Per circa 10 giorni i telegiornali e i giornali ci hanno afflitto con le vicende dei 5
esploratori del relitto del Titanic, periti a bordo di un sommergibile, rimasto vittima della decompressione dovuta ad un’improvvida costruzione dello scafo che avrebbe dovuto rendere possibile l’impresa, alla modica cifra di 250 000 dollari a persona. Negli stessi giorni il silenzio più completo è caduto sulla vicenda del naufragio di un peschereccio che trasportava più di 750 persone, stipate disumanamente sul natante, naufragato al largo delle coste greche con più di 600 morti finiti negli abissi, nel colpevole disinteresse della guardia costiera greca, restia a soccorrere il natante alla deriva.
Abbiamo così avuto la conferma che la morte di 5 ricconi, appassionati di nautica e di
immersione, ammanti di relitti storici è ben più importante di 600 persone, con la differenza che mentre le prime hanno scelto di imbarcarsi in una improvvida impresa gli altri sono stati costretti a imbarcarsi dalla fame, dal bisogno, dalla necessità di fuggire dalla guerra, utilizzando un guscio di noce pur di sottrarsi ad una vita infame e inaccettabile. Ma tant’è: in questa società di merda le morti pesano in modo diverso e non in relazione al peso corporeo di chi muore o al numero, ma a quanto è gonfio il loro portafoglio.
Quanto è avvenuto richiama l’attenzione su alcuni soggetti che sono gli attori di questo
dramma. Il nostro pensiero va ai sei milioni e mezzo di dollari spesi dalla guardia costiera degli Stati Uniti per la ricerca di un relitto che si sapeva tale e nella certezza che non vi fosse nulla da fare per cercare di recuperare i cadaveri delle vittime, vista la profondità del mare e le caratteristiche del naufragio: ma erano 5 ricchi, di famiglie ricche ed influenti e il pilota imprenditore del sommergibile.
Un altro pensiero, ben più preoccupato, partecipe, giustificato e motivato va invece a quei 600 morti ignoti che, come tanti altri come loro, sono vittime di traversate fortunose, in imbarcazioni improbabili, e stanno alimentando nel Mediterraneo uno dei cimiteri più frequentati del mondo. Il confronto tra le reazioni suscitate fra i due eventi ci fa riflettere sulle profonde ineguaglianze che caratterizzano il mondo nel quale viviamo, l’informazione che subiamo.
A uomini e donne indifferenti, che assistono a questa mattanza, e pensano che i 600 morti se la son cercata e che avrebbero fatto meglio a non partire, che sono vittime della loro disperazione e sprovvedutezza, noi ci rivolgiamo sperando di scuotere le loro coscienze, con poche speranze e scarsa fiducia, ma con la certezza di riuscire, forse, a farli riflettere, ricordando loro una particolare conseguenza di quanto sta avvenendo.
Bene care signore e cari signori, quando quest’estate vi recherete sulle amene spiagge del Mediterraneo a bagnare le vostre terga per ristorarvi dalla calura estiva e poi vi siederete in un ristorante in riva al mare per gustare del pesce o ancor più il pescato del giorno, variamente trattato da ottimi ristoranti e provetti cuochi, ricordatevi del fatto che i pesci che mangiate si alimentano nella loro catena alimentare dei cadaveri che voi non volete vedere, distogliendo lo sguardo, indifferenti, morti nel mare nel quale sguazzate.
Il nostro augurio è che vi si toccano le budella al solo pensiero di quello che ingurgitate e che voi vi sentiate quelli che siete, antropofagi, cannibali, che si cibano di cadaveri, indifferenti alla sorte dei loro simili, e che banchettano sulle disgrazie e sulle molte morti altrui.
Speriamo che almeno questo – la tutela del vostro stomaco, delle vostre immonde budella – vi spinga a farvi carico delle morti, delle tante, troppe morti che nutrono gli incolpevoli pesci del Mediterraneo, divenuti spazzini del mare, divoratori di cadaveri, loro malgrado, e proviate orrore e chissà che pensando a questo la vostra coscienza, se ne avete ancora una, reagisca a questo orrore e si adoperi per porvi fine in ogni modo.