’anello debole degli equilibri politici esistenti nell’area degli Stati cuscinetto che separano la Russia dall’Unione europea e che costituiscono la garanzia di sicurezza strategica per la Russia, permettendo quella collaborazione e quel rapporto di fiducia che si prefiggono di recidere. Il loro obiettivo è quello di lavorare alla dissoluzione dell’unità dello Stato russo dando vita a numerosi Stati a base etnica al fine di distruggere la presenza imperiale russa lasciando spazio all’insorgere dei nazionalismi. In questo nuovo ipotetico assetto della configurazione politica dei territori orientali l’Ucraina svolgerebbe le funzioni di tre d’union, di tramite tra l’Europa EI territori asiatici del convivente grazie alla composizione slava della sua popolazione.
Il primo passo di questa strategia di destabilizzazione viene attuato con successo, portando alle sue conseguenze più estreme la Brexit e tuttavia il progetto subisce un ritardo dovuto all’esplosione della pandemia che per due anni immobilizza gli ulteriori sviluppi del progetto strategico, che viene ripreso con vigore al termine del periodo pandemico.
Con il ritiro dalla vita politica della cancelliera Merkel del dicembre 2021, scompare il politico di grande prestigio che aveva fatto da garanzia alla persistenza degli accordi di Minsk due del 2015, congelando la crisi Ucraina e mal tempo stesso, garantito la persistenza dei contratti di fornitura di gas e petrolio a prezzo politico, in cambio di investimenti di tecnologie e di capitali nell’industrializzazione e ammodernamento dell’apparato industriale russo e nella scelta del territorio della Russia come ambiente privilegiato di investimento per i capitali franco-tedeschi.
Gli inglesi sono finalmente liberi di far emergere alla luce del sole il loro sostegno militare all’Ucraina che ha visto le potenzialità belliche ucraine rafforzarsi in misura sempre maggiore e sfociare nel colpo di stato di Piazza Maidan, orchestrato di concerto con l’alleato statunitense. Nel paese sono cresciute le ingerenze del Patriarcato ecumenico, e quindi del Dipartimento di Stato, con la creazione di una Chiesa Ortodossa Ucraina autocefalia (cioè nazionale), alla quale il Patriarca ecumenico ha concesso l’autocefalia, Chiesa che gode del sostegno del governo ucraino nel condurre
una battaglia senza quartiere controlla Chiesa ortodossa canonica Ucraina, legata al Patriarcato di Mosca, al fine di impossessarsi del suo immenso patrimonio e di subentrare ad essa nell’influenzare politicamente e sociologicamente il paese. Inoltre l’attacco portato alla Chiesa Ortodossa Ucraina canonica legata al Patriarcato di Mosca costituisce un diretto attacco ai Russkiy Mir, sostenuto dal Patriarcato moscovita, ovvero dal Patriarca Kyrill, il più stretto alleato della politica imperiale putiniana.
Vi sono tutte le condizioni perché la Russia decida di intraprendere una scellerata operazione di “polizia” sul modello di quelle a suo tempo messe in atto in Cecoslovacchia, denominata “operazione speciale”, che invadendo l’Ucraina, mira ad instaurarvi un governo amico, e tutto ciò senza avere contezza di quanto la situazione sul campo e nel paese è mutata rispetto al periodo sovietico e di quanto è cresciuto nel paese il nazionalismo, fortemente radicato soprattutto nei territori occidentali ucraini, che sono poi quelli nei quali si sviluppa l’invasione. Malgrado le sue attività di intelligence il governo russo sembra ignorare che l’Ucraina ha subito insieme all’impoverimento della propria economia un fenomeno di urbanizzazione che ha spostato larga parte della popolazione degli oblast occidentali verso Kiev per cui è
mutata la composizione sociologica della capitale del paese dove prevalgono modelli di vita e aspirazioni occidentalizzanti.
Gli eventi sono noti, come è palese il mutamento di strategia russa dopo il fallimento dell’operazione su Kiev: da quel momento in poi, ritirato il corpo di spedizione, peraltro respinto, la Russia impegna le proprie truppe a sostegno degli oblast separatisti dell’Ucraina orientale. Inizia da quel momento una guerra di posizione che è in corso ancora oggi e che, dopo fasi alterne caratterizzate da offensive ucraine e contrattacchi russi, vede ora l’esercito russo dilagare su tutto il fronte orientale.
Gli oblast di Donetsk, Charkiv, e in parte quelli di Lugansk e Zaporingia vengono occupati al ritmo di 500 km2 al mese, mentre il territorio dell’oblast di Dnipro è ormai minacciato. I russi non nascondono il loro intento di raggiungere il fiume Dnipro, creando una dorsale che dal nord, nei pressi di Sumy, arrivi fino alle sponde del Dnipro e costituisca il confine naturale di un’Ucraina annessa alla Russia. In questo senso l’invasione di Kursk potrebbe, alla lunga e una volta respinta, rivelarsi un boomerang, perché una volta eliminata la presenza ucraina nel saliente russo, l’esercito russo
potrebbe sviluppare un’iniziativa su un nuovo fronte, costituita appunto dal territorio di questo oblast.
Le dimensioni del disastro
La guerra per procura che l’Ucraina ha stoltamente accettato di condurre, in nome e per conto dell’Occidente, ha distrutto il paese. La sua popolazione è passata da 42 milioni, prima della guerra, a circa la metà. Non meno di 8 milioni di ucraini sono migrati in Occidente e la loro migrazione con il passare del tempo minaccia di trasformarsi in un
fenomeno stabile, poiché essi sono stati accolti ed inserito nelle società ospitanti. Si calcola in 6 – 9 milioni il numero di ucraini rifugiatosi in Russia e comunque ivi residenti. Inoltre dal computo della popolazione presente nel paese bisogna espungere gli abitanti della Crimea, quelli degli oblast conquistati dalla Russia e il numero dei morti sul campo di battagli, le vittime civili del conflitto. Da notare che nessuno delle due parti in guerra ha reso disponibile i dati relativi alle vittime civili e soprattutto militari.
Da fonti occidentali sappiamo che l’Ucraina risente di una notevole carenza di combattenti da inviare sul campo di battaglia, mentre si fanno sempre più preoccupanti le notizie relative alla tenuta del fronte interno. I dati raccolti dalla Procura Generale Ucraina confermano la gravità della situazione a causa del numero crescente di diserzioni: dal 2022, sono stati aperti circa 60.000 procedimenti penali per abbandono non autorizzato delle unità combattenti e circa 30.000 per diserzione. Quest’ultimo dato è aumentato drammaticamente nel 2024, con oltre 51.000 soldati che hanno lasciato le
loro unità senza permesso, solo nei primi nove mesi dell’anno, più del doppio rispetto al 2023, secondo quanto riportato dal New York Times. Numeri che indicano una crisi capace di minacciare la coesione e l’efficacia dell’esercito ucraino.
“Il problema ora non sono le armi, ma le persone. Nessuno vuole arruolarsi nell’esercito. ti prendono con la forza dalla strada e ti mandano al fronte senza molta preparazione”. La nuova legge sulla mobilitazione, entrata in vigore il 18 maggio, obbliga tutti i coscritti a fornire i propri dati agli uffici di arruolamento e introduce restrizioni severe per i renitenti alla leva, tra cui il divieto di guidare. Tuttavia, queste misure non sembrano sufficienti a fermare il crollo della disciplina tra le file dell’AFU (Ukraine’s armed forces). Questo mentre il segretario di Stato Blingen chiede con insistenza che la leva venga estesa anche ai diciottenni, ricevendo per ora il rifiuto del governo.
Questi dati di fatto ci dicono che il paese è distrutto non solo nelle sue infrastrutture, ma nella sua struttura sociale che esso è destinato ad un futuro di desertificazione demografica, qualsiasi sia l’esito finale della guerra e comunque vengano ridotte le dimensioni territoriali del paese. Il nazionalismo ucraino ha condannato il paese all’estinzione. Con la perdita dei territori orientali il paese si sta privando della gran parte delle risorse minerarie di silicio, carbone e terre rare, dei territori promettenti per prospezioni petrolifere, delle strutture industriali portanti e ha già perso le acciaierie di più rilevante importanza, le miniere di carbon-cocke, l’industria meccanica di precisione. Di rilevante importanza la distruzione e comunque la perdita del controllo delle centrali di produzione elettrica sia elettro-idraulica che nucleare.
La guerra simmetrica
Il nazionalismo ucraino, acquisendo pur gradualmente consapevolezza dell’impossibilità di vincere la guerra, ha pensato di spostare il terreno dello scontro a livello globale, decidendo di colpire la Russia nei suoi interessi strategici. Da qui l’azione di un commando, presumibilmente misto con i servizi segreti britannici, per il sabotaggio del gasdotto Nord Stream due, gli interventi del servizio segreto ucraino in attività di istruzione militare sull’uso di droni a islamisti africani di Boko Haram e dei Tuareg per essere impiegati al fine di contrastare le presenze della Wagner e di altre compagnie di mercenari russi in paesi africani del Centrafrica, dove la presenza russa, ma anche cinese sta subentrando a quella francese; il probabile impegno degli stessi servizi segreti nell’addestramento dei jihadisti siriani, al fine di contrastare la presenza russa in Siria. Questa azione d’altro canto spiegano anche perché la Francia sostenga con determinazione l’impegno a favore dell’ucraina non perdendo occasione per ricordare che il paese potrebbe decidere inviare uomini sul campo anche ufficialmente, posto che un numero imprecisato di “volontari“ operano come mercenari in Ucraina
lautamente retribuiti con i finanziamenti comunitari anche ai fini di far esperienza sul campo rispetto a tecniche di guerra e di battaglia innovative.
A fronte delle ripetute sconfitte sul fronte del Donbass e in patria gli ucraini hanno fatto ricorso a diversivi come quelli segnalati, il più plateale dei quali è costituito dall’incursione nel Kursk al fine di poter acquisire il controllo di parte del territorio russo da portare poi al tavolo delle trattative per uno scambio di territori. Se gli esiti di quanto avvenuto in Siria – problema del quale ci occupiamo in altro articolo, fanno ritenere che questa strategia presenti qualche vantaggio strategico – certo è che l’intervento nel territorio di Kursk è costato l’indebolimento del fronte orientale e un inutile dispendio di forze che ancora continua. C’è da dire inoltre che la concomitanza della guerra d’Ucraina con quella in Medio Oriente e con l’intervento israeliano a Gaza hanno assorbito le già scarse risorse di armi e munizioni a disposizione dell’Occidente da impegnare nella guerra per contrastare la Russia, a fronte della crescita della capacità
produttiva russa di armi e munizioni che, pur non adottando un’economia di guerra, fa lavorare la propria industria bellica su 5 turni, in modo da assicurarsi il funzionamento a ciclo continuo degli impianti.
La guerra d’Ucraina tra disimpegno USA e coinvolgimento dell’Unione europea
Benché l’amministrazione Trump non sia ancora entrata in funzione gli effetti delle politiche del nuovo presidente statunitense si cominciano già ad avvertire, anche se in modo ancora non del tutto chiaro. Quel che è certo è che il peso dello sforzo bellico ricadrà ben presto per intero sull’Unione europea, al punto che anche nell’eventualità che gli Stati Uniti continuino a fornire armi, anche se prodotte e venduti dagli Stati Uniti, queste dovranno essere pagate con finanziamenti dell’Unione europea. Gli Stati Uniti hanno ormai raggiunto i loro scopi e quindi sono per loro venute meno le ragioni di un ulteriore impegno.
Prima o poi una trattativa di pace si imporrà e viste le posizioni della Russia che non riconosce legittimità al governo ucraino rappresentata da Zelensky presidente, ormai scaduto nel mandato, nell’impossibilità di tenere elezioni stante lo stato di guerra, nell’impossibilità di una sua adesione alla NATO, potrebbe venire a qualcuno l’idea balzana di legittimare l’Ucraina consentendone l’immediata ingresso nell’Unione europea. Ciò segnerebbe la fine dell’Unione europea per come l’abbiamo conosciuta e rappresenterebbe una palese violazione dei suoi trattati istitutivi.
L’allargamento dell’Ucraina della guerra alla Russia a livello globale, la dimostrazione che essa ha dato di saper utilizzare il terrorismo sia istruendo le milizie jihadiste operanti nei diversi teatri di guerriglia nel mondo che praticando il terrorismo con omicidi mirati in altri paesi e nella stessa Russia, dimostra che l’Occidente deve gestire uno scomodo alleato che costituisce una variabile impazzita sugli scacchieri della politica mondiale che non lesina a violare ogni regola e limite pur di raggiungere gli scopi del nazionalismo ucraino.
Liberarsi dell’Ucraina
Perciò per l’Unione europea sarebbe suicida e masochistico continuare a sostenere un regime corrotto e illiberale come quello vigente a Kiev, che è assolutamente speculare a quello putiniano, in quanto a interconnessione con i valori e le caratteristiche di una società liberale aperta. Il massacro del popolo ucraino non potrà continuare a trovare
giustificazione negli interessi britannici che sono quelli più pervicacemente perseguiti alimentando il conflitto nei confronti della Russia in funzione peraltro contraria agli interessi europei continentali.
Se il confitto non cesserà, una guerra economicamente distruttiva continuerà a devastare il continente, la sua economia e i suoi popoli, mettendo in discussione ogni possibilità di continuare a sostenere il welfare come il sistema sanitario e i servizi alla persona, provocando la crisi delle società occidentali, delle istituzioni, dai suoi valori, del suo benessere, producendo uno scivolamento verso destra dell’asse politico, eversivo delle libertà dello Stato liberale. La pace si impone come necessaria e comporta consapevolmente la sconfitta chiara del nazionalismo ucraino.
A fronte di questa situazione è bene che i partiti della sinistra facciano autocritica e abbandonino il sostegno incondizionato al governo nazionalista ucraino, cercando una pace dignitosa che tenga conto, come è ormai inevitabile, della situazione determinatasi sul campo di battaglia, accettino di fornire garanzie alla Russia per quanto riguarda la sua sicurezza che non può essere garantita da truppe di jiw shipping schierate a garanzia dell’attuale fronte di guerra, ma va raggiunta ripristinando relazioni di collaborazione con la Russia, cercando di ricreare le condizioni per una ripresa della
collaborazione in materia di scambio di energia contro investimenti, come progettato nella conferenza di Baku è ipotizzato negli ambienti della SPD tedesca. L’idea di presidiare con migliaia di uomini in armi un confine di più di 1000 km è decisamente folle per i costi che ciò comporterebbe e per l’impossibilità di poter disporre di un numero sufficiente di militari appartenenti a paesi terzi da impiegare a presidio del fronte orientale. L’impiego dei militari nato appare peraltro inaccettabile alla controparte poiché costituisce il posizionamento sulla linea di confine di un esercito ostile.
Questa è la sola strada che permetterebbe ai partiti della sinistra progressista europea di liberarsi del problema della guerra e di riappropriarsi di politiche di welfare e di positive politiche di investimenti e di sviluppo, finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei ceti e delle classi che essi pretendono di rappresentare, invertendo così il ciclo di continui successi della destra sovranista, riconquistando la rappresentanza dei ceti e delle classi popolari delle quali questi partiti si sono fatti storicamente interpreti.
La Redazione