“NOI SIAMO ANCORA QUA”

Queste le parole con cui Dario Salvetti, del Collettivo di Fabbrica della ex-GKN [1], ha iniziato il suo straordinario intervento di chiusura della manifestazione di sabato 18 maggio a Firenze.
Tre anni di manifestazioni, tre anni lotta ma anche di passerelle dei politici. Nel mezzo: una speculazione finanziaria in vista di una ulteriore speculazione, edilizia. Operai che non riscuotono lo stipendio da tanto, troppo tempo, e la cui defezione, la resa, sarebbe non sono comprensibile da qualunque punto di vista, ma ci chiediamo come abbiamo potuto resistere fino ad oggi (e di resistenza si tratta non di “resilienza”, parola abusata e che va tanto di moda nell’epoca della “fine del conflitto di classe”).
Ma, comunque vada (e dovrebbe essere un imperativo morale che non finisca, né oggi, né domani) l’esperienza della ex-GKN è stata una vicenda unica e non solo nel nostro paese.
Quella che era partita come una delle solite (purtroppo) vicende di chiusure industriali, legate alla finanziarizzazione dell’economia, all’inazione della politica, al laissez-faire della ideologia unioneuropeista, magari condita dalle lacrime che piacciono tanto ai nostri media postmoderni, è invece diventata tutta un’altra storia.
I lavoratori, coscienti, sindacalizzati e per nulla inclini a sbattere il conflitto sociale fuori dalla porta, hanno preso il toro per le corna. Un toro forte, fortissimo, perché non solo ha “diritto e polizia” ma ha conquistato corpi e menti con una narrazione che è ormai diventata una fede.
Già la narrazione. Questo hanno fatto i combattenti della fabbrica di Campi. L’hanno presa e capovolta di senso, usando le stesse armi del nemico di classe. I media, la comunicazione. E su questa impalcatura costruita con estrema attenzione (anche perché piena di contenuti) ha realizzato quella che davvero è una egemonia reale: autogestione, democrazia, ambientalismo, questioni di genere, situazione internazionale. E una partecipazione sempre numerosissima. È davvero incredibile quello che questi “rudi” lavoratori sono riusciti a fare. Nessun partito politico, neppure il più radicale o il più organizzato (ammesso che ci siano stati, al di là dei proclami) è riuscito in questo.
E adesso la lotta si fa davvero dura. Finite le passerelle dei politici di turno, quello che è stato costruito rischia davvero di essere veramente pericoloso. Pericoloso come negli anni ‘60, come nel 2001. Quando le questioni e le generazioni si legano si saldano, quando da una storia operaia si passa ad una storia sociale, la repressione è dietro l’angolo. Lo Stato postmoderno avrà anche privatizzato tutto il privatizzabile, ma certo non la forza contro il nemico interno. Ci vuole poco a far diventare una rivolta sociale per una banda di criminali. I media mainstream sono lì appostati. Aspettano il passo
falso, il sasso lanciato, la parola di troppo.
Non vanno lasciati soli, mai.
La ex-GKN rimane un faro fondamentale. Per la prima volta, negli ultimi decenni, lo scontro sociale si è manifestato in maniera pubblica, razionale, chiara e senza piagnistei, lacrime e storie personali da reality.
Con questa storia finisce per sempre l’era postmoderna, la narrazione della pacificazione. I tanti giovani a fianco dei più vecchi sono lì a dimostrare che, seppure le cose cambino con il tempo, la lotta di classe esisterà fino a quando ci sarà il
Capitale.
La battaglia continua, forse molto a lungo. Ma nulla dura per sempre e il neoliberismo, diventato una specie di religione, potrebbe anche terminare prima di quanto ci si aspetti e tornare ad essere una minima particella nella storia economica mondiale.
Che è in fondo la posizione che merita.

Andrea Bellucci

[1] Per chi ha FB lo può vedere e ascoltare a questa pagina https://www.facebook.com/insorgiamoconilavoratorigkn