D: Sabato 19 novembre c’è stata una manifestazione a Viareggio organizzata da varie
associazioni che chiedono giustizia per la strage di Viareggio di due anni e mezzo fa che fece più di trenta vittime e che sfiorò una tragedia ancora più grande. La manifestazione è stata molto partecipata e ha visto anche il blocco per una decina di minuti del treno Grosseto- Milano. A che punto è l’azione legale?
R. La manifestazione di sabato 19 novembre è stata indetta sulla spinta del licenziamento di Riccardo Antonini, ma chiaramente lega questo provvedimento di F.S. al processo in corso e mette al centro la strage di Viareggio e quindi la rivendicazione della verità, della giustizia, della sicurezza.
In questi due anni e mezzo le associazioni cittadine (principalmente l'”Assemblea 29
giugno” ed “Il mondo che vorrei”) hanno saputo tenere alta l’attenzione sulla vicenda di Viareggio che ha visto trentadue vittime, feriti gravi, grandi danni materiali, con continue iniziative e mobilitazioni; non era questo un risultato scontato in un paese dove negli ultimi quaranta anni si sono viste tante stragi insabbiate e dimenticate. L’azione legale ha visto un lungo lavoro della Procura di Lucca ed il processo vede coinvolte sia le ditte di revisione e di proprietà del carro cisterna causa del disastro, sia i massimi vertici di F.S. compreso l’Amministratore Delegato Mauro Moretti.
D: L’Amministratore Delegato delle Ferrovie, Moretti, ha licenziato il ferroviere Riccardo
Antonini, consulente tecnico nel processo. Dopo dieci giorni di sospensione comminati ad agosto è passato al “licenziamento senza preavviso” per essersi “definitivamente compromesso il rapporto fiduciario”, Come nel migliori sistemi autoritari è accusato di non aver rispettata l’obbligo di fedeltà, riservatezza, fiducia all’azienda, incorrendo addirittura nel “conflitto di interessi” [sic!], perché ha parlato di quello che conosce per il suo lavoro e lo ha messo a disposizione di una comunità ferita alla quale ha fatto da consulente tecnico in un processo nel quale gli indagati sono i suoi datori di lavoro. Ci dai il tuo punto di vista su questi fatti?
R: Per quanto riguarda F.S. la responsabilità ruota molto intorno ad un particolare, e cioè se lo squarcio nella cisterna deragliata da cui poi è uscito il GPL che si è incendiato sia stato causato da una parte strutturale di uno scambio (la cosidetta “zampa di lepre”) od invece da uno di quei picchetti di allineamento di cui F.S. aveva già disposto la sostituzione perché ritenuti pericolosi. Il perito della Procura ha indicato il secondo caso, mentre il perito del GIP ha prodotto un’analisi che indica lo scambio come causa dello squarcio, cosa sostenuta fin dall’inizio da F.S. Molta polemica è
stata sollevata dal fatto che, durante la seduta processuale, è emerso che uno dei periti del GIP ha avuto rapporti di lavoro e percepito delle retribuzioni da parte di F.S.; da parte della Procura è stata chiesta la ricusazione dei due periti, ma il GIP ha respinto la richiesta ritenendo che tale fatto non fosse condizionante e non ci fosse sudditanza psicologica. Vedremo il proseguimento del processo, che non è certo concluso, ma è chiaro che il risultato indicato dal perito del GIP avrà un peso non indifferente nella vicenda.
Riccardo Antonini era finito fin dall’inizio nel mirino dei vertici di F.S. per il ruolo assunto
nella mobilitazione dei comitati di Viareggio. Ha partecipato ai vari incidenti probatori fatti sull’asse della cisterna, e sulla cisterna stessa, perché consulente di parte per un parente di una vittima e poi per la Filt-Cgil provinciale di Lucca; per tale attività è stato prima sanzionato dal datore di lavoro con dieci giorni di sospensione e poi licenziato. Il collegamento tra tutto questo e la vicenda processuale mi sembra evidente. Questo è stato capito a Viareggio e, in una affollata assemblea, sono state decise iniziative di mobilitazione per l’annullamento del provvedimento nei confronti di Antonini. In questa situazione c’è stata anche la presa di posizione della CGIL che ha deciso, per l’inizio di dicembre e in un data che sarà stabilita dal Comitato Direttivo, un’azione di sciopero delle varie categorie; è questo un fatto che non era scontato e per la realtà della Versilia, e non solo, certamente rilevante.
D: Che prospettive hanno ora le famiglie e i lavoratori delle ferrovie per continuare la
battaglia per la giustizia?
R. La battaglia per la giustizia e la verità sarà certamente difficile. E’ coinvolta una vera
potenza economica e politica come F.S. (basta pensare ai buoni rapporti di Moretti con il Partito Democratico) e ci sono in ballo molti soldi per quanto riguarda le responsabilità e altri eventuali risarcimenti. Ma non sarà facile mettere a tacere una intera città che vuole giustizia; ci sono parenti delle vittime, e altri attivisti, molto tenaci e coraggiosi che, sono sicuro, lotteranno fino in fondo. Moretti non si illuda del contrario.
D: Nel nuovo governo Monti c’ è un ministro dello Sviluppo, delle Infrastrutture e Trasporti, amico di Diego della Valle e di Montezemolo, i padroni delle nuova società che farà la concorrenza ai Freccia Rossa, mettendo ancora più in crisi quel che resta di pubblico nelle ferrovie. Che prospettive si aprono per il settore ferroviario secondo te?
R. Per il settore ferroviario, come per tutto il trasporto pubblico, le prospettive non sono
certo rosee. La situazione rischia di essere aggravata dalle iniziative del Parlamento Europeo che vuole liberalizzare al massimo il trasporto ferroviario imponendo lo scioglimento delle holding presenti nei vari paesi. E’ da notare che la relatrice di queste proposte, nella Commissione Europea dei Trasporti, è proprio quella Barbara Serracchiani che nel Partito Democratico rappresenterebbe la novità!
Nella realtà italiana questo vorrebbe dire lo scioglimento del Gruppo F.S. con la separazione completa tra RFI, gestore dell’infrastruttura, e Trenitalia. Ciò porterebbe ad un indebolimento del servizio pubblico, a un peggioramento contrattuale e normativo dei lavoratori, e per quanto riguarda la sicurezza a un ulteriore peggioramento della situazione attuale a causa della frammentazione della catena dei controlli e delle lavorazioni.
In questo scenario chi rischia di più è proprio il trasporto rivolto agli studenti, ai lavoratori, ai pendolari, a tutti quelli che già pagano le tasse evase da altri.
D: Il taglio delle spese generali a Comuni e Regioni sta mettendo in crisi ancor più il
trasporto locale, quello che serve le fasce più deboli della società. Che proposte si possono fare in questo campo per salvare uno dei tanti beni pubblici che stato e banche vogliamo eliminare?
R. I guasti del capitalismo, a livello mondiale, sono sotto gli occhi di tutti e sono stati
accentuati dall’ondata liberista che ha percorso tutte le nazioni. L’Europa non ne è esente e i lavoratori, i pensionati, i giovani e meno giovani senza lavoro, sono sotto la pressione sempre più forte delle politiche dettate dalla BCE e dal capitale. E’ necessaria una grande mobilitazione per difendere, e anzi sviluppare, i servizi sociali e i beni pubblici: acqua, trasporti, sanità, sistema scolastico, ecc… Ci sono le risorse anche per difendere il trasporto pubblico ma andrebbero fatte delle scelte precise: ad esempio cessare di gettare tutte le risorse nelle opere faraoniche dell’alta velocità, di cui poi usufruiranno i vari Montezemolo e Della Valle, e cominciare a invertire la tendenza, ammodernando l’infrastruttura in generale e cambiando i mezzi vetusti. Tutto questo
però non sarà facile, sopratutto se nel prossimo futuro non si allargherà la lotta e la mobilitazione contro la liquidazione dei beni comuni e del settore pubblico nel suo complesso.
A cura di Adriana