Cosa c’è di nuovo – Riace riabilitato

La Corte di Appello di Reggio Calabria, riformando profondamente la precedente
sentenza di primo grado del Tribunale di Locri, che aveva condannato Mimmo Lucano a 13 anni e due mesi di reclusione, ha fatto cadere il castello di accuse, costruito dopo un’indagine faziosa e prevenuta da parte di carabinieri, Giudice per le indagini preliminari, Pubblico Ministero di Locri, pilotati dalle affettuose e pressanti raccomandazioni dell’allora Prefetto di Reggio Calabria Piantedosi, su mandato politico del Ministro dell’Interno pro tempore Minniti.
Dopo sette ore di camera di consiglio la Corte ha assolto i 17 imputati da ogni accusa, e
condannato l’ex sindaco Lucano per un falso in relazione ad una delibera del 2017 a un anno e mezzo con la condizionale.
Naufraga così miseramente l’inchiesta “Xenia”, condotta dalla Procura e dai carabinieri con dovizia di mezzi, un volume abnorme di intercettazioni, tutto questo senza raggiungere alcun risultato, come la difesa ha dimostrato e questo malgrado che le trascrizioni delle intercettazioni fossero state artatamente manipolate, giustapponendo i diversi spezzoni di intercettazione.
Nelle 99 pagine della sentenza di primo grado si accusava l’imputato, di essere il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata alla gestione illecita dei fondi destinati ai progetti Sprar e Cas.
Tra i reati contestati dalla procura generale a Mimmo Lucano, c’era anche la truffa aggravata, l’abuso d’ufficio, diversi falsi e un peculato. Tutti reati caduti in appello, tranne un falso relativo ad una delibera.Ma quel che è più importante è che la difesa ha dimostrato l’insussistenza di qualsiasi beneficio per l’imputato, risultato nullatenente e di avere anzi messo a disposizione dell’esperimento di accoglienza dei migranti premi e guadagni personali, meritatamente ricevuti, ma non trattenuti a proprio beneficio. Si è inequivocabilmente dimostrato, anche grazie ai comportamenti dell’imputato
principale, l’insussistenza dell’accusa di voler conseguire attraverso l’attività di solidarietà vantaggi politici e con l’obiettivo dell’accesso a cariche pubbliche che avrebbero rappresentato un personale arricchimento per il Lucano.
Indubbiamente la bravura, la dedizione e il patrocinio gratuito fornito dagli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Daqua hanno giocato un ruolo importante nell’esito del processo, ma altrettanto ha pesato la solidarietà manifestata all’imputato da compagne e compagni, e da estimatori anche illustri come il Pontefice, che lo hanno ringraziato per l’accoglienza di più di 6000 rifugiati e per la realizzazione di un tessuto sociale di sostegno caratterizzato dalla creazione di laboratori e attività economiche di supporto ai migranti, che insieme agli abitanti di Riace hanno fatto rinascere un paese svuotato della propria originaria popolazione costretta dalla povertà e dalla miseria ad emigrare in America Latina e in Australia.
La solidarietà di classe manifestata dai migranti riacesi nel mondo, che hanno messo a
disposizione le loro abitazioni per i nuovi cittadini di Riace, è stata la prova tangibile delle capacità di accoglienza delle popolazioni, che al contrario delle istituzioni, si sono dimostrate solidali.
Quanto è avvenuto è di estrema importanza quando con ogni mezzo e attraverso il decreto Cutro si cerca di criminalizzare i migranti costringendoli ad una detenzione amministrativa che con coraggio alcuni giudici, investiti della questione hanno giudicato illegittima, suscitando le proteste liberticide e i dossieraggi della destra al Governo.