Il Gallo francese e il partito dei non votanti

Il fenomeno Macron, costruito in laboratorio dalle oligarchie di Francia, continua a diffondere i suoi effetti. Dopo la passeggiata sulla spianata del Louvre e la scenografia Hollywoodiana che lo ha presentato al mondo il Presidente francese ha dato vita al proprio governo, ricorrendo a una folla di convertiti tra i quali spiccano quelli già appartenuti alla destra istituzionale e gollista, ma non sono assenti gli ex socialisti.
Il primo turno delle amministrative sembrava confermare il favore del quale gode il Presidente il cui partito (pardon movimento) si è presentato in vantaggio nella stragrande maggioranza dei seggi; ma al primo turno i seggi assegnati sono stati solo 4 e tutto il testo è stato deciso dal ballottaggio. Al primo turno aveva votato solo il 48,8 % degli aventi diritto; nella seconda tornata la percentuale dei votanti è scesa al 43,4 %, la
più bassa della storia di Francia (dal 2012 l’astensione è cresciuta è cresciuta di 4.954.163 unità (10,41%) e molti di coloro che hanno deciso di non scegliere hanno preferito la via della scheda bianca o nulla alla diserzione dei seggi. Nel secondo turno l’astensione è cresciuta di 1.830.832 unità, mentre le schede bianche sono aumentate di 2.354.699 e le nulle di 768.632. Tra le ragioni della disaffezione per il voto la convinzione diffusa tra la maggioranza dei francesi, che tra i diversi partiti in lizza non ci sono differenze. Se l’astensione è stata ovunque diffusa bisogna tener conto anche del risultato delle elezioni presidenziali e queste ci dicono che il paese non è solo disincantato, ma anche profondamente diviso.
I socialisti sono in rotta avendo raccolto il consenso di solo il 9 % dei votanti, mentre la “France Insoumise” ha ottenuto l’11% dei voti al primo turno e il 19 % al secondo in totale 6 milioni 805mila voti al secondo turno.
Ma dov’è che Mélenchon ha raccolto i maggiori consensi ? Il leader della France Insoumise è stata l’ultima sorpresa in una campagna piena di sorprese e per un attimo ci aveva creduto anche lui. Vince in cinque dipartimenti, di cui tre d’oltremare (Martinique, Reunion e Guyana), e riesce a strappare alcune città importanti.
Vince a Marsiglia, città che riesce a strappare a Marine Le Pen: 90mila e 847 voti (24,82 per cento) contro gli 86.633 della leader del Front. Qui Macron è terzo con 74mila preferenze. Vince a Lille, dove alle elezioni del 2012 aveva vinto Hollande, prendendo il 29,92 per cento delle preferenze con 27.001 voti e Macron rimane
dietro di lui con 22.574 voti. Mélenchon vince anche a Nimes e Le Havre, mentre è secondo a Bordeaux, Dijon e Strasburgo. Questi risultati dimostrano che qualcosa sta cambiando nella sinistra. Sono gli echi della campagna di Sanders negli Stati Uniti e di Corbyn in Inghilterra: il consenso viene soprattutto dai giovani.
Nel suo programma Mélenchon dichiara di abbandonare il determinismo economico marxista e riformula la nozione di lotta di classe, sostenendo che è necessario costruire una democrazia radicale che si caratterizzi per un “pluralismo antagonista” nella società all’interno del quale si possano esprimere tutti i conflitti sociali. A questo programma ancora vago il leader di France Insoumise unisce un modo nuovo e insieme antico di far politica che si concretizza nel marcare il territorio con una militanza di base. Mélenchon
ha però tanta strada da fare se vuole contendere alla Le Pen la rappresentanza della classe operaia.

Il peso dell’astensione

Come afferma Mélenchon : “L’ampiezza dell’astensione dimostra che non c’è una maggioranza per distruggere il codice dei lavoratori, né le libertà civili, né per l’irresponsabilità ideologica”. Anche se saranno 350 gli eletti di En Marche chiamati a ricoprire ricoprire la gran parte dei 573 seggi dell’Assemblea nazionale i francesi sanno bene che non è in Parlamento che si combatteranno le battaglie in difesa dei loro diritti. Ciò crea una situazione inedita per la recente storia francese, minando alle basi il sistema rappresentativo della V Repubblica, producendo una crisi istituzionale dalle conseguenze e dalla portata imprevedibile. Ciò vuol dire che la battaglia si combatterà nelle piazze e nelle strade, negli uffici e sui posti di lavoro e che il programma di riforme del governo incontrerà molte difficoltà.
A gestire la piazza non saranno certamente né Mélenchon, né la Le Pen, ma l’autonomia di classe e le organizzazioni dei lavoratori. Perciò Mélenchon e il Partito Comunista Francese suo alleato dovranno stare ben attenti a ciò che faranno. In Francia più che ovunque la lotta di classe sarà nelle strade e non nelle istituzioni.
La crisi irreversibile della V Repubblica è cominciata con l’Apoteosi di Macron: Il bipolarismo non esiste più e i rapporti di forza si regoleranno fuori dalle istituzioni.
La peggior fortuna Presidente!

La Redazione