Il voto olandese che ha visto la vittoria sorprendente del Partito della Libertà (PVV) che ha ottenuto ben 37 seggi ed è stata accompagnata dal successo certamente non altrettanto clamoroso, ma importante, di altri due partiti di orientamento populista, quello del Nuovo Contratto Sociale (NSC), guidato da Pieter Omtzigt, che ha ottenuto 20 deputati e dal Movimento civico dei contadini (BBB) che ne ha avuti 8. Nell’insieme i tre partiti dispongono di 65 seggi, mentre per una maggioranza di governo ne occorrono 76. Ciò significa che un governo per essere formato ha bisogno dell’alleanza con i vecchi liberali di destra (VVD) che avevano la maggioranza nel governo precedente alle elezioni e che dispongono oggi di 24 seggi in Parlamento. Se si adottasse una tale soluzione significherebbe che è venuta meno la clausola ad escludendum che finora ha fatto da sbarramento all’ingresso nel governo dell’estrema destra con la quale tutti i partiti avevano dichiarato, prima del voto, che non avrebbero costruito alleanze. Tuttavia il successo del Partito della Libertà è stato così clamoroso e inaspettato, e soprattutto accompagnato da quello di altri movimenti populisti, che non è da escludere che un governo di destra estrema possa essere costituito in Olanda. Ma, prima delle alchimie contingenti di governo, ciò che interessa è quale paese fotografa il voto, poiché ci dà la misura della crisi profonda della democrazia olandese e impone di capire se si tratta di una crisi limitata al paese o di problemi più generali che presto investiranno anche altri che fanno parte della Ue.
Come tutte le crisi quella olandese presenta elementi interni ed esterni, che tuttavia si intrecciano in modo indistricabile, al punto da condizionare l’intera politica comunitaria. Il caso olandese infatti rappresenta una spia importante della possibile crisi dell’Unione a fronte dei suoi problemi di allargamento, condizionati dalla guerra di Ucraina, dalla congiuntura economica internazionale, dal venir meno della politica energetica fondata sull’asse russotedesco, dall’adozione di una politica green da parte dell’Ue, tutti fattori che avevano assicurato all’Unione la stabilità della propria economia.
A questi elementi esterni si aggiungono fattori interni relativi alla crisi del modello di integrazione adottato dal paese, che merita un attento esame che cercheremo di sviluppare tenendo conto dei dati economici e strutturali del paese, nonché di elementi di carattere sociologico che costituiscono i tratti caratterizzanti la società olandese decisamente poco conosciuta e studiata all’interno degli altri paesi dell’unione.
La crisi del modello olandese di integrazione
L’Olanda è un paese di 17,53 milioni (2021) abitanti con una crescita demografica sostanzialmente stabile. In occasione delle elezioni si sono recati alle urne circa 10,3 milioni gli elettori su un totale stimato di 13,3 milioni di aventi diritto al voto. Ciò corrisponde al 91% della popolazione di età pari o superiore a 18 anni. Più della metà di questo gruppo ha 50 anni o più. (Statistics Netherlands, sulla base dei dati provvisori sulla popolazione del 1° ottobre 2023). Su questa situazione incide fortemente l’emigrazione, prova ne sia che se guardiamo alla fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni, un numero relativamente elevato di residenti non può votare perché non è nato nei Paesi Bassi e non ha (ancora) la nazionalità olandese. Quasi tutti gli over 65 possono invece votare (il 98%) e l’85% tra i 18 e i 35 anni. Più della metà degli adulti non nati nei Paesi Bassi non possono recarsi alle urne perché hanno la nazionalità olandese. Il gruppo più numeroso (57%) vive nei Paesi Bassi da 25 anni o più. Un altro gruppo, più di un quarto, vive nei Paesi Bassi da almeno dieci anni. Di questi quasi il 15% ha uno o due genitori nati nei Paesi Bassi.
Per meglio inquadrare il problema della partecipazione al voto della popolazione immigrata occorre tenere conto della legislazione sull’acquisto della cittadinanza che ha modificato la propria fisionomia a partire dal 2000, in quanto da allora l’attribuzione della cittadinanza agli stranieri non è stata più concepita come un mezzo per agevolare la partecipazione degli immigrati alla vita dello Stato, secondo l’originaria impostazione degli anni cinquanta, ma è stata configurata come un traguardo, posto a coronamento di un percorso di integrazione. A regolare la materia è la Rijkswet op het Nederlanderschap del 19 dicembre 1984, più volte modificata, da ultimo, dalla legge del 21 dicembre 2000, in vigore dal 1° aprile 2003, la quale ha introdotto per la prima volta il test di naturalizzazione, nonché dalla legge di integrazione civica Wet Inburgering del 30 novembre 2006, in vigore dal 1° aprile 2007.
Attualmente i Paesi Bassi hanno un sistema misto di ius sanguinis e ius soli. Alla seconda generazione di immigrati è concessa la cittadinanza olandese per diritto di nascita. La prima generazione nata nei Paesi Bassi da genitori stranieri conserva, invece, la cittadinanza dei genitori, ma per coloro che hanno trascorso la maggior parte della loro vita nei Paesi Bassi, una volta raggiunta la maggiore età, è piuttosto facile ottenere la cittadinanza olandese perché conoscono la lingua e la cultura del paese. Per questi ultimi si aprono due possibilità: utilizzare la procedura della opzione (optieprocedure) oppure la procedura di naturalizzazione (naturalisatie). Diversamente da quanto accaduto in altri Paesi l’approccio olandese alla naturalizzazione è stato di tipo strumentale, finalizzato principalmente a garantire uguali diritti sia ai cittadini olandesi sia agli immigrati, senza per questo obbligare questi ultimi a possedere il passaporto olandese.
Una tale imposizione, infatti, non sarebbe stata conforme alle idee originariamente dominanti di multiculturalismo e di rispetto dell’identità culturale. Conseguentemente, molte parti della legislazione furono modificate per permettere ai residenti stranieri di partecipare più attivamente alla società olandese.
Per gli immigrati l’ottenimento della cittadinanza è condizionato al superamento di un test sulla conoscenza della lingua e della società dei Paesi Bassi. Infatti il 1° aprile 2007 è entrata in vigore la legge di integrazione civica, approvata il 30 novembre 2006, che ha introdotto il nuovo esame di integrazione civica (sostitutivo del test precedente), rendendolo obbligatorio sia per poter ottenere il permesso di soggiorno permanente, sia per acquisire la cittadinanza olandese: ciò ha fatto sì che costituiscano un numero crescente i migranti residenti esclusi dal voto, perché non cittadini, ma tuttavia con
accesso ai servizi pubblici e sociali in quanto residenti.
Ne consegue che soprattutto nelle città e nelle periferie sempre più sono coloro che sono parte a tutti gli effetti della popolazione, ma privi di diritti politici e di voto. Il risultato di questa situazione strutturale è che PVV è il partito più votato in circa 250 dei 342 comuni olandesi, comprese città come Apeldoorn, L’Aia, Rotterdam e Zoetermeer: più di 2,4 milioni di olandesi hanno votato per il PVV, mentre GroenLinks-PVDA, il partito della sinistra è riuscito a convincere il maggior numero di persone ad Amsterdam e nella maggior parte delle grandi città.
Il fallimento dell’integrazione per adesione
Negli anni 70 del secolo scorso l’Olanda si riteneva, e in effetti era, il paese europeo che riusciva ad accogliere ed integrare coloro che decidevano di stabilirvisi e costituiva per i giovani d’Europa il paese nel quale riuscivano a vivere, in un clima di quasi assoluta libertà, la propria vita. Con il passare degli anni si è riversato nel paese un diverso tipo di emigrazione, anche perché le crescenti esigenze di ricerca del benessere, la crescita esponenziale delle guerre e delle disuguaglianze nel mondo, la crescente pressione dei mutamenti climatici, hanno reso strutturale il fenomeno migratorio.
Quest’insieme di fattori hanno fatto sì che si concentrasse anche sul territorio olandese una migrazione massiccia, con una forte componente islamica, fra coloro che cercavano e trovavano rifugio nel paese.
Questo nuovo tipo di migranti introduceva una novità nella società olandese perché ai 16 culti esistenti se ne affiancava un altro, quello musulmano, affatto diverso dai precedenti, poiché esso non era passato al vaglio della secolarizzazione e non era stato sottoposto a quel processo di “lavaggio” al quale sono stati sottoposti nell’arco di secoli i 16 culti presenti e riconosciuti in Olanda. Infatti, nel corso di ripetute guerre, battaglie politiche e culturali, i culti presenti in Olanda avevano dovuto smussare le loro esigenze fondamentaliste e accettare una convivenza necessaria, all’insegna della tolleranza e del reciproco riconoscimento, dando vita ad un sistema di governo consociativo multiconfessionale che aveva espresso i diversi partiti politici. Ne era scaturito un sistema istituzionale del tutto peculiare e caratterizzante il paese. Forti di questa esperienza gli olandesi credettero erroneamente che bastasse, per risolvere il problema, aggiungere un culto in più agli altri lasciando immutate le regole messe a punto e decisero di operare per adesione, affiancando quello musulmano ai culti preesistenti.
Avevano impiegato centotrent’anni di riflessione per risolvere il problema delle relazioni tra Stato e confessioni religiose, decidendo finalmente di liquidare ogni rapporto economico dello Stato con i culti una volta per tutte proprio in quegli anni (1989): ebbene decisero, a posteriori, che il culto mussulmano sarebbe stato parte anch’esso
dell’Interkerkelijk Contact in Overheidszaken (ICO) e che sarebbe in qualche modo stato associato agli accordi, ma ben presto si dovettero accorgere che le cose non funzionavano.
Di fatto, nell’immediato e senza porre condizioni, il consociativismo para-confessionale finisce per essere di tutto vantaggio per i culti, senza consentire alcuna loro secolarizzazione e non contribuisce alla creazione di un circuito democratico volto all’educazione civile dei futuri cittadini. Perché ciò avvenga occorre sia “filtrato” da un sistema di valori, culturalmente governato da una laicità condivisa da tutti i gruppi che partecipano del patto consociativo e così certamente non è stato e non è per i musulmani. Tutto ciò è tanto più vero se visto alla luce della particolare struttura di
finanziamento che caratterizza oggi l’Islam in Europa e ai suoi legami con i paesi di origine, per cui si assiste alla presenza, sempre più consolidata, di una rete di moschee salafite direttamente finanziate dall’Arabia Saudita e dai paesi del Gonfo, alla quale fanno concorrenza due altrettanto pericolose reti di moschee e luoghi di culto finanziate dalla Turchia (attraverso Diyanet, associazione fondata da Atatürk nel 1924 con l’obiettivo iniziale di modernizzare l’Islam, ma ora radicalizzatasi) che cerca insieme al Ministero dei Waqf del Marocco di influenzare l’Islam che si va radicando sul territorio europeo.
Queste reti restano dipendenti, non solo attraverso i finanziamenti, dai paesi che le hanno realizzate: i musulmani che ne fanno parte sono indotti a vivere con l’orecchio e il cuore nel paese d’origine, riprodotto dai mas media, danno vita a comunità chiuse e coese sul territorio, dai paesi d’origine giungono Imam deputati a guidare il culto e di fatto a fare dal punto di riferimento per le comunità, come garanti politico-religiosi di questi legami. Queste componenti della popolazione tendono ad operare come uno Stato nello Stato, a creare ghetti, a gestire il territorio imponendo comportamenti, costumi, usi alimentari pratiche culturali estranee alla tradizione e ai costumi degli altri cittadini: il melting pot ipotizzato e auspicato non avviene producendo piuttosto una segmentazione identitaria della popolazione, tendenzialmente conflittuale perché esaspera le differenze.
L’emigrazione musulmana si è concentrata nelle grandi città e nelle aree suburbane, andando a perturbare il mercato degli alloggi, l’erogazione dei servizi sociali, il mercato del lavoro, con la crescita del lavoro nero e precario.
Tuttavia almeno i servizi essenziali vanno garantiti ai residenti e tra questi soprattutto il servizio scolastico che dovrebbe fare da veicolo di integrazione. Ebbene, avendo scelto di non dotarsi di una scuola pubblica, approfittando del finanziamento statale presso che esclusivo, previsto per le scuole confessionali, sono fortemente cresciute le scuole
musulmane, ghettizzando i figli dei migranti, in una situazione tuttavia particolare di maggiori finanziamenti pubblici per le scuole confessionali musulmane, prodotti dai meccanismi generali attraverso i quali la scuola confessionale viene alimentata. Anche questo elemento ha contribuito a generare forme di ostilità nei confronti dei musulmani, visti come un gruppo che utilizza la propria condizione all’interno di uno Stato sociale permissivo, per ritagliarsi situazioni di miglior trattamento, mentre si assiste ad un generale degrado delle strutture pubbliche. sia per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, che la disponibilità di alloggi, che l’accesso ai servizi sociali, e soprattutto aiuti e sussidi per far fronte all’aumento del costo della vita, la crescita dell’inflazione, a fronte di una sostanziale stagnazione dei salari e delle pensioni.
Tutto questo avviene mentre, a causa delle politiche ambientaliste, i redditi di una parte della popolazione non irrilevante, costituita dai lavoratori delle campagne e da coloro che rivivono di allevamento e di agricoltura, si riduce per effetto delle misure restrittive adottate in materia di utilizzo di fertilizzanti e fosfati, della riduzione delle superfici
coltivabili imposta per realizzare aree di tutela ambientale, l’aumentato costo dell’energia, la crescita dei prezzi e dell’inflazione che ha fortemente impoverito il tenore di vita della parte una volta più florida del paese, dedita all’agricoltura e all’allevamento, la Frissland, oggi sottoposta ad un attacco concentrico alla sua economia e che, non a
caso, ha fortemente sostenuto i partiti che hanno vinto l’ultima tornata elettorale.
Gli errori della sinistra
La sinistra paga il prezzo di aver ignorato i problemi, di aver semplicisticamente sottovalutato le difficoltà di integrazione dei migranti, di aver dimenticato il paese profondo, e soprattutto di avere cancellato dalla propria esperienza tutto lo sforzo culturale che nell’arco di secoli la società civile e le stesse componenti di sinistra sociale hanno fatto per piegare le comunità religiose olandesi che minacciavano di trasformare il paese in un campo di eterna guerra di religione in un ambiente culturale pacificato e tollerante, capace di accettare il diverso da se, in nome del rispetto dell’individuo da un lato e dall’altro nel superiore interesse della coesione sociale, che sola poteva garantire al paese la possibilità di benessere, sviluppo, convivenza pacifica. Nel proporsi come gestori della fase avanzata di sviluppo del capitalismo tutto questo è stato sostituito da una legislazione permissiva sulle multinazionali che lucrano e fanno profitti su una bassa tassazione di quelle società, di quelle compagnie multinazionali che pongono la loro sede legale nel paese, facendo così un’operazione di dumping sugli altri paesi appartenenti all’Unione Europea, che puntano sulle startup e i processi
produttivi avanzati, trascurando e sminuendo la base produttiva, costituita dalla produzione agricola, che trascurano il territorio dopo che esso è stato l’obiettivo di massima cura per il quale il paese andava famoso ed era fiero; che non hanno remore nel riempire i panorami di pale eoliche che deturpano il paesaggio, pur di supplire al venir meno dell’energia a basso costo, a causa di scelte scellerate nelle relazioni internazionali, fingendo di ignorare che non sarebbe stato necessario promuovere la ricerca di gas e petrolio nel mare del nord e addirittura nei terreni sottratti al mare, con il
rischio di produrre cedimenti e ritorno delle acque, se non vi fosse stata la rottura con la Russia, ed il sostegno all’Ucraina (non è un caso che il Partito della Libertà è contro il sostegno all’Ucraina e non vuole i suoi migranti!).
Tutto questo la sinistra ha fatto mentre dice di volere perseguire una politica ambientalista, di riduzione delle emissioni di combustibili e di carbone, di volete stimolare la produzione di energia alternativa, senza dare attenzione, ad esempio, alla produzione di biogas, senza riflettere sulle economie di scala possibili rispetto al modello economico che caratterizza il paese, prigioniera di una politica comunitaria criminale in materia di relazioni con l’estero e di allargamento della comunità che mette a rischio la politica agricola comune e con questa la base produttiva del paese.
Non è un caso che tutti i partiti, vincitori delle elezioni ultime, sono contrarie all’intervento in Ucraina, al sostegno a questa guerra, alla rottura dei rapporti economici con la Russia e al ricorso, per compiacere gli americani e gli inglesi, ad energia proveniente dagli Stati Uniti e dagli Emirati del Golfo, all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione. C’è da credere che se l’Olanda si darà un governo di destra sarà difficile che il futuro Parlamento europeo ratifichi senza colpo ferire l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.
Il ruolo del Partito dei contadini (BBB)
Indispensabile per la costituzione di un Governo di destra è il BoerBurgerBeweging Partito dei contadini (BBB) che dispone di 8 seggi e proviene dal centro democristiano. Il partito è guidato da Caroline van der Plas. e ha vinto le elezioni provinciali olandesi del 2023, conquistando il maggior numero di seggi in tutte e dodici le Province. Poiché i
consigli provinciali eleggono il Senato olandese il partito ricopre 16 seggi nella Camera Alta. Il BBB è un partito politico agrario e populista di destra schierato su posizioni euroscettiche e si limita a sostenere l’adesione olandese all’Unione Europea per scopi esclusivamente commerciali, mentre ma vuole ridurre il potere del Ue “al livello di come una volta era intesa la CEE”. Si oppone quindi alla federalizzazione dell’Ue sostenendo che a ogni paese e regione all’interno dell’Unione dovrebbe essere consentito di mantenere la propria identità e cultura senza interferenze. In politica estera, il partito ha tuttavia posizioni atlantiste, poiché sostiene l’adesione dell’Olanda alla NATO e ha chiesto di fornire all’Ucraina gli F-16.
Per quanto riguarda l’immigrazione e l’asilo, BBB sostiene l’accoglienza dei rifugiati in fuga dalle guerre, ma preferisce che siano aiutati vicino alla regione da cui provengono piuttosto che incoraggiare la migrazione verso i Paesi Bassi ed esige che la maggior parte dei rifugiati ritorni a casa una volta terminato il conflitto. Nel caso dei migranti
economici chiede che gli immigrati siano già occupati e finanziariamente autosufficienti prima di trasferirsi nei Paesi Bassi, e che debbano imparare l’olandese, lavorare e pagare le tasse nei Paesi Bassi per almeno cinque anni prima di avere diritto alla residenza permanente; gli immigrati clandestini vanno deportati.
Il partito dedica molta attenzione alla politica alimentare e allo sviluppo rurale, si oppone con decisione alla politica green dell’unione europea e alle proposte di mitigare l’impatto umano sul ciclo dell’azoto in risposta alla crisi dell’azoto nei Paesi Bassi, considera il Partito per gli Animali e l’organizzazione per i diritti degli animali uno dei suoi principali nemici in quanto si oppone agli allevamenti intensivi. Promette di istituire un “ministero della campagna” situato ad almeno 100 chilometri dall’Aia e la rimozione del divieto sui neonicotinoidi e si propone di varare una legge sul diritto all’agricoltura,
che consentirebbe agli agricoltori di avere più voce in capitolo sulle estensioni agricole.
L’anomalia Omtzigt condiziona la coalizione
Un clamoroso successo, peraltro annunziato, è stato conseguito dal partito Nuovo Contratto Sociale (NSC), un “partito personale” guidato da Omtzigt che ha eletto ben 20 deputati. Questo partito, che proviene da una scissione di D66, formazione politica centrista, di orientamento cattolico, deve il proprio successo principalmente alla gestione che il suo leader ha fatto dello scandalo costituito dalla richiesta ingiusta di rimborso degli assegni familiari fatta ha famiglie di migranti dal 2013 al 2019 che avrebbero goduto indebitamente di benefici fiscali.
L’inchiesta parlamentare ha dimostrato che in realtà il governo di Mark Rutte, nell’incapacità di sviluppare una politica di contrasto all’immigrazione, ha instaurato forme di persecuzione burocratica dei migranti, per colpirne illecitamente le possibilità di vita e di insediamento nel paese, attraverso un gravame eccessivo di tassazione, in palese violazione della legislazione vigente. L’inchiesta ha dimostrato che i funzionari delle finanze hanno agito sulla base di precise indicazioni dei vertici burocratici, provvedendo alla profilazione dei contribuenti su base etnica, che in base ai loro cognomi venivano raggiunti da richieste di restituzione degli assegni familiari percepiti. Vittime della malvessazioni sono stati, ingiustamente, migliaia di cittadini olandesi, molti dei quali immigrati. Lo scandalo, che ha coinvolto più di 10.000 famiglie olandesi, è stato alla base delle dimissioni anticipate del governo Rutte e Omtzigt ha potuto dimostrare che persone innocenti sono state criminalizzate e migliaia di famiglie sono state private dai sussidi necessari destinati alla cura dei bambini per l’ammontare di decine di migliaia di euro. Molti sono stati i casi conclamati di fallimento e addirittura di divorzio alimentando la generale indignazione.
Va detto che Rutte nel presentare le dimissioni dell’intero esecutivo ha poi convocato una conferenza stampa nella quale si è assunto, insieme ai suoi ministri, la “responsabilità politica” dello scandalo. Dichiarando che “Persone innocenti sono state criminalizzate, le loro vite sono state distrutte e la Camera ne è stata informata in modo errato e incompleto. La responsabilità politica- ha dichiarato – spetta al governo in carica e a nessun altro” e ha promesso un risarcimento alle famiglie coinvolte nella vicenda e una riforma dei meccanismi burocratici che l’hanno originata, che non vi sono state a causa del sopravvenire delle elezioni.
Ciò ha costituito una delle ragioni dei tanti consensi giunti a Omtzigt il quale è stato molto abile nell’assumere posizioni vaghe e generiche su molti problemi, al punto che non si può dire se le sue siano posizioni di destra o di sinistra, ma egli si presenta e soprattutto, offre il suo partito, come buono per tutti gli schieramenti, se il fine dichiarato è quello di procedere alla moralizzazione del paese. Ciò che lo allontana dalle posizioni del Partito della Libertà (PVV) e dal BBB è la posizione verso l’Unione europea, lui è europeista, e la guerra d’Ucraina: Omtzigt vuole avere un peso a Bruxelles e
sostiene le scelte atlantiste e la NATO.
Alla luce di queste considerazioni ben sì comprende che il carrello di incontro fra i tre partiti dei quali ci siamo occupati sarà certamente una politica comune nella difesa degli interessi dell’agricoltura olandese e delle ragioni dei contadini che si vedono colpiti dalla politica ambientalista, fiore all’occhiello della sinistra e del precedente governo liberale, che non condividono le restrizioni all’agricoltura olandese che l’ingresso dell’Ucraina nell’unione comporterebbe, il che fa pensare a una diversa posizione in politica estera e comunitaria del futuro governo olandese su questa delicata questione.
Con il partito degli agricoltori resterebbero invece come punti di divergenza significativi la politica sugli allevamenti intensivi che gli agricoltori sostengono, la contrarietà all’ampliamento dei parchi naturali che gli agricoltori avversano, e tanti altri temi che richiedono una necessaria mediazione e non pochi compromessi anche per soddisfare le posizioni al riguardo sostenuta dal partito della libertà.
Poiché la coalizzazione di governo necessita della necessaria presenza del partito liberale non si comprende quando possa reggere il compromesso necessario alla formazione dell’esecutivo che coinvolga anche quest’ultima formazione politica, la quale trova momenti di convergenza con le altre nella politica sull’immigrazione, e questo è senza dubbio un elemento di coesione della futura maggioranza, ma registra delle differenze di orientamento molto marcate in politica estera e nella politica economica, mentre un terreno di scontro è certamente costituito dai provvedimenti da intraprendere e sostenere per soddisfare le richieste del mondo agricolo olandese che tanto peso politico ha avuto nel recente confronto elettorale. Perciò le trattative saranno lunghe, dal risultato incerto e tutto da verificare.
Gianni Cimbalo