Profumo e balocchi

Il nuovo Ministro dell’Istruzione non è un semplice tecnico, è un politecnico. Avendo una formazione scientifica ha ovviamente liberato la scena dal precedente improbabile personaggio che cadeva dalle nuvole quando le mettevano sotto il naso i tagli alle spese del suo ministero (“Non è possibile, Tremonti me lo avrebbe detto!”) o credeva che i neutrini viaggiassero nei tunnel lunghi più di settecento chilometri. Tant’è che mentre nel passaggio di consegna tra Fioroni e la Gelmini il sito web del Ministero impiegò più di un mese per cambiare il nome del titolare, nel novembre scorso la Gelmini era già stata cancellata e sostituita il giorno dopo il giuramento del nuovo Esecutivo. Il decoro ne ha guadagnato, come per il suo Presidente, che ha sostituito
colui che faceva kukù alla Merkel e corteggiava vistosamente altre primo Ministro donna dei paesi europei. Ma, purtroppo, ad avvantaggiarsi in entrambi i casi è solo la presentabilità, non certo la sostanza.
Come Monti, che continua la politica dei tagli e delle tasse imboccata dal suo predecessore al Ministero dell’Economia, incurante della recessione cui condanna il paese e del fatto che essa renderà irraggiungibili i “nobili” obiettivi perseguiti perché “ce lo chiede l’Europa”, anche l’ex-rettore prosegue quanto iniziato dal precedente Governo. Profumo l’ha dichiarato subito che condivideva le linee della “riforma Gelmini-
Tremonti”. E questo già non poteva che lasciare sconcertati. Sì, perché è difficile intravedere cosa scorgesse di positivo il nuovo Ministro in quell’intervento fatto di tagli di spese a tutto scapito della didattica e dell’efficienza della scuola pubblica: e per la verità egli si è ben guardato dall’entrare nel merito. A sua parziale discolpa (ma molto parziale) si può congetturare che poco egli sapesse del massacro della scuola primaria (le elementari), con riduzione delle compresenze e decurtazioni del tempo pieno; che ignorasse il desolante stato della scuola secondaria di primo Grado (le medie); che non cogliesse la saturazione degli istituti tecnici e professionali che hanno visto diminuite le ore delle materie di indirizzo, in nome di una maggiore aderenza alla realtà, e ridotte al minimo le ore di laboratorio con la presenza di due insegnanti, in nome della didattica
laboratoriale. Ma l’Università no! Non ci sono scuse. Doveva ben conoscere i danni apportati da Maria Stella.
Verrebbe da dire che un Ministro appena entrato in carica dovrebbe poter fidare sui direttori del suo Ministero; ma su questo, purtroppo per lui, è cascato molto male. Chi, come me, è ormai da troppo tempo dentro la scuola italiana ne è ben consapevole. C’erano un tempo i direttori generali per le aree di istruzione: erano spietati, molto poco inclini ad ascoltare e molto versati a comandare, ma erano competenti ed in grado di
dare indirizzi al Ministro in carico, spesso politico e non molto competente sull’organizzazione scolastica (se si esclude la Falcucci, nata e cresciuta all’interno delle avite mura di Viale Trastevere. Poi venne Berlinguer, che vide giustamente limitato il proprio potere da costoro ed iniziò una loro rapida rotazione e smantellò le direzioni generali: la loro sofferenza per il ruolo perso si concretizzò presto in una fuoriuscita che fece largo ad una seconda generazione. I nuovi venuti non avevano la stessa competenza e la loro forza divenne il servilismo: non erano in grado di consigliare il nuovo Ministro, ma solo di obbedire emanando circolari, spesso condite di arditi funambolismi giuridici atti a giustificare ciò che non lo era. Tutto ciò prima di Brunetta!
L’uomo dei tornelli ha iniziato una impetuosa campagna per allontanare i vecchi burocrati, ma quello che li ha convinti è stata la previsione di vedersi decurtata la liquidazione; e così, nell’arco di un anno, se ne sono andati quasi tutti. E siamo arrivati alla terza generazione, in grado di far rimpiangere la seconda. Siamo entrati nel mondo del pressappoco! Posso raccontare due episodi personali esemplificativi. Il primo riguarda la contabilità. A distanza di pochi giorni sono arrivate due comunicazioni concernenti i fondi per le supplenze; stessa data, stesso numero di protocollo, stessa percentuale di utilizzo delle dotazioni finanziarie disponibili, accertato grazie alle comunicazioni della scuola: peccato che le due lettere riportassero due cifre assolute
diverse. Chissà quale fosse quella giusta, corrispondente alla fantomatica percentuale.
Il secondo riguarda i quadri orari delle nuove opzioni resi disponibili a metà gennaio. In prima ed in seconda superiore di una determinata opzione viene riportato un totale di ore settimanale corretto (32 ore). Il problema è che la somma delle ore previste per le singole discipline fa 29. Manca la seconda lingua. Telefono e faccio presente quanto accade e mi dicono che controlleranno. Dopo poco mi ritelefonano ringraziando e
dicendo che con l’occasione hanno rivisto tutto e si sono accorti di altri errori: “Sa, il copia e incolla.”
Questo il quadro desolante dei funzionari del Ministero, che può spiegare la scarsa conoscenza che il Ministro può farsi dei problemi, ma non certo le linee di politica scolastica perseguite. La scuola statale italiana ha subito negli ultimi tre anni un’emorragia di risorse insostenibile, che si sono sommate ai già consistenti tagli
degli anni precedenti. Oggi l’Italia è uno dei paesi che spende meno per l’istruzione. A fronte di ciò le scuole private hanno visto aumentare i finanziamenti a loro favore, in barba all’articolo 33 della Costituzione. Il nuovo Ministro si è ben guardato dall’invertire questa rotta: si sa solo che nel prossimo anno non sono, al momento, previsti ulteriori tagli (è finito il piano triennale di Tremonti), ma nessun aumento sensib ile, se si esclude ilsostegno all’handicap. Quest’ultimo deve essere rifinanziato perché le decurtazioni apportate dal precedente Governo sono state dichiarate illegittime da un numero rilevante di sentenze cui è necessario ottemperare. Nel frattempo le scuole private ottengono sempre lauti finanziamenti, compresa la Scuola Bosina, in cui la moglie di Umberto Bossi educa le future generazioni padane ai principi leghisti.
Immobile sul lato delle risorse, statico sull’organizzazione didattica, il neo Ministro mostra un attivismo inconsueto sul fronte delle nuove tecnologie. Tutto ormai deve essere trasmesso per via informatica, per cui Istituzioni Scolastiche e singoli dipendenti devono dotarsi di una miriadi di nickname e di password; anche i futuri testi per gli Esami di stato verranno inviati per via telematica. Ma fin qui niente di male, anzi! Il problema che l’ineffabile Profumo pensa e dichiara che la carta stampata sia obsoleta e che libri e banchi debbano essere sostituiti da iPad e smartphone, come se questi non fossero strumenti già molto utilizzati dagli allievi al di fuori dell’ambito scolastico. Purtroppo sempre più la scuola sta divenendo il luogo della velocità, in cui si addestrano gli allievi (e non solo gli allievi) a rispondere con prontezza ad una domanda: il modello stimolo-risposta, quello prevalente nei videogiochi. Il compito dell’istruzione dovrebbe essere altro: lentezza e riflessione. La scuola non può inseguire la novità per la novità, ma deve fornire gli strumenti critici per gestire la novità. Le nuove tecnologie non sono il fine dell’istruzione, ma nuovi e più potenti mezzi per conseguirla. I balocchi gli adolescenti li trovano altrove.

Saverio Craparo