Tempi magri e tristi per il Governo Meloni: se la premier piange per la sconfitta dell’amato Pis – il suo socio polacco – il suo ministro delle finanze non ride, a causa delle casse vuote, appena 24 miliardi da redistribuire, tanto che al Consiglio dei Ministri è bastata un’ora per approvarla. Il fulcro è costituito dai 15 miliardi destinati al taglio del cuneo fiscale, più di 5 miliardi per il rinnovo dei contratti della amministrazione e circa 3 miliardi per la sanità. Per reperire l’ingente quantità di fondi previsti dalla manovra finanziaria, il governo farà ricorso per 2 terzi all’extra gettito e per la restante parte di circa 8 miliardi a tagli alle spese. Un “sacrificio” richiesto a tutti i ministeri, “che hanno dovuto rinunciare a diversi progetti e idee”, ha commentato Giancarlo Giorgetti. “Si è attuata una spending review significativa, del 5% su tutte le spese discrezionali, (leggi tagli lineari) eccetto regioni ed enti locali”.
Cuneo fiscale e riduzione dell’Irpef
La riduzione del cuneo fiscale – peraltro limitata a un solo anno – è stata fatta
incidendo sui contributi previdenziali ed è priva di coperture; perciò, da un lato crea debito futuro che si riversa in minore risorse per la previdenza sociale, dall’altro riduce inevitabilmente le risorse destinate a servizi e quindi intacca il salario indiretto dei lavoratori. Ne consegue che il Governo fa il gioco delle tre carte: con una mano da maggior salario diretto in busta paga e con l’altra riduce i servizi, riducendo i finanziamenti alla spesa sociale o lasciandola immutata, lasciando che sia l’inflazione a fare il resto. Ben si comprende il meccanismo se solo si guarda alle risorse per la sanità, formalmente aumentate di 3 miliardi, ma in realtà diminuite, se si guarda al rapporto della spesa con il Pil e si tiene conto dell’inflazione.
All’accorpamento dei primi due scaglioni dell’imposta Irpef sono destinati più di 4 miliardi. Il taglio sarà del 6% per chi ha un reddito fino a 35mila euro e del 7% per chi non supera i 25mila euro l’anno, mentre le nuove aliquote saranno del 23% fino ai 28 mila euro, del 35% tra i 28 e i 50mila, e del 43% sopra i 50mila. In più è stata ampliata fino agli 8.500 euro l’esenzione dalle tasse, definita come no tax area, per i redditi da lavoro dipendente.
Detrazioni e minimum tax
È stato previsto un taglio alle detrazioni da 260 euro, che riguarda le erogazioni a favore di onlus, partiti e Terzo settore, per i percettori di redditi superiori a 50mila euro, e la riduzione del 15% dell’imposta sulle imprese per chi assume giovani, donne o ex beneficiari del reddito di cittadinanza. La misura riguarda la fine dell’agevolazione per l’aiuto alla crescita economica (Ace), che è stata abrogata, dopo essere stata varata nel 2011. Per le multinazionali, dal primo gennaio 2024, scatta la global minimum tax al 15% sugli introiti realizzati nel mercato italiano. Al contrario le aziende che torneranno in Italia dopo aver delocalizzato, riceveranno agevolazioni per la rilocalizzazione. Mentre per le partite Iva scompare l’acconto di novembre, a sostegno della liquidità delle imprese.
Riduzione del canone Rai
Il canone passa da 90 a 70 euro all’anno, e il prelievo resta nella bolletta elettrica, anche se il Ministro delle finanze medita di spostarlo nella bolletta telefonica per agganciare nella tassazione chi fa a meno del televisore e usa smartphone o tablet per fruire dei programmi televisivi in streaming. Lo “sconto” del canone Rai viene assorbito dalla fiscalità generale, e quindi è un alleggerimento dei costi per modo dire: quello che il contribuente non paga direttamente in bolletta, lo conferisce comunque all’emittente pubblica per mezzo di altri tipi di versamenti.
Pensioni
Il governo ha rimosso il vincolo sulle pensioni contributive, che impediva a chi è nel sistema contributivo di andare in pensione al raggiungimento dei 70 anni se il suo assegno non superava di 1,5 volte la pensione sociale. In altre parole, si passa a quota 104, con buona pace delle promesse di Salvini. Vengono cancellati anche l’Ape sociale e Opzione donna, sostituiti dal Fondo di flessibilità per consentire l’uscita anticipata dal lavoro a 63 anni con 36 anni di contributi per badanti, disoccupati, lavori gravosi e persone con disabilità. La soglia è ridotta a 35 anni per le donne ed è prevista la rivalutazione al 100% delle pensioni fino a 4 volte il minimo e per le pensioni minime di chi ha più di 75 anni.
Mancate promesse e fine dell’idillio con l’elettorato tradito
La legge finanziaria nel 2023 è la prima ad essere veramente attribuibile a questo governo che si rivela per quello che è: va preso atto della completa sconfessione delle promesse elettorali dei partiti che costituiscono il governo. Se si guarda ai provvedimenti adottati diviene evidente che gli elettori sono stati presi per il culo senza troppo riguardo e ricevono dal comportamento del governo una severa lezione sulla loro disponibilità di creduloni che si sono lasciati ingannare da chi ha promesso mari e monti in campagna elettorale, lasciando poi che la montagna partorisca il topolino.
Si, è vero, ci sono i soldi per un magro rinnovo contrattuale, ma con l’inflazione che cresce, i salari restano bassi e questo mentre il dibattito sul salario minimo viene stoppato e messo su un binario morto. E poi c’è anche la riduzione di fatto degli stanziamenti per la sanità, i cui problemi rimangono del tutto irrisolti. Voler eliminare o anche solo alleggerire il problema delle liste d’attesa con l’incentivazione degli straordinari a un personale già prostrato da turni di lavoro massacranti, elargendo attraverso gli straordinari briciole di aumenti retributivi, duramente pagati con super lavoro, significa percorrere una strada criminale.
La presa in giro delle mamme lavoratrici assume poi i caratteri di una burla tragica: da una parte si dice di aumentare i fondi per gli asili nido con l’obiettivo di renderli gratuiti per chi ha almeno due figli, mentre poco si fa perché gli asili nido vi siano – basta guardare i programmi a riguardo del PNRR – per capire quale è il problema. Ne viene che anche la dove vi fossero posti gratuiti per gli asili, non vi sono però gli asili.
Si dice di voler incentivare le donne a fare figli però non è stata prorogata la misura relativa all’abolizione dell’Iva sui prodotti della prima infanzia che quindi divengono più cari. In compenso nei confronti delle donne con più di due figli si prevedono premi e riconoscimenti; viene da domandarsi a quando le medagliette con la scritta: “ figlio mio ti ho partorito per la patria, non per me!” di fascistica memoria.
Ciò che avviene con le pensioni fa capire quanto sia gonfio di menzogne il “pontiere” Salvini che dopo aver tuonato contro la legge Fornero, giurando di volerla abrogare, introduce per il tramite del suo ministro, norme che la rendono più severa e onerosa. Come rispetto delle promesse elettorali non c’è che dire!
Rimane poi una constatazione di fondo: ricordate l’alluvione in Emilia Romagna? ebbene, i soldi promessi dal governo dove sono finiti? e del PNRR chi sa più qualcosa?
Politica interna e strategia internazionale Se dunque la legge finanziaria ci dice che sul piano della gestione degli affari interni i risultati sono quanto meno modesti e che il maggior merito del governo è quello di non aver scassato i conti in modo rilevante, compromettendo ulteriormente una situazione gravata da un debito mostruoso certamente ereditato, le compensazioni, – a giustificazione della sua esistenza – dovrebbero venire dalla politica estera.
L’attivismo frenetico della Meloni, ha interessato Sunak, per le affinità in materia di politiche migratorie e per la comune origine underdog, l’ha resa triste nel constatare la sfiga che il suo sostegno ha portato a Vox, con il suo, proclamarsi donna, mamma e cristiana, tanto da indurla a provvedersi di corna e cornetti nei vicoli di Napoli per evitare di portare sfortuna, la vede nel chiuso delle sue stanze soffrir tacendo a piangere in gramaglie davanti ai risultati elettorali di Pis.
Da parte nostra auguriamo alla Premier sempre maggiori insuccessi, e insieme a lei, a tutto il suo Governo; ai suoi elettori tanti, tanti Governi così, consapevoli che al masochismo non c’è rimedio.
La Redazione
E’ da poco uscito il volume di Pier Carlo Masini,
Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Berneri, Pisa, BFS, 2023, p. 556.
Il volume comprende le due opere fondamentali per la storia dell’anarchismo, Storia degli anarchici Italiani da Bakunin a Malatesta e Storia degli anarchici nell’epoca degli attentati ed altri scritti sul periodo successivo.
Il volume è fondamentale per capire cosa sia l’anarchismo, nato sulla base di idee comuniste anarchiche e basato sulla lotta di classe.
Per saperne di più ed essere invogliati ad avvicinarsi all’opera che si legge veramente molto bene -nonostante lo spessore delle pagine – si può vedere la presentazione fatta al Festival Fino al cuore della rivolta l’11 agosto a Fosdinovo da Stefano Gallo, Adriana Dadà e di Franco Bertolucci.
https://www.youtube.com/watch?v=Kt6CnOLXl2Y