L’invasione ucraina del territorio russo dell’oblast di Kursk, iniziata il 6 agosto, rappresenta indubbiamente una nuova fase della “guerra dell’energia” che vede Stati Uniti e Gran Bretagna combattere contro la Russia, per il tramite dell’Ucraina, ed è finalizzata a distruggere l’economia tedesca e sabotare lo sviluppo economico e sociale dell’Unione Europea per impedirle di insidiare la supremazia finanziaria e commerciale dell’area anglo-sassone.
Non si comprendono le ragioni e la causa principale della guerra ucraina se non si parte dal fatto che uno dei suoi principali obiettivi è quello di drenare le risorse economiche degli Stati europei per destinarle al riarmo, sottraendole al benessere sociale dei propri cittadini. Le recenti rivelazioni, relative alla distruzione del Nord stream due e la stessa operazione ucraina verso l’area di Kursk, sono illuminanti in tal senso: come dichiarato dallo stesso Biden, obiettivo prioritario degli Stati Uniti è sempre stata la distruzione, con qualunque mezzo, dell’oleodotto e del gasdotto che consentiva all’economia tedesca di disporre di forniture energetiche a basso costo, senza essere sottoposti al ricatto e al costo derivante dal passaggio delle condotte dai paesi che separano il territorio russo da quello tedesco. È noto a tutti che l’economia tedesca, beneficiando di un basso costo dell’energia, trainava lo sviluppo economico di tutta l’area dell’unione ma risultava essere troppo competitiva per l’economia dell’area anglosassone e pertanto occorreva recidere questo cordone ombelicale che rischiava di avvicinare anche politicamente l’Unione europea alla Russia attraverso una partnership economica conveniente per ambedue le parti.
Approfittando dell’esistenza di questo obiettivo strategico si sono inseriti come ulteriori elementi di contrasto alcuni fattori che andiamo ad elencare.
- L’interesse degli oligarchi ucraini a veder crescere il nazionalismo nel paese per avvicinare la sua economia a quella dell’Unione europea: particolarmente interessati all’operazione il settore agricolo, direttamente legato agli interessi delle multinazionali alimentari e il settore minerario, interessato alle risorse di settore del paese.
- L’interesse del Patriarcato ecumenico, agente del Dipartimento di Stato nell’area dell’Europa orientale, intenzionato a conquistare l’egemonia sull’ortodossia ucraina, sottraendola al legame storico che la lega al Patriarcato di Mosca E ad acquisire il controllo del suo ingente patrimonio economico terriero e immobiliare, conferendolo ad una chiesa autocefala da esso dipendente appositamente creata.
- L’interesse della Gran Bretagna a favorire l’ingresso di nuovi paesi nell’Unione europea, soprattutto a maggioranza ortodossa, al fine di destabilizzarne o quantomeno modificare gli equilibri tra le diverse componenti religiose della popolazione del continente, ritardando se non vanificando il processo di osmosi fra i diversi paesi e popoli, e ciò al fine di minarne l’unità. A riguardo non va dimenticato che l’obiettivo di sempre della politica estera inglese è stato quello di un’ Europa divisa, considerata l’unica vera garanzia all’indipendenza e all’autonomia della Gran Bretagna e delle sue aspirazioni imperiali.
- La necessità della Russia di garantirsi l’esistenza, tra i propri confini e quelli dell’Ue di alcuni paesi cuscinetto che consentissero l’attuazione di politiche securitarie finalizzate a salvaguardarne i confini.
In questo contesto i loschi affari di Biden e del suo clan in Ucraina, che ha come primo attore il figlio del Presidente statunitense, il progetto strategico dei nazionalisti ucraini di dare un’identità al paese attraverso una nuova narrazione della storia patria, finalizzata a distinguerla da quella russa, individuando nei russi una potenza coloniale; la stessa fondazione di una Chiesa autocefala ucraina, in grado di sottrarre e acquisire il controllo dell’immenso patrimonio economico della Chiesa ortodossa canonica ucraina, costituiscono delle concause che contribuiscono a rendere più articolata e difficoltosa la ricostruzione delle motivi e degli effetti del conflitto in corso. Tuttavia le diverse ragioni che abbiamo ricordato sono indispensabili per comprendere non solo le cause, ma anche per ipotizzare i possibili sviluppi della guerra in corso.
L’azione diversiva verso l’oblast di Kursk: obiettivi e prospettive
Le operazioni Ucraina del 6 agosto sono state opportunamente preparate da un avvicendamento nel comando dell’esercito ucraino che ha comportato un radicale mutamento di strategia e un allineamento dei comandi ucraini ai suggerimenti del gruppo di sostegno strategico costituito in ambito NATO. Gli analisti militari occidentali, dopo il fallimento dell’offensiva ucraina dello scorso anno, condotta ricorrendo ad un confronto sul campo tra l’esercito russo e quello ucraino, hanno ritenuto che il perdurare del conflitto e la sua trasformazione in una guerra di posizione e di trincea non avrebbe potuto che portare al lento, ma inesorabile prevalere dei russi. La lentezza della macchina militare russa, la sua la sua dimensione elefantiaca, ha richiesto tempi di attivazione lunghi, ma l’adozione dell’economia di guerra ha portato al progressivo rafforzamento dell’esercito russo sul campo di battaglia, forte anche di una innegabile superiorità numerica, e ciò a fronte di un progressivo ridursi degli effettivi ucraini sul campo, tanto che è cresciuto il numero dei contractors internazionali che attualmente operano sul campo di battaglia, mentre registra difficoltà crescenti il reclutamento dei coscritti ucraini, malgrado che sia stata disposta per legge la mobilitazione generale. Le crescenti difficoltà sul campo di battaglia del Donbass dimostrano la fondatezza di queste considerazioni: in altre parole il tempo lavora contro l’Ucraina.
C’è da presumere che muovendo da queste considerazioni sia nata l’idea di un’azione diversiva e al tempo stesso clamorosa, capace di riequilibrare la situazione sul campo di battaglia, preparando migliori condizioni per una trattativa di pace. Sacrificando la situazione delle truppe schierate in trincea a contrastare l’esercito russo, i nuovi coscritti e battaglioni di contractors, lautamente retribuiti grazie ai finanziamenti occidentali – che a tal fine hanno utilizzato anche i proventi dei beni russi sequestrati – addestrati da ufficiali NATO nei vari paesi occidentali e soprattutto in Inghilterra, venivano segretamente preparati a mettere in atto un’operazione militare che ha fatto perno sulla mobilità di colonne di carri armati e blindati, protetti da droni e missili e da una rinata aviazione ucraina, incaricati di condurre un’azione di invasione in territorio russo.
I vantaggi dell’operazione erano e sono molteplici: si portava la guerra sul territorio del nemico, con effetti mediatici certamente efficaci e capaci di colpire l’immaginario collettivo; si colpiva la popolazione russa e il morale delle truppe russe, portando la guerra nel paese; si acquisivano prigionieri di guerra e territorio da scambiare nell’eventualità di future trattative. Inoltre l’area interessata dall’operazione consentiva di puntare a due obiettivi: il controllo della stazione di pompaggio e smistamento di Sudzha, snodo del gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod, che attraversa l’Ucraina; per questo oleodotto e gasdotto l’Ucraina continua ad essere pagata da Mosca per i diritti di transito e la condotta arriva in Slovacchia, dove si divide in due tronconi: uno diretto alla Repubblica Ceca, l’altro verso l’Austria. I maggiori acquirenti interessati sono la Slovacchia e l’Austria, oltre all’Ungheria. Questa è la sola infrastruttura energetica rimasta efficiente, posto che nel maggio del 2022 Kiev aveva interrotto l’accesso sul suo territorio attraverso un’altra stazione di transito, quella di Sokhranovka, con una capacità di 30 milioni di metri cubi al giorno, adducendo cause di forza maggiore. Il risultato di questo scontro è che oggi l’Europa paga il gas 40 dollari al mega wattore e gli Usa solo 7.
Il secondo e non secondario obiettivo è quello di assumere il controllo della centrale nucleare di Kursk, per poterlo eventualmente scambiare con quello di Zaporižžja, attualmente controllata dai russi. Inoltre gli ucraini contano sul fatto che per impedire il conseguimento di questi obiettivi la Russia finirà per spostare parte delle truppe impegnate nel Donbass, alleggerendo così la pressione su quel fronte.
Quel che sorprende è che, ancora una volta, Mosca sia stata del tutto impreparata a conoscere e prevedere le intenzioni strategiche ucraine. A dire il vero qualcosa era trapelato, tanto che nei giorni precedenti al 6 agosto, la Russia aveva segnalato agli Stati Uniti una possibile iniziativa ucraina che avrebbe ulteriormente innalzato il livello dello scontro, ma i colloqui fra lo stato maggiore russo e quello statunitense si erano rivelati infruttuosi, posto che gli Stati Uniti avevano dichiarato di non essere a conoscenza di alcuna azione ucraina.
Incassata la sorpresa. la Russia sembra aver adottato, a sua volta, una decisione inattesa, che ha visto prevalere sulle intenzioni dei politici interessati a respingere immediatamente l’attacco per lavare l’offesa dell’invasione del suolo russo, le ragioni dei comandi militari, i quali hanno fatto di tutto per mantenere alta la pressione sul fronte del Donbass, distogliendo il minor numero possibile di forze da quel fronte.
La difesa di Kursk è stata affidata a corpi militari appositamente creati, facendo affluire le truppe di stanza a Kaliningrad e da altre aree del paese, con il compito di contenere il più possibile l’avanzata ucraina, trincerandosi intorno alla centrale nucleare, ritenuta l’obiettivo dell’operazione. In altre parole la Russia ha accettato di fa pagare alla popolazione dell’oblast di Kursk il prezzo delle sue scelte strategiche, ha accettato obtorto collo, di vedere in paese umiliato. Tuttavia Putin punta su un rinvigorito patriottismo per reclutare volontari, evitando di correre alla coscrizione obbligatoria e mira a far accettare la guerra contro l’Ucraina alla popolazione del paese, facendo leva sulla difesa del suolo della patria e sul nazionalismo russo.
Il contemporaneo rafforzamento e l’accelerazione dell’azione di sfondamento del fronte a Toretsk e Pokrovsk mira a sviluppare, lungo i nodi autostradali e ferroviari che partono da questi centri nevralgici, un’azione avvolgente finalizzata a portare alle spalle dei trinceramenti sul fronte del Donbass l’esercito russo, per imporre una svolta decisiva al conflitto e soprattutto per eliminare l’élite combattente dell’esercito ucraino che da anni regge lo scontro. La bonifica del territorio invaso dell’oblast di Kursk, nelle intenzioni del Cremlino, può aspettare, ma sarà radicale e dovrà puntare al totale annientamento della forza di invasione, mentre non è da escludere che anche la città di Sumy e il suo oblast diventino uno degli obiettivi territoriali rivendicati da Mosca, prima che si possa aggiungere a trattative di pace. Ne consegue che va fine dal conflitto si allontana.
Gli effetti del conflitto e la contrarietà alla guerra
L’azione Ucraina sull’oblast di Kursk ha indubbiamente allargato l’ambito del conflitto, contribuendo a cronicizzarlo, e si riflette sugli obiettivi politico – strategici del Cremlino che per garantire la sicurezza della propria frontiera è probabile che allarghi i suoi obiettivi al raggiungimento del confine naturale del fiume Dnepr, visto come quello sul quale attestarsi per concludere il conflitto. Questa scelta comporterebbe ulteriori anni di guerra, a meno di non assistere ad un crollo improvviso del fronte, che tuttavia non avrebbe effetti risolutivi, posto che il conflitto si è generalizzato. Ormai nello scontro tra la Russia e l’Occidente non siamo più di fronte ad una guerra a pezzetti, come lucidamente vedeva il pontefice Francesco, ma ad una guerra globale, che si combatte al tempo stesso su più fronti: quello dell’Ucraina è solo uno, ma vi è l’Africa e l’intero globo, dove all’interno di circa 60 conflitti, si consuma l’umanità.
Né gli effetti nefasti di quanto avviene si fermano al conflitto armato, perché la guerra drena risorse sottraendole al benessere sociale e collettivo, facendo deperire i sistemi sanitari, distruggendo benessere e ricchezza, minando nel profondo le coscienze, distruggendo i rapporti di solidarietà fra gli esseri umani, con un generale decadimento delle condizioni di vita e di benessere di tutti. In altre parole la guerra produce miseria, disordine sociale, sofferenze, diseguaglianze, e per questo va fermata, al di là delle ragioni degli uni e degli altri.
È per questa ragione che siamo contrari risolutamente alla guerra e che chiediamo con forza che cessino le ostilità e che si giunga a un tavolo di trattative che permetta un bilanciamento degli interessi che muovono i conflitti. Vogliamo con forza che la macelleria in atto in Ucraina come in Russia abbia fine, e questo perché gli interessi degli oligarchi russi e ucraini non giustificano la morte di nessuno. Questo è il motivo per il quale siamo contrari ad ogni forma di nazionalismo e di patriottismo, anche perché siamo convinti che nostra patria il mondo intero.
G.C.