La cronaca giudiziaria riferisce dell’attività delle Procure della Repubblica sempre più interessate ad indagare sui rapporti fra politici e affari e sulla compravendita di voti in occasione delle diverse scadenze elettorali. Oggetto di indagine sono i rapporti che molte liste locali stabiliscono con le maggioranze che di volta in volta si determinano, offrendosi di supportare con il loro sostegno giunte incerte e traballanti, pronte a chiedere di essere ricompensate per aver consentito la stabilità dei governi locali. Ce né per tutti: si spazia dalla Sicilia, al Piemonte, alla Puglia e, da ultimo, alla Liguria che costituisce certamente tra tutti questi il caso più eclatante. Gli arresti domiciliari per il Presidente della Regione e per altri esponenti politici e del mondo imprenditoriale hanno di fatto creato la temporanea paralisi delle istituzioni locali, focalizzando l’attenzione sugli affari che gravitano intorno alla gestione del porto di Genova, alle concessioni demaniali di aree pubbliche, alla penetrazione della grande distribuzione privata nella Regione (leggi Esselunga), alla gestione di discariche, mentre non potevano mancare le attività e gli affari che ruotano intorno alla gestione regionale della sanità.
Non lo fo’ per piacere mio…
I politici avrebbero intascato, dichiarandole, somme destinate a sovvenzionare le loro attività politiche e finalizzate ad ovviare al mancato finanziamento pubblico della politica Ma sta di fatto che il meccanismo creato privilegia alcuni, i corruttori, e svantaggia altri, che o non hanno voluto non hanno potuto prendere parte alla spartizione appropriativa delle attività e dei beni pubblici. Questa grande disponibilità di denaro, che sarebbe stata illecitamente percepita, è comunque finalizzata a procacciarsi il consenso e non solo attraverso attività di propaganda, ma anche attraverso l’acquisto diretto di esso, pagando per ogni singolo voto una somma che va dai 20 ai 50 €, oppure promettendo on cambio posti di lavoro o altre prebende.
Non abbiamo nessuna intenzione di essere noi a condannare o ad assolvere gli inquisiti, né abbiamo gli strumenti per accertare la veridicità dei fatti specifici contestati, ma quando sta avvenendo costituisce, a nostro avviso, l’occasione per chiedersi cosa sia oggi a rendere possibile, sempre più facile, sempre più frequente, il clientelismo e la vendita e l’acquisto del consenso.
Certamente la compravendita dei voti non è un fatto, né nuovo, né originale, ma caratterizza tutti i regimi e sistemi politici nei quali si vota, a partire dall’antica Atene, dove anche nell’agorà si faceva commercio di voti.
Ciò che oggi rende il fenomeno più diffuso e preoccupante è il ridursi progressivo del numero dei votanti.
In altre parole per vincere e governare sono necessari sempre meno voti; applicando le leggi relative alla domanda e all’offerta il valore del voto diventa più appetibile, inevitabilmente sale, e il voto diviene occasione preziosa per uno scambio di favori, tanto più che la crescente sfiducia nella politica fa dei diversi competitor delle
alternative sostanzialmente equivalenti. In altre parole nella consapevolezza della sempre minore importanza del voto gli elettori, ridotti alla canna del gas dalle loro condizioni di vita o disgustati dal clima generale di disonestà della politica, non trovano di meglio che fare della vendita del voto l’occasione per trarre almeno un’utilità
materiale da uno strumento ininfluente a veder affermate le loro scelte. La mancata partecipazione e all’astensionismo si sostengono quindi a vicenda e la degenerazione della classe politica, degli eletti, funge da giustificazione ai comportamenti illeciti degli elettori e al tempo stesso ne giustifica i comportamenti.
Noi siamo convinti che il rimedio a questa situazione non sia quello di votare politici onesti, anche perché è indubbio che è l’occasione a fare l’uomo ladro, sono le condizioni materiali e strutturali, ordinamentali che determinano i comportamenti. Perciò vediamo solo nella modifica della democrazia di mandato le possibili garanzie ad una maggiore ed effettiva partecipazione di tutti alla gestione degli interessi e delle attività pubbliche.
Riteniamo quindi che un mandato chiaro e irrevocabile, sottoposto a meccanismi di verifica ripetuti e periodici, sia la sola garanzia per un’effettiva gestione delle istituzioni, in conformità agli interessi delle popolazioni.
L’assenza oggi conclamata di organismo intermedi, quali i partiti, portatori di programmi e di idee è un ulteriore elemento che impoverisce la politica che si fonda sostanzialmente su comitati d’affari che nascono e si sciolgono come neve al sole, a fronte delle occasioni elettorali e che hanno il solo fine di conseguire posti di controllo e
gestione degli interessi pubblici in modo da poter distribuire favori e prebende.
In un contesto di tal fatta come stupirsi di quanto avviene.