La Slovacchia ha votato: è stanca di immigrati, compresi quelli ucraini, ma soprattutto è stanca della guerra. Lo hanno detto con chiarezza gli elettori, votando in maggioranza per i partiti contrari alla guerra, siano essi di destra o di sinistra: il partito al governo, “Slovacchia progressista”, sostenitore della guerra, che ha ottenuto un magro 18%, sebbene gli exit poll e qualche sondaggio preelettorale lo dessero per vincente è il vero sconfitto dalle urne. La lettura del voto è univoca, al punto da essere condivisa dall’ex premier Ondor il quale, di concerto con la Presidente della Repubblica Zuzana Caputova, ha congelato ogni decisione sugli aiuti militari all’Ucraina, ritenendo che a decidere debba essere il nuovo Governo. Perciò all’indomani dei risultati elettorali Robert Fico, leader del partito vincitore Direzione-Socialdemocrazia (Smer-Sd) con il 23 % dei voti e 42 seggi sui 150 della Národná Rada (il Parlamento monocamerale), è
stato incaricato di formare un nuovo Governo.
Le elezioni che hanno visto la partecipazione del 68% degli aventi diritto, mai così numerosi dal 2002, che hanno votato, influenzati dalla crisi economica del Paese causata dall’interruzione delle forniture energetiche dalla Russia, recisi del tutto a causa della guerra Ucraina e non strutturalmente rimpiazzati, mentre il sistema di difesa aerea nazionale è stato smantellato per donare attrezzatura belliche all’Ucraina. Il governo uscente guardava agli Stati Uniti in cerca di facili dividendi geopolitici senza di fatto ottenerne alcuno, deludendo l’elettorato. Robert Fico ha saputo interpretare questo
scontento recuperando in discredito accumulato in passato.
Robert Fico, un politico di lungo corso
Il Premier è un ex iscritto al Partito Comunista. Al termine della Rivoluzione di Velluto, che portò alla nascita della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca, entra nel Partito della Sinistra Democratica (SDL), forza politica che raccoglie l’eredità del Partito Comunista nella nuova Slovacchia. Laureato in legge, per sei anni – dal 1994 al 2000 – Fico ha rappresentato il suo paese presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel 1999 esce da Sinistra Democratica e si propone agli elettori come un’alternativa ai comunisti e ai socialisti, dando vita a un partito di ‘nuova sinistra’ più vicino al centro. Nelle elezioni del 2006 Fico porta il suo partito alla vittoria con il 29,1% dei voti e diventa premier per la prima volta, a capo di una coalizione con il Partito Nazionale Slovacco (SNS) e il Partito Popolare – Movimento per una Slovacchia Democratica (HZDS) e bel 2010 Fico torna all’opposizione. Nel 2012 la Slovacchia va di nuovo alle urne e Fico diventa il nuovo premier con il 44% dei voti e continua ad essere il capo del governo dal 2016 al 2018, anche se con un minor consenso elettorale.
Il suo governo cade a causa delle proteste popolari per l’omicidio del giornalista d’inchiesta Jan Kuciak e della sua compagna Martina Kusnirova che stava lavorando ad alcune indagini su truffe e corruzione relative a fondi Ue ricevuti dalla Slovacchia e che aveva denunciato la vicinanza di alcuni politici vicini a Fico e alla ‘Ndrangheta.
Sembrava che la carriera politica di Fico fosse terminata, ma egli ha saputo interpretare il disagio di fondo prodotto prima dal governo di destra guidato da Heger, poi da quello tecnico di Ódor che lo aveva sostituito e che è andato allo scontro elettorale. Lo ha fatto al prezzo di mutare le sue posizioni politiche adeguandole all’umore dell’elettorato. Durante i suoi primi esecutivi Fico si era sempre mostrato fortemente europeista – è con lui che la Slovacchia ha adottato l’euro, ma ora si è fatto carico della stanchezza degli slovacchi che non hanno dimenticato i tempi della Seconda guerra mondiale: i russi «Ci hanno liberato, dovremmo mostrare un po’ di rispetto» ha affermato, per poi
aggiungere: «Dobbiamo dire al mondo intero che la libertà viene dall’est, la guerra viene sempre dall’ovest».
In difesa degli interessi economici del paese, si è schierato contro le sanzioni alla Russia facendosi carico del crescente fastidio della popolazione verso i rifugiati ucraini che con il protrarsi delle ostilità sono divenuti la gran parte dei migranti del paese. La concorrenza del grano e dei cereali ucraini, danneggiando gli agricoltori molto numerosi in Slovacchia, ha fatto il resto per cui Fico ha dichiarato che “la Slovacchia ha problemi più importanti delle relazioni con l’Ucraina” e ha aggiunto: “Siamo pronti ad aiutare l’Ucraina a livello umanitario e con la ricostruzione del Paese, ma non con gli armamenti” e si è detto pronto a “organizzare colloqui di pace il prima possibile”. È chiaro che nel Paese l’aria è cambiata e per l’Unione europea e l’Ucraina non si tratta di una buona notizia.
Il nuovo Governo
Il 16 ottobre Figo ha annunciato di poter formare il nuovo Governo alleandosi con l’ex-premier e leader della socialdemocrazia europeista Hlas-Sd, Peter Pellegrini, i socialdemocratici di Smer e la destra estrema del Partito Nazionale Slovacco. L’accordo è stato condizionato dai dissensi insorti tra il Partito Progressista del vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka e il Movimento Cristiano Democratico. Ma da Šimečka è arrivata l’accusa all’ex-premier di aver deciso per il sostegno a Fico fin dal giorno dopo le elezioni perché li legano “interessi più forti”. Pellegrini, leader del Hlas-Sd, fondato nel 2020 dopo la scissione da Smer, ha assicurato che con la sua presenza garantirà l’appartenenza della Slovacchia all’Ue e alla Nato malgrado l’orientamento euroscettico della nuova maggioranza di Governo.
Questo partito vuole porsi come garanzia di una politica estera di continuità, attraverso un costante ricatto a Smer (42 deputati) e ai nazionalisti di destra (10) di abbandonare la coalizione in caso contrario e questo è possibile perché in un Parlamento di 150 seggi, i 27 deputati di Pellegrini sono determinati per qualsiasi maggioranza, soprattutto per quella che andrà a configurarsi e che dovrebbe contare su 79 voti a favore.
Della nuova compagine di governo preoccupano Bruxelles le posizioni del Partito Nazionale Slovacco che riceverà incarichi di governo, dopo anni di propaganda estremista di destra ad opera del suo leader Tomáš Taraba, condannato per la diffusione di simboli nazisti e interessato a veder accettata la richiesta di ridurre le sanzioni per l’uso improprio dei fondi Ue, questione nella quale il suo partito, legato agli agricoltori, è implicato. Tutto questo, mentre non è stata chiarito il ruolo di Fico a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che – come si diceva – avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca, tra cui esponenti di Smer.
La Slovacchia e la guerra in Ucraina
Gli sviluppi politici in corso in Slovacchia rischiano di avere pesanti conseguenze per l’Unione Europea relativamente al supporto all’Ucraina. Come anche le elezioni nei lander tedeschi della Baviera e dell’Assia dimostrano si regista una crescita dei partiti di destra estrema anche utilizzando la stanchezza delle popolazioni per la crisi economica, il costo crescente dell’energia l’invadenza dei tanti profughi ucraini che con il perdurare delle ostilità vanno trasformandosi in migranti stanziali per i quali sono stati creati percorsi ad hoc di favore più favorevoli rispetto ai bisogni delle fasce povere della popolazione autoctona.
Fico, da astuto e navigato politico qual è, ha puntato tutta la sua strategia in campagna elettorale su una retorica anti-ucraina e anti-sanzioni contro la Russia, accusando Bruxelles e gli alleati occidentali di aver “solo prolungato il conflitto” con il sostegno armato e di aver “danneggiato più l’Ue che la Russia” adottando di misure restrittive contro Mosca che hanno danneggiato più i paesi occidentali che i russi. In particolare la Slovacchia, priva di sbocchi al mare e in tutto dipendente per il gas e il petrolio dalle forniture russe ha pagato come tanti altri paesi un prezzo altissimo mentre l’Ucraina continuava a riscuotere i diritti di passaggio dei superstiti oleodotti e gasdotti russi fino a quando non hanno cessato di funzionare.
Fico ha fatto ricorso a una narrazione filo-putiniana, come dimostrato dalle dichiarazioni contro i “nazisti e fascisti ucraini” che hanno “provocato” la Russia “costringendola” a invasione come parte di un conflitto iniziato nel 2014. Ciò che Bruxelles teme, è che con il nuovo Governo, la Slovacchia, che – non va dimenticato – confina direttamente con
l’Ucraina, diventerà un nuovo ostacolo all’unità europea pro-Kiev. Per quanto riguarda i socialdemocratici di Hlas-Sd, Pellegrini è sempre stato vago e ha affermato che il Paese “non ha più nulla da donare” a Kiev, ma allo stesso tempo non ha fatto passi indietro sul sostegno armato.
La possibilità, dopo l’esito delle elezioni polacche, di isolare Viktor Orbán, soprattutto in relazione all’attacco allo stato di diritto e alla contestazione della prevalenza del diritto comunitario rispetto a quello interno, spinge l’Unione europea ad accettare il ritorno al potere di Fico, malgrado le sue ambiguità, pur di cogliere l’occasione per smantellare di
fatto il Gruppo di Visegrád sotto il profilo di un blocco politico che rema contro alle scelte della Ue e alla politica di coesione. Non mancano da parte dei partiti che formano la nuova maggioranza in Slovacchia l’apertura verso Unione che si esprime nella condivisione delle scelte verso la transizione verde e le riforme interne all’Ue (tra cui un possibile abbandono graduale dell’unanimità in Consiglio).
Questa scelta è oggi sempre più necessaria alla luce del fatto che i socialdemocratici europei stanno valutando quali contromisure prendere posto che il partito Smer è associato al Partito del Socialismo Europeo (Pse) – a differenza di quello di Pellegrini che non è mai entrato pur dichiarandosi socialista, ne fa parte. È bene ricordare che il partito di Fico è stato già sospeso dal Pse per dieci mesi nel 2006, dopo la formazione della prima coalizione di governo con il Partito Nazionale Slovacco – scenario che si ripresenterà a breve – e ha rischiato la sospensione nel 2015 per le sue posizioni
anti-migrazione, anche se non si è mai giunti all’espulsione.
É infine da notare che nuovi rapporti di forza si stanno verificando in Europa e che il prossimo mese si voterà in Olanda, paese nel quale sembra in forte crescita il neonato partito dei contadini che si caratterizza per opposizioni negazioniste sui mutamenti climatici, avversa la transizione geen ed è contrario ai “corridoi di solidarietà per le derrate agricole ucraine, delle quali teme la concorrenza e gli effetti depressivi sul valore dei prodotti agricoli.
Le complicazioni del quadro politico internazionale e la crisi in Medio Oriente fanno il resto, contribuendo a delineare un quadro di instabilità che oggi coinvolge sia pure in misura diversa e con modalità differenti un po’ tutti i paesi. È del tutto evidente che la cessazione delle ostilità in Ucraina rappresenta sempre di più una precondizione urgente per consentire all’Europa, di mettere a punto, anche alla luce delle scadenze elettorali e della scelta della nuova Commissione, un programma per il suo futuro, che al momento presenta molte incognite per tutte le forze politiche.
Tutto questo mentre, di fatto, la “guerra mondiale a pezzetti” è in corso e un mondo multipolare si affaccia a prendere il posto di un ordine mondiale che poggiava sull’egemonia economica e militare di un solo paese: gli Stati Uniti d’America che si avviano a elezioni che minacciano di essere ancora una volta fortemente divisive e che, comunque vadano, lasceranno il paese affidato alla gestione di due gerontocrati, con conseguenze che è difficile immaginare.
La Redazione