Gli USA al voto

Il dibattito del 10 settembre tra Trump e la Harris, a meno di due mesi dal voto, ha presentato i due candidati all’elettorato, ma sembra non aver inciso sull’attuale distribuzione dei consensi, tanto che la posizione dei due contendenti appare al momento equilibrata. La stampa internazionale, commentando il dibattito, si esercita nel prospettare la prevalenza di uno dei due candidati, a seconda degli orientamenti politici della testata per la quale il giornalista lavora, e comunque dai resoconti appare come se il risultato del voto dipendesse effettivamente dalle capacità di uno dei due contendenti di convincere l’elettorato: in realtà la questione è ben più complessa. Il sistema politico degli Stati Uniti, indipendentemente da chi vince il confronto elettorale, è governato da un complesso intreccio di equilibri tra lobby di diverso orientamento che si fanno portatori di interessi e investono in questo o quel candidato, spesso in tutti e due, nella misura in cui pensano di riuscire ad ottenere sufficienti garanzie da assicurare loro che gli obiettivi da essi perseguiti verranno condivisi dal gestore dell’amministrazione e quindi dal vincitore del confronto elettorale.
Questo meccanismo così complesso, fatto di attività di gruppi di pressione e di interesse, continuamente esercitati sui gestori del potere politico, non si esaurisce nel momento elettorale, perché, una volta conosciuto il nominativo del confronto apparente fra differenti gruppi di interesse e ideologie politiche, programmi e promesse elettorali, inizia una contrattazione che porta alla distribuzione dei posti di sottogoverno che sono titolari della vera effettiva gestione del potere. Il sistema politico statunitense prevede infatti l’utilizzazione dello spoils system, ovvero il ricorso da parte del Presidente eletto ad un modello fiduciario di selezione dei dirigenti pubblici incaricati di attuare le linee politiche del gruppo di potere che sostiene il vincitore del confronto elettorale. Questo modello che si contrappone a quello del merit system, di origine napoleonica, trasfuso nelle Costituzioni europee continentali, un modello neutrale almeno sulla carta, in cui i dirigenti sono selezionati tramite concorso pubblico. Tuttavia oggi lo spoils system si è di fatto imposto in tutti i paesi occidentali, al di là delle previsioni costituzionali che vorrebbero un apparato dello Stato neutrale, in grado di garantire la democraticità delle istituzioni. Sono quindi i diversi aggregati dello spoils system a gestire di fatto la politica del nuovo governo, specializzandosi in relazione ai settori di interesse per il gruppo affaristico lobbistico che li ha espressi e che rappresentano.
Questa premessa sul funzionamento del sistema politico statunitense è funzionale a spiegare che l’orientamento politico di un candidato eletto è costituito da un insieme di posizioni su specifici dossier che nel loro insieme costituiscono l’orientamento politico che caratterizzerà l’attività dell’amministrazione eletta. Può accadere così che a posizioni in materia di politica economica e di gestione dei problemi interni del paese orientati a soddisfare gli interessi di classi e ceti sociali proletarizzati, i corrisponda una politica estera apparentemente in dissonanza con questi orientamenti o comunque incoerente rispetto agli occhi di un osservatore esterno.

Partiti politici e lobby di riferimento oggi in USA

Gli Stati Uniti di oggi costituiscono il centro di un impero morente la cui forza costruita progressivamente negli ultimi due secoli si basava e si basa su una presenza distribuita p che sul controllo diretto di territori, che utilizza circa 1800 basi distribuite nel mondo, presidiate dagli Stati Uniti e dai loro alleati, volte soprattutto al controllo delle comunicazioni marittime e commerciali, finalizzate al controllo del commercio mondiale. Questo mondo subisce un progressivo degrado a partire dalla fine della guerra fredda e del bipolarismo con l’Unione sovietica che in qualche modo garantiva la presenza di un ordine mondiale. Adesso si è sostituito progressivamente e con sempre più forza un mondo multipolare, strutturato per placche, che in qualche modo ricalcano le piattaforme continentali, che appare sempre più incontrollabile, soprattutto dopo la nascita dei BRICKS e il progressivo prevalere della parte più popolosa del mondo rispetto all’occidente.
Rispetto a questo nuovo assetto che si sta delineando i due partiti tradizionali degli Stati Uniti hanno avuto evoluzioni diverse: da un lato troviamo il Partito Repubblicano che di fatto non esiste più nella sua forma originaria, il quale ha subito la cosiddetta trampizzazione, è cioè divenuto uno strumento nelle mani di Donald Trump che ne controlla ogni attività e ne orienta la politica, adottando una visione populista di rapporto con l’elettorato, che guarda a classi e ceti di popolazione, soprattutto bianca, espulsa dal mercato del lavoro, vittima della globalizzazione e delle ristrutturazioni produttive, alla popolazione rurale del paese, alle comunità religiose soprattutto neo-protestanti ed evangelicali, sostenitrici della “Teologia della prosperità”: per costoro la povertà è un peccato, è frutto del peccato e la punizione per il peccato e quindi occorre fare di tutto per raggiungere la ricchezza, perché con essa si conquista la salvezza. Questo coacervo indistinto di pulsioni fa oggi del Partito Repubblicano il lontano erede di quel movimento politico del quale porta il nome e che rivendicava e si identificava nell’isolamento e nella supremazia degli Stati Uniti, individuandovi la missione della nazione e insieme la via attraverso la quale riconoscere al paese la supremazia morale sul mondo.
Sull’altro versante troviamo il Partito Democratico che conserva ancora le caratteristiche di una famiglia politica complessa e composita, costituito da varie anime che spaziano dal centro moderato alle più genuine posizioni di sinistra, rappresentate da politici come Benny Sanders e caratterizzato dalla presenza di famiglie politiche particolarmente influenti come quelle dei Clinton ed egli Obama, da personaggi politici intramontabili come la ex-speaker della camera Nancy Pelosi o emergenti come Alexandria Ocasio-Cortez e tanti altri. Anche questo partito è contornato. affiancato ed infiltrato da lobby e gruppi di pressione che sono espressione di particolari interessi e che si battono per essere rappresentati nella nuova amministrazione e imporre i loro obiettivi ai fini di orientarne le scelte politiche, a tutela dei loro interessi.
Una novità di questo confronto elettorale sembra essere costituita dalla profonda divisione creatasi tra le lobby costituite dai gruppi economici e finanziari. Emerge con sempre più forza una profonda divisione tra le industrie informatiche del bacino della Silicon Valley, divise tra quelle che continuano a sostenere i democratici, essendo interessati a delocalizzare in territorio messicano parte della produzione, ritirando gli investimenti rivelatici insicuri dall’area del Pacifico, e invece quella parte di industria e finanza che fa agio sul Partito Repubblicano e continua ad investire nell’area del Pacifico, mantenendo le delocalizzazioni a suo tempo effettuate e perciò interessata a mantenere il sostegno prioritario verso Taiwan e a preferire quindi un disimpegno dalla guerra in Ucraina.
Particolarmente forti tra le lobby che affiancano il partito democratico figurano la lobby Ucraina costituita nel 2019 e della quale fanno parte il figlio dell’attuale Presidente degli Stati Uniti Biden e gruppi di interesse legati a industrie alimentari e a quelle di sperimentazione biologica e chimica, interessati ai giacimenti minerari del Donbass.
Questa lobby è affiancata da quella costituita dal Patriarcato di Costantinopoli che ha come principale lobbista Ioannis Elpidophoros (Lambranidis), Arcivescovo d’America, strettamente legato al Dipartimento di Stato, che divide le sue attenzioni tra i democratici e repubblicani. Infatti Il 15 luglio 2024, ha pronunciato l’invocazione di apertura nel primo giorno della Convention del partito Repubblicano e il 20 agosto 2024, ha fatto altrettanto nel secondo giorno della Convenzione del partito Democratico. La lobby da lui diretta e coordinata, è particolarmente importante nel determinare le politiche degli Stati Uniti rispetto all’Ucraina dove il Patriarcato di Costantinopoli sta acquisendo, attraverso la Chiesa ortodossa autocefala Ucraina filo governativa da esso creata, il controllo delle strutture religiose e soprattutto dei beni della Chiesa ortodossa Ucraina.[1] Sia detto per inciso, le ambizioni del Patriarcato di Costantinopoli vanno ben oltre poiché esso ambisce ad essere accreditate presso l’Unione europea come rappresentante degli ortodossi dell’Unione che con l’ingresso dell’Ucraina e di altri paesi dell’est dovrebbero costituire 1/5 della popolazione della futura Unione europea. I due schieramenti della politica americana sono poi divisi sulla politica da adottare nei confronti della Cina vista quale maggior competitors degli Stati Uniti poiché, mentre all’interno del partito repubblicano sembra predominare la componente anti cinese tra i democratici sembrano prevalere le lobby che hanno come obiettivo lo smembramento della Russia, considerata il principale competitors del paese.

Nelle spire del serpente

Le pulsioni presenti all’interno del mondo politico degli Stati Uniti, sommariamente accennate, sono solo parzialmente spiegabili, a nostro modesto avviso, con le ragioni di carattere economico, poiché sono infarcite da un insieme di fattori che ne condizionano e ne determinano la complessità. A prima vista il paese dovrebbe essere esente da reminiscenze storiche trattandosi di un paese di migranti, e quindi di un amalgama sostanzialmente nuovo di popolazioni, frutto di un melting pot che dovrebbe attribuire a tutti una nuova identità. Viceversa i migranti venuti nel paese sembrano essersi portati dietro pulsioni e odi storici, rivendicazioni e sofferenze ataviche, al punto che ogni gruppo etnico, linguistico. nonché nazionale, mantiene in toto o in parte obiettivi, ricordi, odi, memorie di torti subiti. Assistiamo così alla presenza forte e condizionante della lobby ebraica.
Certamente oggi non più coesa e univocamente orientata a sostegno di Israele o comunque del suo governo, alla quale si contrappone e per certi versi si affianca una lobby islamica, dall’importanza e dal volume crescente, Queste lobby hanno preso il posto di altre oggi meno importanti, quali quella degli irlandesi, che sostenevano ed in parte ancora oggi sostengono l’unificazione del paese di origine, attraverso un sostegno politico ed economico ai nazionalisti dell’Irlanda; alla lobby degli immigrati russi che costituivano un tutt’uno come gruppo di pressione ai tempi dell’Unione sovietica e che ora appaiono divisi nel perseguire l’indipendenza e l’autonomia di questa o quella parte dell’immenso territorio che forma la Federazione russa. Ad esse si affiancano lobby costituite da immigrati polacchi o dei paesi baltici, certo meno numerosi, ma di importanza crescente in ragione dell’acquisito peso economico e delle fortune di coloro che ne fanno parte. Il risultato è un diffondersi di attività di gruppi di interesse che rivendicano, rispetto ai paesi di origine. il ruolo di custodi della memoria e al tempo stesso di depositari e custodi del ripristino degli antichi valori che costituivano l’identità perduta e violata.
Nell’insieme un coacervo, spesso nauseabondo e decisamente inquietante di frustrati che, privi di un’identità forte, di una memoria e di una storia collettiva propria, ricercano nella microstoria e nelle loro particolari origini le ragioni della propria identità perduta.
Per fortuna accanto a questa parte della popolazione di origine migrante che si sente sostanzialmente estranea al melting pot degli Stati Uniti, benché dica di condividerlo e di sognarlo, vi sono le giovani generazioni che finalmente trovano nel loro ripristinato rapporto e nella loro riconciliazione con le popolazioni autoctone e con le popolazioni nere. estranee al meccanismo descritto, perché forgiate dalle comuni origine e destini di schiavi, le ragioni di una nuova identità, faticosamente cercata e costruita senza le memorie e i fantasmi del passato. Da parte nostra speriamo di poter guardare a questa parte della popolazione degli Stati Uniti come finalmente dei cittadini del mondo anche perché proprio fra questa parte della popolazione crescono e si affermano le istanze sociali ed egualitarie di una maggior tutela per le componenti diseredate ed emarginate della popolazione sia dal punto di vista economico che del godimento dei diritti sociali.

[1] Segnaliamo all’attenzione dei lettori questo personaggio poiché è destinato con molte probabilità ad essere il futuro Patriarca di Costantinopoli, essendo nato in Turchia e possedendo tutte le caratteristiche per succedere al trono di Bartolomeo e condizionare quindi nei prossimi decenni la politica internazionale della setta di preti e monaci del Fenar di Costantinopoli.

La Redazione