Gran Bretagna: la feccia al potere

Un’accoppiata di politici abietti e miserabili calca la scena politica della Gran Bretagna e del mondo: Richi Sunak e Suella Braverman. In una fase delle relazioni tra i popoli, nella quale le migrazioni imposte da motivi bellici, climatici ed economici costituiscono i tratti caratteristici dell’epoca, i due le pensano tutte per negare i più elementari diritti umani e si contendono la leadership del partito Conservatore, in vista delle elezioni politiche che si svolgeranno il prossimo anno in Gran Bretagna. Ambedue provengono da famiglie appartenenti a quel ceto di servi coloniali prodotti dall’Impero britannico che, già appartenenti alle classi dirigenti dei paesi d’origine, o alla borghesia mercantile cresciuta all’ombra dei colonizzatori, si misero al servizio dell’Impero per trarre profitto dalla loro collocazione di classe, creare o aumentare le loro ricchezze, contribuendo a schiavizzare le popolazioni coloniali e assorbendo il mito dell’Impero, fino ad identificarvisi.
Con la fine dell’Impero coloniale i loro genitori si trasferirono in Inghilterra, patria elettiva, e i loro rampolli dimenticarono le loro origini di migranti per trasferire nel ruolo sociale ed economico da essi acquisito la loro boria, nell’altezzosa convinzione di avere attuato un irreversibile salto di classe che li rendeva organici alla razza padrona,
inducendoli a disprezzare e avversare coloro che vivono oggi le condizioni dei loro avi. E in difesa delle esclusive prerogative acquisite si accaniscono oggi sui più svantaggiati, sui più deboli, che essi considerano parte integrante della feccia dell’umanità che tenta di aggredire le società ricche ed opulente.
Di origini borghesi, il premier Sunak esibisce una collocazione economica e di classe costruita sulle fortune di una famiglia già emigrata dall’India in Kenya, che ha costruito il proprio benessere attraverso lo svolgimento di professioni liberali quali quelle di medico e farmacista e che con oculati investimenti dei proventi così conseguiti, si è poi trasferita nel territorio metropolitano delle isole britanniche a godere del patrimonio accumulato. Il giovane rampollo dei Sunak ha saputo fare tesoro della disponibilità economica della famiglia per affermarsi in politica, militando tra i Conservatori, e sposando le posizioni dell’establishment guerrafondaio di quel partito che ha trascinato l’Inghilterra nell’avventura fallimentare della Brexit e ha promosso la chiusura del paese ai rapporti con l’Europa e il mondo, condividendo con il vertice del partito una politica di opposizione all’immigrazione che, alla prova dei fatti, si è rivelata fallimentare. Oggi Sunak si erge a vessillifero delle glorie dell’Impero britannico e chiude le frontiere per effetto della Brexit ai migranti.
Per far fronte a tutto questo Sunak ha trovato comodo sposare in toto le posizioni della sua ministra degli interni meglio, conosciuta con il soprannome di “Crudelia”, (ricordate Crudelia Demon?) proponendo la ghettizzazione prima e la deportazione poi dei migranti. Sono a tutti noti note le immagini della nave albergo, costruita con il significativo aspetto di una gigantesca zattera ospitante un’unità abitativa carceraria, ancorata nel porto di Portland, nel Dorset, sulla costa sud inglese: una sorta di “nave carcere”, voluta dalla Ministra, attrezzata come centro di detenzione per migranti “illegali” e destinata ad ospitare, di qui in avanti, almeno 500 richiedenti l’asilo in attesa di un’ improbabile trasferimento con un ponte aereo verso il Ruanda, mentre le loro richieste di permesso di soggiorno in Inghilterra vengano esaminate.
La leadership di Sunak alla guida dei Conservatori è insidiata, in vista delle prossime elezioni, proprio dalla Braverman, anch’ella proveniente da una famiglia immigrata. Anche la Braverman, (cognome acquisito perché nata Mootien-Pillay) ha genitori di origine indiana, migrati dal Kenya e dalle isole Mauritius. Figlia di immigrati di seconda
generazione, sua madre è nata in un quartiere di Londra da una famiglia indù tamil mauriziana, nipote dell’alto Commissario mauriziano a Londra. Suo padre era invece un cattolico guineano che più modestamente lavorava in una associazione di alloggi. Proveniente dunque da una famiglia della borghesia londinese, la giovane rampolla si è
specializzata in diritto, ricoprendo numerosi e ben remunerati incarichi di prestigio, sempre schierandosi a difesa di interessi padronali ed aziendali. A partire dal 2015 ha ricoperto numerosi incarichi politici di crescente prestigio: ha fatto parte, come ministra, del Governo Johnson, per poi chiederne le dimissioni, e contendere prima a Liz Truss poi Sunak l’incarico di premier ed essere da questi sconfitta; ora ci riprova, in una contesa che vede contrapposti l’indu Sunak a lei dichiaratamente buddista, ma ambedue reazionari e neofascisti, figli di una borghesia formatasi nelle colonie.

L’attacco alla Convenzione di Ginevra sui richiedenti asilo del 1951

Un detto popolare sostiene che “Dio li fa e poi lì accoppia” ed è esattamente quel che succede tra Sumak e la sua ministra, la quale ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina una delle priorità della sua politica. Il 26 settembre, in un discorso all’American Enterprise Institute sulla crisi dei rifugiati in Europa Ella ha sostenuto che il diritto d’asilo è stato notevolmente distorto dalla sua istituzione all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e che la Convenzione di Ginevra del 1951 è ormai superata. Suella Braverman ha stimato che il fenomeno migratorio non potrà che aumentare:
nei prossimi anni un numero sempre crescente di persone sceglierà di migrare. Urge perciò che i paesi occidentali, a loro difesa, rivedano i criteri di concessione del diritto di asilo al fine di contenere le richieste di accoglienza.
Innanzi tutto, la ministra dell’Interno britannica ha precisato che: “Volere asilo o volere condizioni di vita migliori non è la stessa cosa. Cercare rifugio nel primo paese sicuro che raggiungi o fare shopping per scegliere la meta che preferisci, non è la stessa cosa! Essere vittima della tratta, essere stato trasportato contro la propria volontà o venduto
come schiavo sessuale, o pagare i trafficanti per essere portato in un paese sviluppato, non è la stessa cosa!“ perciò il diritto di asilo “non è più adatto ai nostri tempi”, poiché “la crescita di questo diritto crea incentivi molto forti per l’immigrazione clandestina”. “Queste disposizioni [quelle a favore dei rifugiati N.d R] sono state create dopo la Seconda Guerra Mondiale per consentire alle persone di fuggire dalle persecuzioni e dall’olocausto, e hanno rappresentato un incredibile passo avanti per quel tempo!” Ma ora “viviamo in un mondo completamente diverso”.
Per questi motivi occorre modificare urgentemente la definizione giuridica di rifugiato che oggi, al suo dire, è troppo flessibile perché “temere di essere perseguitato a causa della razza, della religione, della nazionalità, della appartenenza ad un certo gruppo sociale o delle opinioni politiche” non può essere motivo sufficiente per ottenere tutela e
protezione perché “Si è verificato [dal 1951] uno spostamento, per effetto  dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, dalla nozione di persecuzione verso qualcosa che è più simile alla discriminazione. È un secondo spostamento, dall’idea di
paura certa verso solo paura probabile o plausibile”, “Quindi sempre più persone possono oggi avere diritto allo status di rifugiato”.
Il ministro dell’Interno britannico, nell’esibire il suo delirio di razzismo, ha aggiunto: “Sarò molto chiara, ci sono vaste parti del mondo dove è estremamente difficile essere omosessuali o essere donna. E quando le persone sono perseguitate, è giusto che offriamo loro rifugio. Ma il nostro sistema di asilo non è sostenibile a lungo termine se, infatti, il semplice fatto di essere omosessuale o di essere donna e di temere discriminazioni nel proprio Paese di origine è sufficiente per beneficiare di una protezione. “

L’entente cordiale tra Italia e Regno Unito

Alla luce della ricostruzione appena fatta ben si comprende perché la Meloni abbia trovato una sponda politica nella Gran Bretagna, anche se il governo inglese come quello italiano non possono vantare alcun successo nel contrasto all’emigrazione. Come quello italiano, il governo di Rishi Sunak deve vedersela con numeri sull’immigrazione legale del tutto fuori linea con le promesse (irrealistiche) fatte agli elettori: infatti, se alla vigilia della Brexit c’erano 336 mila arrivi in Gran Bretagna; per il 2022 la cifra dovrebbe essere intorno ai 700 mila. Altro che i 45 mila sbarchi sulla costa inglese, su cui si focalizzano sia l’opinione pubblica sia le dichiarazioni di Braverman. Oggi solo il 9 per cento dei britannici crede che la Brexit sia stata una scelta positiva. Anche tra chi ha votato per il leave, solo il 20 per cento giudica l’uscita dall’Ue “tendenzialmente un successo”, mentre per il 37 % la Brexit è “tendenzialmente un fallimento”. Il problema è che il 75 % di chi ha votato per andare via dall’Ue pensa che il risultato sia colpa dei Tory che non hanno saputo dare forma a una buona idea e si rifiuta di vedere il fallimento totale di questa politica.
Questa situazione fa sì che gli incontri tra i governi italiano ed inglese siano oggi sempre più frequenti, che le politiche siano sempre più simili, in ragione della comune appartenenza ai Conservatori, anche se la Gran Bretagna è fuori dall’Unione europea. Un cieco atlantismo caratterizza il due Governi che fanno a gara nel sostenere acriticamente l’Ucraina, mentre il governo di Kiev versa in una situazione di isolamento crescente. L’aspettativa è che le difficoltà sempre maggiori del quadro politico portino i due governi reazionari al fallimento. Le elezioni in Gran Bretagna, che si svolgeranno nel 2024, costituiscono un significativo banco di prova.
Molto dipenderà dall’opposizione laburista che dovrà dar prova di saper disimpegnare il governo da un appoggio acritico all’Ucraina, ma soprattutto di riuscire a dare una risposta convincente alla crisi economica caratterizzata da un’inflazione crescente, dal baratro nel quale è precipitato il sistema sanitario e quello scolastico, dai bassi salari,
contrastati da una ondata ininterrotta di scioperi, tutti problemi che dipendono in larga parte da una reimpostazione delle relazioni economiche e commerciali, oltre che politiche, con l’Europa. Un obiettivo sul quale il partito laburista è fortemente in ritardo non essendo riuscito a prendere le distanze in modo chiaro e netto dalla Brexit e dalle scelte politiche dei conservatori.
Ad un mutamento di linea politica non aiutano le posizioni del bleeriano larder laburista Keir Starmer che esalta i valori britannici, il Re, l’unità del Paese e un nostalgico del Commonwealth e sogna di riconquistare le zone operaie puntando sugli effetti degli scandali dei Tories, piuttosto che su diversità nelle politiche da seguire.

G.L.