La decisione di Joseph Ratzinger di rimettere il mandato di Papa in carica (Canone 332.2) è stata accolta da manifestazioni di solidarietà e comprensione umana, qualificata come un gesto di umiltà, e addirittura di laicità. D’altra parte la società dello spettacolo ha bisogno di simboli ed eroi e il gesto papale ben si presta a fare notizia, a parlare alla “pancia” del pubblico, a operare un transfert dei propri desideri e bisogni, soprattutto in Italia dove chiunque ricopra una carica si attacca alla poltrona in ogni modo.
Non è stata colta la profonda natura politica e di potere della decisione assunta, sfuggono le implicazioni ecclesiologiche e di politica ecclesiastica, le ragioni economiche del gesto pontificio, che si caratterizza invece per la piena accettazione della secolarizzazione di valori e principi. A ben vedere la scelta di Benedetto XVI non
costituisce una rinuncia al proprio ruolo, ma l’articolazione strategica del programma del suo pontificato ed è un modo per rilanciare e imporre la sua presenza per il futuro, inducendo i suoi successori a seguire la sua politica, a sposare la sua visione della Chiesa e del mondo – in un certo senso loro malgrado. Si realizza così il primo degli obiettivi che il Papa si propone: il prolungamento del suo potere e dell’efficacia delle sue scelte oltre se stesso, oltre la stessa morte. In questa scelta egli persegue obiettivi del tutto mondani!
Poco importa che Joseph Ratzinger abbia piena e compiuta coscienza dell’efficacia del suo progetto perché gli effetti delle sue decisioni sono nelle cose. Del resto avremo la riprova di quanto diciamo analizzando nei prossimi mesi quanto avverrà, mentre sarà necessario qualche anno per verificarne gli effetti.
Ratzinger accetta il secolo e ne relativizza l’influenza nella società
Benedetto XVI da teologo e uomo abituato a esercitare un rigoroso autocontrollo e una costante verifica delle sue capacità cognitive deve essersi reso conto che il passare degli anni e la vecchiaia cominciavano a incidere sulle sue capacità e attività di pensiero e ha dovuto prendere atto inevitabilmente che lo Spirito Santo era quanto meno in altre faccende affaccendato per impegnarsi a vigilare e a renderlo esente dal naturale deterioramento del corpo e della mente dovuto al passare degli anni. Da uomo intelligente deve aver riflettuto sul fatto che per lui, come per coloro che possiedono l’accesso alle cure più efficaci e moderne, la durata della vita si è prolungata al punto da essere caratterizzata nella sua fase terminale da un lento declino, progressivamente invalidante, non così presente nel passato alla fine della vita poiché prima che tali effetti
potessero dispiegarsi a pieno era il corpo a cedere. Da qui l’accettazione della secolarizzazione nel senso che questo è un fenomeno parzialmente nuovo e comunque accentuato dai progressi della scienza medica e dal miglioramento delle condizioni di vita complessiva nelle aree sviluppate del pianeta: di ciò bisogna prendere atto quando se ne acquisisce consapevolezza con la conseguenza che il passare del tempo muta le condizioni della morte e della fase terminale della vita.
Perciò, prima che il processo naturale dispiegasse i suoi effetti egli ha pensato bene di adottare la scelta più giusta per l’istituzione ecclesiastica, ovvero quella di farsi da parte per lasciare ad altri il compito di pontefice. Da teologo egli sa bene di avere – così facendo – rimesso in discussione il presupposto stesso del suo ruolo: quello di ponte tra i fedeli e Dio che avrebbe dovuto essere garantito dall’intervento soccorritore dello
Spirito Santo. Tuttavia, Joseph Ratzinger il problema sembra averlo risolto ritenendo che proprio lo Spirito Santo, facendogli acquisire coscienza del suo stato e del progressivo mutare delle sue condizioni di salute, lo ha indotto a una scelta razionale, ammettendo così il fatto che lo stesso Spirito Santo agisce nella storia per impulsi
razionali, piuttosto che attraverso i miracoli: ancora una volta una acquisizione frutto del secolo e della temporalizzazione della dottrina che si relativizza rispetto al secolo. La teologia del Concilio Vaticano I che aveva costruito l’infallibilità del Pontefice in materia di fede e religione aveva risolto il problema ipotizzando un percorso di sofferenza dei pontefici che avrebbe accompagnato il loro declino psicofisico, a somiglianza del
martirio che la fede impone come viatico alla purificazione.
IL CONCILIO VATICANO PRIMO E IL DOGMA DELL’INFALLIBILITA’
Non siamo più nel 1870 anno nel quale si svolse il Concilio Vaticano I. Allora dominava il colonialismo e l’Europa costituiva ancora il fulcro dell’economia mondiale egemonizzando politicamente il globo. L’infallibilità del Pontefice di Roma, proclamata proprio mentre veniva definitivamente distrutto il potere temporale della Chiesa rispondeva in qualche modo ai bisogni del tempo e sanciva l’egemonia del mondo cattolico. Oggi la definitiva globalizzazione degli scambi, il nuovo assetto policentrico delle relazioni internazionali impone l’unità delle confessioni cristiane come strumento di
geopolitica atto a fronteggiare l’avanzare sulla scena di altri popoli e di altre culture e il Papa, sulla scia del discorso di Ratisbona di Giovanni Paolo II, la persegue lucidamente, nel secolo e per il secolo.
Ma Joseph Ratzinger è persona molto razionale per non capire che quella strada è oggi scarsamente percorribile, soprattutto dopo le vicende del suo predecessore che è ricorso a una procedura in deroga – la sospensione delle cure – nella fase finale della sua vita. Il ripetersi del medesimo percorso produrrebbe danni incalcolabili e lo scandalo sarebbe enorme!
Inoltre la razionalità deve averlo indotto a chiedersi come avrebbe potuto egli essere utile all’istituzione Chiesa e come avrebbe potuto continuare a guidarla non venendo meno al mandato ricevuto con l’investitura.
Dopo attenta riflessione deve aver trovato un ventaglio di soluzioni che proveremo ad analizzare, rilevando che esse hanno l’effetto non trascurabile di conferire al suo gesto le caratteristiche per entrare nell’immaginario collettivo e passare alla storia: un peccato veniale di orgoglio insomma!
Non sfugge naturalmente all’attento teologo che l’accettazione della secolarizzazione ha implicazioni profonde e soprattutto inficia non poco la sua lotta incessante e inflessibile al relativismo e alla modernizzazione della Chiesa che lo ha visto alfiere indomito, ma tant’è: la salvezza della Chiesa e il suo sviluppo futuro val bene qualche sacrificio (anche teologico), val bene la violazione del Sillabo là dove si afferma che il progredire delle scoperte scientifiche e della scienza mutano la percezione del messaggio evangelico e le modalità con le quali questo viene vissuto. In questo senso il Papa dimissionario pecca di eresia!
IL SILLABO
Il Sillabo è un insieme di verità di fede proclamate da Pio IX e ritenute valide dai suoi successori. Le proposizioni enunciano le false convinzioni per cui è da ritenersi eretico chi ritiene che ” IX:. Tutti indistintamente i dommi della religione cristiana sono oggetto della naturale scienza ossia filosofia, e l’umana ragione, storicamente solo coltivata, può colle sue naturali forze e principi pervenire alla vera scienza di tutti i dommi, anche i più reconditi, purché questi dommi siano stati alla stessa ragione proposti”. la proposizione LVII aggiunge:. “La scienza delle cose filosofiche e dei costumi, ed anche le leggi civili possono e debbono prescindere dall’autorità divina ed ecclesiastica”. In pratica coloro che non credono per fede nell’immutabilità dei valori cristiani e li “rileggono” alla luce del mutare dei tempi sono eretici. I credenti devono invece attenersi all’infallibilità del Papa, dogmaticamente affermata, pena l’eresia.
A dire il vero è possibile che sulle contraddizioni che abbiamo evidenziate – ed altre ve ne sarebbero – può aver prevalso una riflessione più profonda sulla natura della vita e sulle conseguenze dell’evoluzione dei processi di fine vita in una società medicalizzata, problema sul quale la Chiesa cattolica accusa un ritardo teologico della riflessione, avendo rifiutato di accettare il concetto stesso di qualità della vita e la distinzione tra vita biologica e vita cognitiva e di relazione elaborato dalla teologia protestante e dalla cultura laica. E qui, ancora una volta, la scelta del teologo Joseph Ratzinger è quella di fuga, di abbandono del confronto, perché anche solo discuterne avrebbe significato porsi delle domande sull’incidenza sulla percezione stessa della nozione di vita
nella fase terminale di essa, sugli effetti del secolo nel produrre mutamenti di comportamenti e attenuazione progressiva delle capacità cognitive. Da qui la scelta di accettare di relativizzare al mutare dei fattori le scelte adottate e da adottare, il rifugio nella preghiera e nella clausura, forse per farsi perdonare l’aver subito la contraddizione.
La profonda natura politica e di potere della decisione
E’ noto il vecchio adagio: “Muore un Papa, se ne fa un altro!”. Ma l’elezione di un nuovo Papa può avvenire in situazioni molto diverse tra loro e soprattutto subire differenti tipi di condizionamento.
Il primo di questi è dato dal fatto che il vecchio Papa potrà “guardare nelle palle degli occhi” il nuovo, anche se dal romitaggio e anche qualora scelga e pratichi il silenzio, quanto meno per il fatto di essere in vita.Inoltre – come Joseph Ratzinger sta facendo – potrà condizionare le scelte del suo successore, predeterminando alcune condizioni, come ad esempio ha fatto facendo nominare il nuovo Direttore dell’IOR nella persona del barone Ernst von Freyberg e soprattutto azzerando (con ignominia) la Curia romana dopo aver arringato su di essa e sulle sue divisioni davanti al clero della sua diocesi (udienza del 15 febbraio 2013).
E’ pur vero che con il nuovo Papa vengono sempre azzerati tutti gli incarichi curiali, ma le parole del Papa che lascia hanno tracciato in modo indelebile un segno sul curriculum di molti personaggi eminenti della Curia, dei palazzi apostolici e dell’entourage .di molti circoli cardinalizi, delle diverse congregazioni.
E’ noto che da Curia Romana costituisce da anni il vero governo della Chiesa. Approfittando del progressivo deteriorarsi delle forze, del vigore, delle capacità decisionali di Giovanni Paolo II, minato dalla malattia e dalla vecchiaia, si è svolta ed è in corso nella Curia una guerra per bande nella lotta per impossessarsi dei vari gangli del governo della Chiesa, della direzione dei suoi affari economici, della gestione
dei rapporti disciplinari, delle nomine di nuovi porporati. La pubblicizzazione di documenti pontifici ad opera dei cosiddetti “corvi” è solo una fase di questo scontro!.
L’elezione unanime di Joseph Ratzinger al soglio pontificio era il segno di un accordo tra le diverse componenti per avere un Papa di transizione, data la sua età, e continuare a lottare alla ricerca di un equilibrio o di alleanze possibili. Si riteneva che Benedetto XVI avrebbe avuto poco tempo a disposizione per costruire la sua Curia: troppo breve sarebbe stato il suo pontificato e quindi lo scontro sarebbe stato rimandato. Di ciò si è reso conto Joseph Ratzinger che ha deciso di tagliar corto: ha scelto lui i tempi del rinnovamento della Curia, mettendo in gioco se stesso dimettendosi e così fortemente condizionando il suo successore e impegnandolo a
porre fine alle divisioni della Curia, precostituendo nuove maggioranze attraverso le nomine cardinalizie, certamente caratterizzate dall’assoluta prevalenza di porporati su posizioni conservatrici.
E’ vero che così facendo Benedetto XVI ha orientato a suo modo le scelte teologiche e la politica ecclesiastica, ma lo ha fatto al prezzo di privare la Chiesa di Roma di uno dei suoi strumenti di maggiore efficacia: l’infallibilità del Papa.
Le implicazioni ecclesiologiche e di politica ecclesiastica
Questa scelta era quanto mai necessaria perché l’infallibilità costituiva l’ultimo grande ostacolo a un effettivo sviluppo dell’ecumenismo e ai tentativi di unificazione delle Chiese cristiane, disegno ineludibile da perseguire per i futuri pontefici, se essi vogliono affrontare il processo di progressiva scristianizzazione e laicizzazione del continente europeo, denunciato con vigore dagli ultimi due papi, costruire un baluardo efficace al diffondersi dei nuovi culti o di movimenti carismatici che minano dall’interno le diverse Chiese cristiane, contrastare l’espansionismo dell’Islam salafita e fondamentalista che minaccia sempre più da vicino i territori nei quali prevalgono i cristiani.
IL FONDAMENTALISMO ISLAMICO ALL’ATTACCO DELL’ISLAM
L’Islam fondamentalista definisce i territori non abitati dai mussulmani come Dār-al-harb ovvero il territorio nel quale non vige la legge islamica e nel quale il fedele mussulmano deve portare la guerra. Ma prima di fare ciò occorre “bonificare” la Dār al-Islām eliminando coloro che non rispettano la legge islamica, secondo quelli che i fondamentalisti ritengono essere il vero Islam vuole così facendo eliminare il pluralismo nell’Islam, cancellando larga parte della sua storia. Il Pluralismo islamico costituisce invece una ricchezza delle cultura universale e il frutto della secolarizzazione del pensiero religioso islamico e costituisce una garanzia di libertà, come dimostrano i tentativi di islamizzazione fondamentalista del Mali.
Non vi sono dubbi che le popolazioni che abitano oggi il continente europeo sono in maggioranza ateiste o indifferenti al messaggio religioso. Non solo ma nel territorio del vecchio continente si sono stabilmente insediati Islamici e Buddisti, mentre un numero sempre crescente di cittadini è costituito dagli aderenti ai nuovi culti (Testimoni di Geova, Mormoni, Avventisti, Scientology. ecc).
Per questo motivo è necessaria un’alleanza, meglio una integrazione, quantomeno con ortodossi e anglicani, cementata dal superamento delle divisioni teologiche, la più profonda delle quali risiede proprio nell’infallibilità pontificia. D’altra parte i diversi patriarcati ortodossi e la Chiesa anglicana sono pronti a riconoscere il primato pontificio (primus inter pares) del vescovo di Roma, come avveniva in un passato nemmeno tanto lontano e hanno tutto l’interesse anche essi a giungere ad una unione per realizzare la quale da tempo è stata elaborata la dottrina dell’Ecclesiae sui juris che permetterebbe a ogni Chiesa una grande autonomia all’interno di un corpo unico e assicurerebbe il coordinamento dell’azione ecclesiastica attraverso i Concili e le conferenze episcopali territoriali. Il quanto ai protestanti – Calvinisti e Luterani soprattutto – essi sarebbero destinati a soccombere, erosi del prevalere della laicità senza aggettivi che in larga parte essi hanno sposato e condividono.
Nell’incapacità di imporre alla Chiesa di Roma il superamento del Concilio Vaticano I e del dogma dell’infallibilità, Benedetto XVI ha messo tutti di fronte al fatto compiuto per cui, trattandosi di questione di fede e di religione nella quale il Papa sarebbe infallibile, ha deciso di scardinare egli stesso le basi dell’infallibilità attraverso la trasformazione del ruolo del Papa in un ufficio ecclesiastico la cui titolarità può decadere e passare di mano in relazione alle necessità dell’istituzione: E ciò è stato fatto per i poteri conferitigli
dal Concilio Vaticano I: pertanto tale scelta è giusta e indiscutibile, nonché ispirata dallo Spirito Santo.
Questo aspetto della sua decisione non può essere sfuggito al fine teologo Joseph Ratzinger e costituisce dunque un passo razionale e determinato, un effetto voluto.
E’, a ben vedere, un altro segno della secolarizzazione e un frutto del relativismo per cui ogni tempo si da la sua Chiesa. E questo perché se la cristianità è unita in un’unica Chiesa essa può più efficacemente contrastare la scristianizzazione dei territori, sconfiggere i nuovi movimenti religiosi, combattere quelle componenti che anche al suo interno ne minano l’unità, come le Chiese o movimenti carismatici, sia cattolici
che protestanti, Una cristianità che ha ritrovato la sua unità potrebbe inoltre contrapporsi con più efficacia all’espansionismo islamico, a quell’Islam combattente e jihadista che in Africa come in Oriente attacca la presenza cristiane e ha innalzato la bandiera dell’espansione della Dār al-Islām (Terra dell’Islam).
Le ragioni economiche del gesto pontificio
Sbaglierebbe chi pensasse che la decisione del Papa di rimettere il mandato secondo una procedura programmata sia dovuta a ragioni di carattere bioetico, teologiche o religiose e non rientrino nell’adozione di questa strategia ragioni di carattere economico. Non è così, prova ne sia che la “Commissione Cardinalizia di Vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione”. ha nominato, dopo otto mesi di vacatio, il nuovo direttore dello IOR nella persona del Barone Ernst von Freyberg, uno dei leader dell’Associazione per i pellegrinaggi a Lourdes dell’Arcidiocesi di Berlino, e ciò è avvenuto non senza il consenso del Papa regnante, Joseph Ratzinger che ha approvato la nomina. Il consenso papale e i regolamenti in vigore manterranno von Freyberg in carica per 5 anni!
LE CONGREGAZIONI: OPUS DEI, S.S.C, L.C. E IL POTERE NELLA CHIESA
Le Congregazioni sono degli istituti religiosi i cui membri pronunciano i voti in forma semplice e differiscono dagli ordini religiosi che i cui membri pronunciano i voti solenni. Tra le più note ricordiamo l’Opus Dei fondata da Josemaría Escrivá de Balaguer canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002 quando l’OPUS accetto di ripianare i debiti dell’IOR e si vide riconoscere la prelatura personale il che permette ai suoi membri di non sottostare ai vescovi territoriali ma ai propri vescovi. A contendere lo spazio all’OPUS sono ad esempio la Congregazione della Sacra Croce (C.S.C) e la congregazione dei Legionari di Cristo (L.C) fondata dal messicano Marcial Maciel Degollado, pedofilo conclamato e libertino nei confronti del quale Benedetto XVI ha combattuto una dura battaglia prima come Prefetto della congregazione per la
Dottrina della Fede e poi come pontefice definitivamente isolandolo nel 2009 e commissariando la ricchissima e potente congregazione.
Benché ci raccontino che la scelta è frutto del lavoro di una Agenzia Indipendente di selezionatori di “teste”, la Spencer & Stuart, ciò che rileva sono i rapporti del nuovo Direttore con la Diocesi di Berlino e la Conferenza Episcopale Tedesca e la sua appartenenza ai Cavalieri di Malta, da sempre fedeli al Papa, mentre non rileva il suo ruolo di industriale, membro di società che producono armamenti (navi da guerra). Il connubio tra Banca e industria bellica è una costante dello IOR che è stato in passato principale azionista della Breda!
Del resto von Freyberg,succede a Ettore Gotti Tedeschi – banchiere in disgrazia, coinvolto in numerose inchieste – fiduciario del Banco di Santander in Italia e soprattutto appartenente all’Opus Dei. In pratica, con questa decisione il Papa, rompe il vecchio patto stretto da Woitila con l’Opus la quale, assumendole la Presidenza dell’Istituto si era impegnata a ripianarne i debiti, ricevendo in cambio il riconoscimento della Prelatura personale, che ne ha fatto un’organizzazione separata nella Chiesa e ne aveva beatificato il fondatore.
Ma nemmeno la gestione dell’Opus è riuscita a fare applicare un’efficiente legislazione anti riciclaggio: troppi i monsignori che trafficano con la criminalità organizzata, la finanza speculativa e il riciclaggio facendo da prestanomi per la tenuta di conti presso lo IOR. Se continua così il Vaticano rischia di vedersi iscritto nella lista degli “Stati canaglia”.
LE ATTIVITA’ DELLO I.O:R. : LE RAGIONI DELLO SCONTRO
Con il Motu Proprio di Benedetto XVI del 30 dicembre 2010 è stata creata l’A.I.F, una
istituzione legata alla Santa Sede che tuttavia “dipende dalla Segreteria di Stato o da altri Uffici della Curia romana secondo la Costituzione Apostolica Pastor Bonus. Tra le competenze della nuova Autorità c’è quella della vigilanza sull’attuazione della nuova normativa in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio di proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo.
La Santa Sede, il 14 settembre 2011, ha quindi inviato al Consiglio d’Europa un documento preliminare illustrativo del suo quadro istituzionale e giuridico e di quello dello Stato della Città del Vaticano, nonché delle iniziative assunte per l’adeguamento agli standard internazionali in materia di normativa di riciclaggio e di contrasto alla criminalità e al terrorismo. A metà del 2012 Moneyval, l’organismo competente del Consiglio d’Europa che valuta i sistemi antiriciclaggio, ha discusso il suddetto Rapporto e benché il Vaticano abbia superato inaspettatamente il test europeo di trasparenza finanziaria ha espresso riserve dovute alla natura ibrida e circa il ruolo, le responsabilità, l’autorità, i poteri e l’indipendenza dell’autorità di informazione finanziaria (A.I.F). [vedi Rapporto Moneyval 18 luglio 2012]. L’A.I.F assomma le caratteristiche di vigilanza e di Unità di intelligence finanziaria (antiriciclaggio). É per questo motivo che il Consiglio d’Europa ha raccomandato che l’I.O.R. venga sottoposto alla vigilanza di un supervisore indipendente, che è quanto Curia e Segreteria di Stato non vogliono.
Riuscirà von Freyberg a ad applicare la legge antiriciclaggio approvata dal Vaticano e del tutto inefficace e lacunosa ? Vedremo, certo egli gode di un ombrello potente, la Conferenza Episcopale Tedesca, oggi la più ricca e potente tra quella delle varie nazioni, in grado di contribuire alle pesanti perdite del Banco e di ricostruire attraverso il sistema bancario tedesco la credibilità dell’IOR.
Così un Papa al tramonto, stanco e debole (sic!) ha assestato un colpo potente alle lobbies vaticane, proiettando verso il futuro il nuovo assetto gestionario dello IOR. Ciò dovrebbe garantire una politica di più onesta gestione del patrimonio e più oculati investimenti; il rilancio della raccolta per l’Obolo di San Pietro, oggi in costante calo; il coordinamento delle attività finanziarie superando lo strapotere delle Congregazioni e degli istituti religiosi che ora la fanno da padroni, potenziando le attività della Chiesa nel settore dell’inclusione sociale al fine di aggredire economicamente il “terzo settore” per trarne lauti profitti. Stiamo parlando di Scuole cattoliche, asili, ospizi, strutture sanitarie e di quant’altro può essere gestito in regime di sussidiarietà orizzontale. Chissà che così facendo non si possano fare profitti sufficienti a ricomprare pian piano le Chiese e i
beni che è stato necessario vendere per risarcire le vittime della pedofilia di ecclesiastici e religiosi!
LA SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE E LE CHIESE
E’ sul terreno della sussidiarietà orizzontale, ovvero della gestione delle opere dedicate ai problemi dei poveri, agli ammalati, alle scuole confessionali, ecc che la Chiesa Cattolica cerca il terreno d’incontro con gli ortodossi. Si tratta di attività a dichiarato carattere benefico che spesso tuttavia realizzano un utile d’impresa anche ponendosi in concorrenza con gli imprenditori privati nella gestione ed erogazione di servizi spesso finanziati sui fondi della fiscalità generale. Le recenti vicende di Comunione e Liberazione relative agli utili realizzati mediante la gestione di servizi sanitari o il caso del San Raffaele danno una pallida idea dell’immenso giro d’affari che riguarda il settore e dal quale le confessioni religiose si propongono di accumulare profitti e di fare proselitismo.
Il pastore tedesco
L’ultimo tocco alla remissione del mandato Joseph Ratzinger l’ha data preannunciando il giorno l’ora e il minuto nel quale lo Spirito Santo avrebbe staccato la spina, dedicandosi a un breve periodo di vacanza prima di prendersi cura del Conclave e del nuovo Papa.
Una precisione tutta tedesca che farà discutere i teologi per molto tempo e che comunque collocherà in un angolo il dogma dell’infallibilità, ribadendo tuttavia che ciò che un Concilio ha fatto un Papa ha potuto disfare, ma che forse ciò è potuto avvenire per l’ultima volta, prima del trionfo della collegialità.
Un gesto da ultimo sovrano assoluto!
La Redazione