La resipiscenza di Luigi Di Maio che nello slalom attraverso i misteri (pardon i Ministeri) si è evoluto da contestatore e vaffancularo in un rispettabile sedicente diplomatico è una di quelle storie di vita che conferiscono fascino alla società capitalistica e liberale, che trasformano in realtà la favola che ogni bambino che nasce ha nella culla la possibilità di diventare Presidente.
Il nostro ebbe i natali in quel di Avellino nel 1986 dove visse infanzia e giovinezza a Pomigliano d’Arco.
Figlio di un imprenditore edile, frequentò con scarso profitto il liceo classico Vittorio Imbriani, ma militò con maggior profitto nel Movimento Sociale Italiano tanto, che gli vennero affidati incarichi dirigenziali. È tra i giovani che transitano in Alleanza Nazionale al momento della sua fondazione (1995). S’iscrive all’Università di Napoli Federico II e transita tra diverse Facoltà per approdare a Giurisprudenza, dove inizia a fare attività politica e nel 2007 – folgorato dal fascino di Beppe Grillo – aderisce al Movimento 5 Stelle. Per sostenersi svolge vari lavori occasionali e precari, e tenta di essere eletto alle elezioni comunali accumulando ben 59 preferenze, naturalmente senza risultare eletto.
Gli va meglio alle politiche del 2013. quando viene eletto alla Camera dei Deputati e poi vicepresidente della Camera dei deputati, il più giovane che abbia ricoperto tale carica. Gigino è ambizioso, e presto diventa uno dei leader del partito e viene nominato membro del cosiddetto “direttorio” del movimento, costituito nel novembre 2014 da cinque parlamentari scelti dal Garante-padrone del Movimento. Nel 2016 è nominato responsabile degli enti locali per il non-partito dei 5S.
Nel settembre 2017 si candida alle primarie che dovranno scegliere il candidato premier e capo politico del Movimento: risulta eletto con 30.936 voti, pari a circa l’82% dei votanti. Alle elezioni politiche del 2018 ottiene 95.219 voti (63,41%) nel collegio uninominale di Acerra.
Con il passare del tempo, lentamente, Di Maio si trasforma e alterna punte di radicalismo sovranista a un aplomb istituzionale che entra sempre più a far parte della sua immagine pubblica. Intanto comincia d’inanellare incarichi e diventa Vicepresidente del Consiglio e Ministro dello sviluppo economico e del lavoro nel Governo Conte I per poi assumere l’incarico di Ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale nel Conte II.
La trasformazione
Radio salotti romani afferma che è l’ambiente felpato della Farnesina ad agevolare e gestire il cambiamento.
Lezioni intensive di inglese, sfoggio di cravatte di Marinella, un nuovo sarto, selezione per le frequentazioni nel Movimento, con preferenze per i “ministeriali”, quelli che siedono su una poltrone, rapporti con i boiardi di stato in vista delle nomine agli enti statali e imposizione feroce dei candidati da lui sponsorizzati. Le intemperanze e le svolte improvvise ed improvvide si attenuano, soprattutto da quando le strade con il suo sodale, alter ego, competitor, Di Battista, si separano.
È la formazione del Governo Draghi a segnare lo spartiacque: Di Maio viene riconfermato Ministro degli esteri. Il soggetto è estremamente plasmabile perché è un sacco vuoto. Di Battista si fa da parte.
Nella girandola degli incontri internazionali che si susseguono a partire dallo scoppio della guerra ucraina Gigino, dismette definitivamente gli abiti del bibitaro per fare conoscenze importanti, stringere amicizie, dare pacche sulle spalle, fornire dichiarazioni che parafrasano quelle del premier che egli affianca in funzione adorante e servente, fino al punto che, quando diviene capo politico del Movimento colui che lui stesso aveva tenuto a
battesimo lui si schiera con il nuovo padrone e non cerca di dare una linea politica minimamente autonoma alla sua presenza al Governo, in coerenza con le posizioni del partito che ha contribuito a creare.
Scatta la difesa delle poltrone, del proprio futuro politico e delle possibilità di rielezione. Presupposto per continuare a fare il mestiere faticosamente imparato: da qui la scissione e la nascita di “Insieme per il futuro”, un aggregato di parlamentari, ci auguriamo, senza futuro. Una replica nemmeno originale di “Italia viva”, nata morta.
I benpensanti
A Di Maio è andato il plauso e l’apprezzamento dei ben pensanti, tra i quali molti pennivendoli, che hanno salutato la svolta come frutto della resipiscenza del giovane, inquieto e contestatore, che con gli anni e le buone frequentazioni, acquista la maturità e scopre le istituzioni. Insomma, il frutto di un positivo processo che ha portato coloro che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno a volersi sedere alla buvette della Camera, al tavolo ben apparecchiato, con piatti di porcellana fine, bicchieri di vetro di Murano, set di posate idonee e soprattutto un ampio e inamidato tovagliolo, nel tentativo (vano) di non sporcarsi, abbuffandosi.
Buon Appetito!