Politica di lunga corsa

È iniziata la lunga corsa dei politici italiani verso le elezioni del marzo 2023, ormai il meritato riposo per gli attuali eletti è assicurata. Come al Palio di Siena i politici italiani si vanno posizionando dietro il canapo e scalpitano, si spintonano, compiono delle giravolte, si danno qualche colpo di scudiscio e mettono in atto qualche falsa partenza, in attesa di quella vera. Sono cominciate le grandi manovre in vista del voto.
Ma il loro dibattersi, il loro agitarsi, riguarda problemi distanti da quelli reali dei cittadini. Le preoccupazioni dell’élite sono quelle della maturazione delle pensioni e della collocazione in una lista, qualunque sia, per far fronte alla diminuzione dei posti disponibili in Parlamento e avere comunque un seggio.
Questo, mentre l’inflazione galoppa, i salari sono fermi da 20 anni, la povertà cresce e così le diseguaglianze, crescono gli sfratti, cresce la disperazione e il disagio sociale. Malgrado l’ira crescente la rabbia che nel 2018 portò all’affermazione dei 5Stelle nella speranza di un possibile cambiamento non è scomparsa, ma si canalizzano verso l’astensione o nella direzione sbagliata in assenza di un’alternativa almeno riformista.
Il PD ipotizza il campo progressista e corre da una parte all’altra di esso. Ma si tratta di un campo circolare, nel quale non esistono punti di riferimento, prova ne sia l’accettazione del rapporto dialettico con i fascisti di FdI legittimati dal segretario PD.
Del resto, non c’è da stupirsi se questa forza politica è diventata quella più ciecamente atlantista dello schieramento politico italiano, che non vuole vedere la profonda avversione degli italiani alla guerra.

La saggezza dei pacifisti

I sondaggi riferiscono che il 54 % degli italiani è convinto delle cause economiche della guerra. Sa che le balle sul rispetto dello stato di diritto e della distinzione tra aggrediti e aggressori lasciano il tempo che trovano e si chiedono, di fronte ai padroni russi e a quelli ucraini che litigano per spartirsi la torta in terre e materie prime dei territori contesi
perché dovrebbero tifare per l’uno o per l’altro. Hanno imparato dall’esperienza che quando i padroni (anche se si chiamano oligarchi) litigano tra di loro a morire e soffrire sono le popolazioni, pertanto fanno l’unica cosa sensata, assistono e ospitano i profughi, accolgono i bambini e sono contrari all’invio di armi perché sanno che quando le persone sono accecate dall’istigazione alla guerra, per difendere o aggredire, prima o poi le usano. Perciò con buon senso ragionano per cercare di dividere i contendenti, invece di prendersela con chi a cominciato per primo come si fa quando la rissa è già scoppiata.
Sono contrari alla guerra non solo perché lo dice la Costituzione voluta dalla  Resistenza, ma anche perché sono consapevoli che solo l’autodeterminazione delle popolazioni e la libera unione delle comunità che vivono su un territorio è titolare di decidere su quali debbano essere le istituzioni che governano la società e hanno il diritto di esercitare la sovranità su sé stessi. Eppure questo Governo pur avendo dichiarato la guerra si rifiuta di sottoporsi a una verifica del voto parlamentare, in una Repubblica che si dice parlamentare.
Sanno dunque che stare dalla parte di Putin e dei suoi oligarchi è lo stesso che parteggiare per Zelensky e i suoi oligarchi e non credono nel padrone buono. Basta guardare ai fatti, basta guardare alla distribuzione delle risorse, al possesso della terra, al diritto a vivere liberi e perciò non accettano la retorica delle libertà borghesi, quelle di una libertà senza uguaglianza nelle condizioni economiche e quindi sul diritto a godere delle cose belle della vita.
Come coloro che si sono opposti a tutte le guerre disertarono dal fronte, combattendo contro i padroni e lo sfruttamento sempre più numerosi gli italiani come gli altri popoli d’Europa chiamati a combattersi, si rifiutano di uccidere, di impugnare le armi o di finanziare o armare altri per combattere una guerra per procura, e sono sempre più
pronti a travolgere qualsiasi governo guerrafondaio.

La Redazione